sabato 28 dicembre 2013

Vox in Rama

Oggi è il giorno dei SS. Innocenti martiri.
Ho scoperto solo poco fa che la festa, nella liturgia cattolica, non è una giornata lieta, bensì un grado di importanza di una celebrazione: più importante di una memoria, meno importante di una solennità.
Perché mi chiedevo, in effetti, cosa ci fosse da festeggiare.

Ho voluto partecipare alla Messa, oggi, perché già la scorsa estate avevo ascoltato Vox in Rama, mottetto di Mikołaj Zieleński che, nel testo, reca proprio le parole del profeta Geremia citate dall'evangelista Matteo nel passo in cui racconta l'uccisione, per ordine del re Erode, di tutti i bambini da due anni in giù:
Allora si compì ciò che era stato detto per mezzo del profeta Geremia:
«Un grido è stato udito in Rama,
un pianto e un lamento grande:
Rachele piange i suoi figli
e non vuole essere consolata,
perché non sono più.»
Di Vox in Rama, in realtà, ci sono diverse versioni. Il Communio gregoriano, intanto. Poi George Kirbye - l'autore di Winchester Old, la melodia che in Italia è diventata Sei tu, Signore, il pane, e che nei Paesi anglosassoni, invece, è un canto di Natale - Giaches de Wert, Jacob Clemens.


Questa versione, del polacco Mikołaj Zieleński, l'avevo proposta anche al Maestro del mio coro: mi sembrava la più bella, e non troppo difficile. Ma forse è più adatta per pochi cantori, e non per 120 :-)

martedì 24 dicembre 2013

Transeamus usque ad Nativitatem

Ho sempre preferito Pasqua a Natale, anche se Natale per me voleva dire rivedere tutta la mia famiglia, mentre a Pasqua i giorni di vacanza erano troppo pochi.

Preferisco Pasqua a Natale perché a quest'ultimo mi sembra sempre di arrivare impreparato.
Parto sempre con buoni propositi alla prima domenica di Avvento, poi gli impegni, il casino... fanno volare tutte le altre. Come una trasmissione radiofonica disturbata.

Quest'anno il calendario ci ha concesso tre giorni di vacanza prima della festa, ma sembra sempre troppo poco, in relazione alla grandezza della festa. L'Avvento dovrebbe essere silenzioso, ma non lo è; la Quaresima, fondamentalmente, sì.

Natale ha la novena, ma Pasqua ha il triduo. Né il giovedì né il venerdì santo sono feste di precetto, ma aiutano.
Dopo Pasqua, per cinquanta giorni la gioia continua. E la Resurrezione di Cristo la celebriamo ogni domenica. Il tempo di Natale, in teoria, dura fino alla Befana, ma c'è Capodanno: e cosa fai a Capodanno? (Ascolto il concerto di Vienna.) E ancora casino. E le canzoni di Natale hanno il sapore di latte acido già la sera del 25.

Ma oggi decisamente no.


Buon Natale a tutti! :-)

lunedì 23 dicembre 2013

Rorate cœli desuper

Dopo aver fatto osservare, a dei miei studenti, che una hit da discoteca che il dj aveva messo alla festa di Natale della scuola - perché la mia scuola è avanti! - era, in realtà, una canzone italiana del '600 cui è ispirato anche l'inno nazionale di Israele, stavo per osservare la strana somiglianza tra We Wish You a Merry Christmas e un passaggio (minuto 1.16) di questo Rorate cœli di Grzegorz Gerwazy Gorczycki:


Mi correggo all'istante: il canto inglese è precedente di almeno un secolo.

Stamattina, a Messa, di fronte alla mia perplessità sui canti liturgici - non di certo da quarta domenica di Avvento - nonché sulla scomparsa dell'introito Stillate, o cieli, dall'alto..., la mia ragazza scherzò su come fosse evidente che canto in una corale. Meglio: come sia evidente che canto in una corale diretta da un maestro che ha studiato canto gregoriano e che, sulla liturgia, è irreprensibile.

Domani potrei faulenzare tutto il giorno, quindi che faccio? Scrivo un messaggio alla responsabile di Manitese per il volontariato in libreria e chiedo di fare un altro turno di pacchetti regalo: mi pare ovvio.

Mi sono riempito di impegni a non finire, da quando papà non c'è più. Cerco di trascorrere meno tempo possibile a casa, perché quando sono a casa mi impigrisco e finisco per non fare niente. E quando non faccio niente mi sento in colpa, e quando mi sento in colpa mi deprimo.

Tanta gente mi chiede come faccio, con un dottorato e il lavoro a scuola, a cantare in un coro, a fare teatro (anche se ho chiesto di avere una parte microscopica, nel prossimo spettacolo), a seguire un corso di ballo folk, ad imparare lingue (da poco ho cominciato con il polacco) e ad avere anche una vita sociale. E io aggiro furbescamente la domanda con la constatazione che, prima o poi, tutto questo lo pagherò con gli interessi.

Mi sono sentito letteralmente a pezzi, queste ultime due settimane. È una sensazione che forse avrei dovuto provare dieci anni fa, all'età in cui normalmente ci si rende conto di non essere onnipotenti. Lorie, la Britney Spears francese, cantava: à 20 ans on est invincible, à 20 ans rien n'est impossible...

Et à trente-quatre?

Canzone del giorno: Rufus Wainwright - Out of the Game.

lunedì 9 dicembre 2013

Ye Olde Starre Inne

Ecco, questo mi sembra assai più utile dell'accapigliarsi su chi perderà le prossime elezioni. (E Jonathan Strange & Mr Norrell è il motivo per cui ho rispolverato il mio account Twitter.)

domenica 8 dicembre 2013

Populus Sion

Uno dei miei due colleghi d'ufficio, all'università, è attivista del Partito Democratico, e in queste ultime settimane era superimpegnato nella campagna per Pippo Civati.

Non fosse stato per lui e per i social network, oggi forse non mi sarei nemmeno ricordato che c'erano le primarie del PD. E sembra, anzi, che i miei contatti sui social network le abbiano prese molto sul serio: la mia frase
è divertentissimo vedere mezza internet in fibrillazione per chi perderà le prossime elezioni
non è stata tra le mie più popolari.

Non ho votato, oggi - il PD ha perso il mio voto nel momento stesso in cui è nato; e dopo tutte le prese in giro degli ultimi 20 anni, da me non avranno neanche una nocciolina - e non so come dirlo al mio collega, ma sono contento proprio perché non ha vinto Pippo Civati. Campagna elettorale iniziata appena dopo le ultime politiche, grillino travestito da piddino, rappresentava esattamente ciò che non voglio per il centrosinistra.

venerdì 6 dicembre 2013

Alacri castori e maghi teorici

  • Scrivere una mail ai miei allievi, con i quali stiamo studiando la macchina di Turing, chiamandoli alacri castori: fatto;
  • Descrivere, alla classe giunta a visitare il museo di storia della fisica, il mondo degli studiosi prima della rivoluzione scientifica citando Jonathan Strange & Mr Norrell: fatto.
Canzone del giorno: The Doors - People Are Strange.

giovedì 5 dicembre 2013

Pubbliche dichiarazioni di asocialità


Ma una volta gli asociali non erano gli sfigati?

(Fuori da Twitter e Facebook lo sono ancora e lo saranno sempre, ma non ditelo a nessuno, mi raccomando.)

sabato 30 novembre 2013

Dialogo di un venditore d'almanacchi e di un (altro) passeggere (3)

Venditore Sono sempre più fiero di lei! Si sta sempre più convincendo che non è in pericolo!
Passeggere Ma mi spiega com'è possibile che non abbia alcuna paura? Voglio dire, se lei è il bersaglio...
Venditore Mi prenda la mano.
Passeggere Prego?
Venditore Mi prenda la mano, le ho detto.
(Il Passeggere, esitando, prende la mano del Venditore. Accortosi di ciò che ha afferrato - anzi, di ciò che non ha afferrato - lancia un urlo, che gli fa promettere, in cuor suo, che non si sarebbe mai più preso gioco degli uomini che non si comportano da uomini.)
Passeggere Lei è... Lei è...
Venditore Uno spirito? Qualcuno mi definisce così.
Passeggere Ma dunque... L'ha uccisa uno dei suoi compratori?
Venditore No, sono stato assai più imbecille. Quando, all'inizio, lei era indeciso se io fossi un eroe, un incosciente o un imbecille, io avrei potuto subito darle la risposta. Avevo disegnato un lunario per me, e in un sabato di settembre era scritto "incidente motociclistico" . Avevo finito i disegni per quel giorno, ero andato a fare un giro sulla mia moto, e finii dritto in un fossato. La mia storia fu raccontata anche sui giornali, ci crede? Era nuova di zecca, quella moto. Avevo sempre sognato di possederne una.
Passeggere Ma lo sapeva già, no? Voglio dire: se anche non avesse disegnato quel lunario, l'incidente l'avrebbe avuto ugualmente!
Venditore E chi può dirlo? Nessuno legge i lunari prima del tempo!
(Passa un altro acquirente, un anziano Oste, a comprare il suo almanacco.)
Oste Il solito, signore?
Venditore Certo. Prezzo bloccato per lei, signor Armando! (Riceve i trenta soldi dall'Oste.)
Passeggere (All'Oste) Mi scusi se la disturbo, signore... io non so se anche lei è arrabbiato con il qui presente venditore di almanacchi, ma mi spiega com'è che anche chi è arrabbiato continua a comprarli? Sono tutti masochisti?
Oste (Esplode in una risata) Per la stessa ragione per cui lo comprerà lei, amico! Sa, un mio lontano, lontanissimo antenato l'aveva conosciuto, il passante impertinente di cui aveva parlato quel poeta! Anche lui era restio, ma alla fine comprò l'almanacco, e andò via pure contento! Il nostro compare ha anni e anni di esperienza: è il miglior commerciante sulla piazza. Nessuno resiste al suo destino, amico. Nessuno sfugge alla vita.
Passeggere (Al Venditore) Senta, sa che le dico? Mi dia l'almanacco. Questa situazione mi mette ansia: voglio andare via.
Venditore Come desidera, illustrissimo. Ecco qua. Sono trenta soldi, proprio come per quel signore che il nostro locandiere ha appena nominato. Tornò anche lui tutti gli anni, lo sa? Siete molto diversi tu e lui, però. A dire la verità lui me lo ricordo per un motivo ben preciso. Non mi minacciò mai: era più rassegnato che altro. Mi sa che il giovanotto che abbiamo visto prima, quello armato di spranga, sta prendendo la stessa china. Peccato, però. (Prende il denaro, e porge l'almanacco al Passeggere.) Tra poco dovrò andare anche io: sarà il tramonto, l'anno vecchio sarà finito. Forse, se avesse aspettato qualche minuto, avrebbe risparmiato i soldi; ma non era così che era scritto. Ci vediamo fra un anno, signore.
Il Passeggere si allontanò di qualche passo dal carretto, appoggiò l'almanacco per terra, prese un fiammifero e incendiò la carta.
Quando cessò l'ipnosi delle fiamme, gli venne in mente di chiedere al Venditore se, quantomeno, ci sarebbe stato almeno un giorno felice.
Si aspettava la risposta: nessuno legge i lunari prima del tempo.
Ma, regolarmente interrotto dai rintocchi delle vicine campane che annunciavano la Messa della vigilia, il Passeggere sentì, forte e chiaro, il rombo di una moto che si allontanava.
(fine)

venerdì 29 novembre 2013

Dialogo di un venditore d'almanacchi e di un (altro) passeggere (2)

(continua dalla prima parte)
Venditore Senta, perché non si accontenta del suo lunario e la chiudiamo qui? Ho da fare, sa... E poi gliel'ho detto: succede ogni settimana del Cristo Re, non deve preoccuparsi! Sempre che –- ho detto anche questo -– non sia preoccupato per sé stesso, e non per me o per il mio carretto.
Passeggere A proposito, anche questo volevo chiederle. Oggi è il 30 novembre. Anche l'anno scorso era passato in questo periodo: l'avevo vista da lontano. Perché viene adesso a vendere i suoi almanacchi, e da qui a capodanno non la vediamo più?
Venditore I miei almanacchi seguono l'anno liturgico. Domani -– anzi fra un'oretta, al tramonto -– è la prima di Avvento, prima domenica dell'anno: tutto perfettamente in orario. Il fatto che lei non se ne sia accorto, nonostante abbia abbondantemente sfogliato il suo, non fa che confermarmi che nessuno legge il lunario, prima del tempo! (Ride.)
Passeggere Lei crede in Dio, signore?
Venditore Non è importante. Non è una questione religiosa: non mi è mai piaciuto il capodanno il 1º gennaio, in mezzo a tutte quelle luci e quel baccano. La gente fa tanti propositi quella notte, ma sempre su cose banali, futili. Meglio cominciare a contare qui i giorni, all'inizio di un tempo di silenzio e di attesa.
Passeggere (Riflette per un momento, poi riprende di scatto.) E comunque non divaghiamo! Non mi ha ancora detto perché la gente le spara addosso!
Venditore (Ride di nuovo.) Stiamo facendo progressi! Vede? Il lunario le ha distolto l'attenzione da me.
(Sopraggiunge la Donna in carriera. Alta, capelli neri a caschetto, cartellina in mano, tacchi altissimi.)
Donna in carriera Questa è una truffa!
Venditore Senti chi parla!
Donna in carriera Non sto parlando con lei, sto parlando con il suo cliente. Quest'uomo è un truffatore. Le consiglio di svignarsela al più presto.
Passeggere Posso venire con lei?
Donna in carriera Certo, ho la macchina qui dietro. Solo un momento. (Apre borsetta e cartellina, tira fuori dalla borsetta il portafoglio, dà trenta soldi al Venditore e infila l'almanacco nella cartellina.) Be', cosa fa? Venga, non ho tempo da perdere! (Prende il Passeggere per un braccio, che ha la mano dell'altro braccio allungata per afferrare nuovamente l'almanacco che prima aveva sfogliato, e lo trascina dietro l'angolo. Il Venditore attende, sogghignando.)
(Dopo pochi secondi, la Donna in carriera e il Passeggere rientrano.)
Donna in carriera Batteria scarica, e nessuno in giro che possa far partire la macchina con i cavi. (grida) Lo sapevo! Dannazione! (Si allontana ad ampie falcate, mollando il Passeggere con uno spintone verso il Venditore.)
Venditore Era scritto.
Passeggere Come sarebbe "“era scritto”" ?
Venditore Sul suo lunario. Alla data di oggi era scritto "batteria auto scarica" . Come ho detto, nessuno legge i lunari prima del tempo, ed evidentemente la fretta era troppa, stamattina, per leggere persino alla voce odierna.
Passeggere Ma allora... La signora che è arrivata per prima, il giovanotto...
Venditore La signora è stata lasciata dal marito due anni fa, povera. Se ne andò appena seppe che a lei non sarebbe spettato nulla, dell'eredità del vecchio Costanzi.
Passeggere E il giovanotto...
Venditore E il giovanotto da pochi mesi è senza la sorella maggiore. Uccisa da un proiettile vagante, in una guerra tra clan.
Passeggere E tutto questo era scritto sui lunari.
Venditore Precisamente.
Passeggere Quindi lei vorrebbe dirmi che sapeva tutto in anticipo?
Venditore E chi può dirlo? Nessuno legge i lunari prima del tempo!
Passeggere Oh mio Dio! C'è qualcosa di minaccioso in questo!
Venditore No, signore. È la vita...
Passeggere Sì, ma sapere tutto in anticipo è inquietante!
Venditore È una maledizione, vuol dire?
Passeggere Forse. Ma mi dica: sui suoi almanacchi sono scritte solo le cose brutte?
Venditore Certo che no! Guardi quel ragazzo laggiù, che saltella con la lettera in mano! Quella è la sua lettera di assunzione a Savonlinna, in Finlandia, dove vive la sua ragazza. Era scritto tutto, sul suo almanacco: la data in cui avrebbe preparato il suo curriculum, la data in cui l'avrebbe inviato e la data in cui avrebbe ricevuto la risposta. Lei crede che costui verrà qui?
Passeggere Forse a comprare un altro almanacco.
Venditore Probabile. Anzi, sicuro. Ma non mi riconoscerà nemmeno. E guardi anche quella signora che spinge il passeggino. Un anno fa i medici le avevano dato sei mesi di vita, al massimo. Eccola, più sana di prima, completamente guarita.
(Il Passeggere si guarda intorno, un po' rassicurato ma non del tutto.)
Passeggere Anche lei non si ricorderà.
(Spari improvvisi. Il Passeggere si accovaccia, ma non si nasconde dietro il carretto, stavolta.)
(continua)

giovedì 28 novembre 2013

Dialogo di un venditore d'almanacchi e di un (altro) passeggere (1)

Fiaba d'Avvento

Il venditore d'almanacchi reso celebre da Giacomo Leopardi proseguì, nel suo lavoro, per svariati anni.
La maggior parte degli acquirenti nemmeno ricordava il suo volto, una volta comprata la merce. Una minoranza si fermava a scambiare qualche parola, che si perdeva nell'aria come l'alito che condensa. Alcuni lo interrogarono, come il protagonista dell'Operetta leopardiana: senza chiedergli cose significativamente diverse, nondimeno; non vale la pena soffermarvisi.
Finché non giunse un Passeggere particolarmente fifone...

Venditore Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi. Bisognano, signore, almanacchi?

Passeggere Almanacchi per l'anno nuo... (Spari) Aaaaahhhhhh!!!!! (Si nasconde dietro il carretto del Venditore, cercando di trascinarlo con sé. Il Venditore resta fermo, mentre ancora si odono spari.)

Venditore Di cosa ha paura, signore?

Passeggere (nascosto dietro il carretto, tentando di prendere il Venditore per una gamba) Ma è sordo? Non sente che ci stanno sparando addosso?

Venditore (Gli spari cessano.) Ma sì, succede ogni fine d'anno: ci sono abituato ormai!

Passeggere Forse non ha capito! Siamo il 30 novembre, e questi non erano fuochi d'artificio: erano spari veri! Non li sentiva?

Venditore Certo che li sentivo! Ma volevano sparare a me, mica a lei! Venga fuori! È preoccupato per me o per sé stesso?

Passeggere (uscendo dal nascondiglio, circospetto) Lasci stare! Devo decidere se lei è un eroe, un incosciente o un imbecille!

Venditore Senta, non sono qui per farmi insultare. Vuole un almanacco o no?

Passeggere Mi faccia vedere...

(Mentre il Passeggere sfoglia il primo almanacco della pila, sopraggiunge la Signora. Dietro l'aspetto trascurato, si intravede il suo passato da nobildonna. Si ferma dinanzi al Venditore, puntando il dito contro di lui.)

Signora Lei me la pagherà! L'ho mancata anche quest'anno, ma me la pagherà! Quali disgrazie ha preparato per me, stavolta? Che so, un ictus, una trombosi fulminante?

Venditore Chi può dirlo? Nessuno legge cosa è scritto sul lunario prima del tempo!

Signora Ma lei li fa!

Venditore Certo, signora. E il suo è qui, bell'e pronto. Lo vuole?

(La Signora lo sfoglia distrattamente, poi dà al Venditore trenta soldi e se ne va portandolo con sé.)

Passeggere Devo riconoscere che lei disegna benissimo.

Venditore L'ho convinta a comprarlo?

Passeggere Prima devo capire perché quella donna era tanto arrabbiata con lei! E soprattutto, perché le sparavano addosso!

Venditore Gliel'ho detto: lei non è in pericolo. E la ragione per cui la signora era alterata non è affar suo... e nemmeno mio, per essere esatti.

Passeggere No, senta, qui questa cosa mi puzza. Me ne vado. (Dà ancora una scorsa all'almanacco che aveva sfogliato prima, e indugia.)

Venditore Lei non se ne vuole andare.

(Giunge il Giovanotto, dall'aria rabbiosamente pacata, con una spranga di ferro in mano.)

Giovanotto Cosa le ho fatto di male?

Venditore Lei? Niente.

Giovanotto Allora era arrabbiato con mia sorella?

Venditore Neanche un po'.

(Il Giovanotto brandisce la spranga, minacciando di distruggere il carretto. Mentre sta per abbassarla, il Venditore gli porge un almanacco.)

Venditore Il suo almanacco, signore.

Giovanotto (Getta la spranga a terra e dà trenta soldi al Venditore.) Grazie. (Esce.)

(continua)

mercoledì 27 novembre 2013

Dilemmi HTMLiani

  • Devo installare un editor di testo puro, per scrivere codice HTML e C++. Sono cinque anni, già, che sono un felice utilizzatore di Vim. Lo uso sotto Linux, principalmente, con l'interfaccia testuale (visual mode). Avevo provato ad installarlo anche sotto Windows, ma praticamente lì sei costretto ad utilizzare l'interfaccia grafica (gVim), con i menu a discesa: e non ha la stessa semplicità e potenza della semplice interfaccia testuale. Ho provato Notepad++, e sembra veramente ottimo. Ma mi sembra di tradire Vim così...
  • Inserendo nell'intestazione di un documento HTML la riga
    <meta charset="iso-8859-1" />
    (ASCII esteso dell'Europa occidentale), se lo scrivo con il Blocco note il browser mi visualizza correttamente i caratteri accentati, mentre se inserisco
    <meta charset="utf-8" />
    (Unicode) al posto di questi ultimi mi compaiono dei punti di domanda. Con Notepad++, invece, accade l'esatto contrario.
  • Undici anni fa comprai il mio primo manuale di HTML. I dispetti tra browser erano un lontano ricordo, e i fogli di stile CSS erano già standard consolidato; eppure, neanche il 10% del volume ne parlava, e anzi, insegnava ancora ad usare i frame! I frame, gente!
  • E ora, dopo una vita che tutti i marcatori HTML devono essere chiusi - compresi quelli vuoti, che vanno aperti e chiusi contemporaneamente - scopro che in HTML5 non è più necessario chiuderli. Cosaaaaaaa???? E io che HTML lo sto pure insegnando a scuola!
  • Comunque la questione è controversa: molti sviluppatori continuano con la vecchia sintassi. E io sono un conservatore.
Canzone del giorno: The Courteneers - Are You in Love with a Notion?

lunedì 25 novembre 2013

#25N

Giove, perché questa magagna rea
degli uomini, le donne, a luce desti?
Se tu volevi seminare il germine
dei mortali, alle donne uopo non era
ricorso avere; ma doveano gli uomini
nei templi tuoi deporre un peso d'oro,
o di ferro, o di rame, e fare acquisto
del seme dei figliuoli, indi, ciascuno
in ragione del prezzo, e in casa vivere
liberi, senza donne. Adesso, invece,
per introdurre il reo flagello in casa,
perduti van delle famiglie i beni.
E che gran male sia la donna, basta
a dimostrarlo questo solo: il padre
che la nutrí, la generò, la manda
fuori di casa, e sborsa anche la dote,
purché libero sia da quel malanno.
E quegli, invece, che in sua casa accoglie
questa genía calamitosa, gode
nel ricoprire l'idolo esecrabile
con gli ornamenti belli, e s'arrapina
intorno ai pepli, misero, e in rovina
manda la casa. Ed è, necessità.
Ché, se coi grandi s'imparenta, deve
far lieto viso a un matrimonio tristo.
Se poi buona è la sposa, e son da poco
i suoi parenti, soffocare ei deve
con le belle apparenze i suoi dolori.
Il meglio per un uomo è avere in casa
una donna da nulla, anche se inetta
e sempliciona: le saccenti aborro.
Deh, mai, mai quella donna in casa mia
non entri, che presuma oltre il suo sesso!
Ché la malvagità suscita Cípride
di preferenza nelle scaltre: invece,
di semplicetta nell'angusta mente
meno ha ricetto la follia d'amore.
Né mai dovrebbe alcuna ancella presso
stare alle donne, ma le mute gole
sol delle fiere, sí che non potessero
ad alcuno parlar, né voce intenderne.
Ché le persone tristi intrighi intessono
in casa, e fuor li portano le ancelle:
come ora tu, ribalda vecchia, vieni
a me, per far del talamo intangibile
del padre mio, mercato: ond'io con fluida
acqua mi monderò, dentro le orecchie
la verserò. Come alla taccia posso
di tristizia sfuggir, quando mi sento
per gli orrori che udii, contaminato?
O donna, e tu sappilo bene: salva
ti fa la mia religïon: se, còlto
di sorpresa, giurato io non avessi
pei Numi, stato io non sarei, che tutto
al padre io non svelassi. Or dalla casa,
finché Tesèo lontano è dalla patria,
io me n'andrò: sarà muto il mio labbro.
E con mio padre tornerò, vedrò
come potrai fissarlo in viso, tu
e la signora tua, saprò per prova
l'audacia tua, sino a qual punto arriva.
Alla malora! D'odïar le femmine
io mai non sarò sazio, anche se dicono
che mi ripeto sempre: anch'esse, dico,
sono sempre perverse. O le ammaestri
alcuno ad esser sagge, o sia concesso
a me, che sempre contro esse mi scagli.

(Euripide, Ippolito, traduzione di Ettore Romagnoli)

domenica 24 novembre 2013

Popper secondo me

La conferma di aver scritto una bella storia, su una bacheca pubblica, non ti viene dalle persone che la apprezzano, per quanto numerose esse siano. Ti viene dal primo commento livoroso e invidioso di un utente anonimo.

Canzone del giorno: Capital Cities - Safe and Sound.

mercoledì 13 novembre 2013

Correzione

I libri di scuola sbagliano: Johann Sebastian Bach non è morto il 28 luglio del 1750. È morto il 25 settembre del 1932, quando è nato Glenn Gould.

lunedì 28 ottobre 2013

Offertorio e Consumazione


Ieri pomeriggio, alla rassegna organistica di Vittorio Veneto, il M° Roberto Bonetto ha eseguito, tra gli altri, un Offertorio e una Consumazione, adattamenti di melodie verdiane ad opera di Paolo Sperati.

Nel presentarli, il direttore artistico della rassegna, M° Roberto Padoin, raccontò come in Italia fosse usuale, nel periodo d'oro dell'opera lirica, eseguire durante la Messa adattamenti organistici di celebri arie. Tale prassi scomparve con il movimento ceciliano, culminato nel Motu Proprio Inter Sollicitudines di papa Pio X che esplicitamente la vietò; e solo pochi anni fa il repertorio organistico "operistico" ritornò in sede concertistica.

Tra il pubblico, ieri, era presente un prete che conosco: deve essere un amante dell'opera, visto il suo compiacimento alle prime note di "Stride la vampa" del Trovatore.

Due considerazioni:

  • chi ora si scandalizza per le chitarre in chiesa perché "la chitarra è uno strumento profano" , ascolti cosa si sentiva, in chiesa, un secolo e mezzo fa. Viva i ceciliani, viva don Lorenzo Perosi; e prego che a quel prete non vengano strane idee (conoscendolo, non credo ;-));
  • la musica di Verdi, in fondo, non è poi così male. Peccato che i cantanti non stiano zitti.

venerdì 18 ottobre 2013

Io e gli artisti

Era il 15 dicembre 2007.
Diana Tejera, ex voce dei Plastico, tenne un concerto in un bar di Conegliano assieme a Barbara Eramo, che gli appassionati di Sanremo ricordano nel duo Eramo & Passavanti.
Erano trascorsi più di sei anni, dall'estate in cui avvertivo talvolta strani sintomi; io andai da Diana, alla fine dell'esibizione, e le chiesi un autografo sul primo album del suo vecchio gruppo, Sensibile al tatto.
Non dimenticherò mai il sorriso di Diana esplodere davanti a me. Era lei più felice di me!
In quell'istante, tutta la timidezza che fino ad allora avevo provato nei confronti degli artisti morì sul colpo.


Un po' di invidia, in verità, la provo sempre. Perché anche un bambino dell'asilo disegna meglio di me; e perché prendere lezioni di musica è ancora un sogno, per mancanza di tempo e di denaro.
La mia famiglia sarebbe stata felicissima di iscrivermi ad una scuola di musica: mia zia, sorella di mio padre, per un periodo mi martellò affinché studiassi violino, e forse fu per questo che io mi rifiutai sempre, per poi rimpiangerlo e riempirmi di rancore.

Anche se, da quattro anni, recito in una compagnia teatrale amatoriale (stasera andrò in scena!) e da poco più di un anno canto nella schola cantorum del duomo di Padova.

Complice, forse, il fatto che l'invidia spesso è reciproca - perché io capisco la matematica, perché non ho timore di parlare in pubblico... - mi sono sorpreso di me, in questi ultimi anni. Con l'organista Roland Muhr, per esempio. Oppure, sempre parlando di organisti, con James David Christie, che venne un anno fa a suonare a Sant'Antonio Abate.

Non sono mai particolarmente prodigo di complimenti. Con l'artista preferisco parlare delle opere, di come sono state realizzate; a cosa sono ispirate, o magari la difficoltà nell'eseguirle.

Né mi faccio problemi a dire che una certa opera non mi è piaciuta. Non importa chi sia l'artista. Se è un parente o un amico, tanto meglio; sebbene mi ritenga fortunato a vivere a distanza di sicurezza da una cugina di settordicesimo grado che studia canto lirico, in quanto mi imbarazzerebbe assai cercare ogni volta una scusa per zompare gli inviti ad ascoltare Verdi, Puccini o Donizetti che a me, francamente, fanno lo stesso effetto di una tanica di Guttalax.

Ciò non toglie che, quando amici e parenti non vengono ai miei spettacoli, ci rimanga male. Lo so, mi contraddico: ma se non lo facessi, che artista sarei?

Canzone del giorno: Giuseppino del Biado - Fuggi fuggi fuggi (Il Ballo di Mantova).

mercoledì 9 ottobre 2013

Gerontocrazia, fascino, mappe e allievi

A volte penso che l'italica gerontocrazia nasca nel momento in cui, da bambini, ci rimproverano: "Porta rispetto per chi è più vecchio di te!" anche quando il vicino ottantenne se la prende con noi senza motivo.

A volte penso che alcune persone ci affascinano, e poi scopriamo che in un'ora ci hanno già detto tutto.

A volte penso che anche assegnare i colori ai valori di una funzione, per una mappa bidimensionale, possa essere annoverata come attività artistica.


A volte penso che un allievo che, tornando da scuola con te in pullman, ti dice "però, mi piace che lei ci parli di libri e di film!", ti confermi che il tuo è il lavoro più bello del mondo.

Canzone del giorno: Shaka Ponk - I'm Picky.

lunedì 7 ottobre 2013

Scritti sui banchi, e la scuola di massa e il precariato

Forse è banale dire di aver apprezzato Scritti sui banchi; l'italiano a scuola tra alunni e insegnanti, un'indagine ad ampio spettro dell'attuale situazione dell'italiano scritto, e del suo insegnamento, nelle scuole superiori dello Stivale, perché i due autori non hanno ceduto alla tentazione del florilegio di castronerie. Ma lo dico lo stesso.


Il florilegio di castronerie - e di luoghi comuni - non me lo sarei aspettato, d'altra parte, quantomeno da Luca Serianni, italianista, accademico dei Lincei e autore di diversi saggi sull'insegnamento dell'italiano a scuola. Grazie a lui, d'ora in poi userò più spesso la parola menda; e anche se insegno materie scientifiche, anch'io userò la matita verde accanto a quella rossa e blu, per evidenziare le cose buone.

E forse mi contraddico se propongo una tiratina d'orecchie a Giuseppe Benedetti per l'ultimo capitolo del saggio, nel quale costui analizza, nel corso degli anni, i temi di quattro alunni dell'istituto nel quale insegna. Il quadro che ne esce è decisamente troppo roseo, se non altro perché troppo poco significativo è il campione: quattro studenti, seppure non tutti secchioni, di uno dei più prestigiosi licei classici della Capitale. Inoltre, l'autore pare non tenere conto che alcune statistiche sono viziate: per esempio, viene fatto notare che gli alterati (diminutivi, vezzeggiativi...) si riducono drasticamente di numero nel passaggio dal ginnasio al liceo; tuttavia, tra gli alterati dei temi del ginnasio figurano palazzotto e signorotto, chiaramente mutuati dai Promessi Sposi, che si studiano al secondo anno.

In svariati punti del saggio fanno capolino, complice l'età degli autori nonché l'età media degli insegnanti, i dibattiti di alcuni decenni fa contro "l'italiano dei temi" e per un migliore insegnamento della grammatica. Chi è più grande di me può avervi assistito in prima persona; e sarei molto curioso di sapere cosa veramente veniva detto, con quale spirito si partecipava alla discussione.

Ogni tanto, sui quotidiani o sulle riviste, tali polemiche compaiono ancora: ma la sensazione che danno, anche a me che ho "solo" 33 anni, è di scontato, di vecchio. Correggetemi se sbaglio, ma ho l'impressione che quaranta-cinquant'anni fa, quando sempre più ragazzi frequentavano la scuola, ci fosse davvero la volontà di migliorare. Anche perché lavorare nella scuola era relativamente facile.

Oggi, molti insegnanti di lettere sono gli stessi che erano entrati allora, con quarant'anni di esperienza e di disillusione alle spalle; e le nuove leve sono sballottate da una scuola all'altra, da una settimana di supplenza all'altra, con il futuro sempre più precario e politiche scolastiche sempre più scriteriate.

Come si può pretendere di fare della buona didattica, in queste condizioni?

giovedì 3 ottobre 2013

La colonna sonora della vita: primavera 2013

C'è un motivo per cui l'Alleluia di Pierangelo Sequeri - Ed oggi ancora... - è il mio preferito: perché si basa su una progressione armonica. Ovvero: la stessa frase musicale ripetuta ogni volta nella tonalità immediatamente superiore o, più spesso - ed è il caso del suddetto Alleluia - nella tonalità immediatamente inferiore.

Io amo le progressioni. Forse perché rassicurano, col loro essere sempre uguali a loro stesse, e al tempo stesso evolvono, metafora del trascorrere del tempo, sovente con un effetto malinconico.

Non so se Sequeri conoscesse la Passacaglia dalla Suite n. 7 per clavicembalo, HWV 432, di Georg Friedrich Händel. Forse no, perché in fondo le progressioni in musica sono onnipresenti. Ma la somiglianza è impressionante.

giovedì 19 settembre 2013

La colonna sonora della vita: estate 2004

Cosa hanno in comune gli a-ha e una sposa morente?

Un emulo del co-protagonista di The Following che, il giorno del suo matrimonio, accoltella la sposa cantando I've Been Losing You? No, Joe Carroll non è così raffinato.

Il tastierista degli a-ha, Magne "Mags" Furuholmen, è stato tra i produttori di The Angel and the Dark River, album del 1995 dei My Dying Bride.

Incontrare il mio amico Valerio e parlare con lui di musica mi ricordò quanto ho amato questo album, che lui mi fece conoscere, assieme a tutto il genere doom metal in generale - e al quale dedicai, ai tempi che furono, il post omonimo L'Angelo e l'Oscuro Fiume, che dai miei lettori fu visto come piuttosto criptico ;-)

The Cry of Mankind, prima traccia dell'album, rimane a tutt'oggi, a mio avviso, la più bella canzone del gruppo inglese.


Questo post partecipa all'iniziativa di Attimi di Letizia.

E se fosse il momento di cambiare prospettiva?

Questo post è stato scritto di getto, e senza pensare. Possono esserci idee rivoluzionarie come immani c***ate. Prendetelo per quello che è, tenendo conto che per me è un periodo molto instabile! :-)

Stamattina, il mio coinquilino Niccolò mi parlava dei suoi futuri progetti lavorativi.

Lui è un agente di commercio, lavora in proprio: è intraprendente, pieno di idee, propositivo.
Io sono il suo esatto opposto: anch'io ho molte idee, ma la prospettiva di mettermi in gioco - in altre parole, di perdere soldi - mi terrorizza. Sono consapevole delle mie capacità, eppure tendo a scoraggiarmi e mi spaventano i cambiamenti.

Niccolò mi diceva che sta prendendo piede, in questi anni, una figura lavorativa che è a metà strada tra un dipendente e un socio. Il lavoratore percepisce uno stipendio minimo - volutamente basso - ma partecipa degli utili dell'impresa. Egli è perciò incentivato ad impegnarsi: se l'azienda fattura, può guadagnare anche il doppio di un normale impiegato con le stesse mansioni, e mettere di conseguenza dei soldi da parte per la vecchiaia, visto che il futuro del sistema pensionistico non è di certo roseo.

Alla parola pensione mi prese il panico. La mia età della pensione è lontanissima, è vero: tuttavia, oggi, mi chiedo come un giovane possa essere fiducioso.

"Marco, il mondo sta cambiando."

Ecco.
Se fosse il momento, anziché di angosciarmi, di cambiare prospettiva?
Pensiamoci. I nostri genitori, i nostri nonni... sono cresciuti con l'idea che se fai male vieni punito. Arriva il papà e ti dà le botte. Il Signore ti manda all'inferno.
E se fai bene? Maaaahhh, niente più del tuo dovere.
Anche noi, in fondo, siamo cresciuti in questa mentalità. Almeno, io sì. Si potrebbe obiettare di no, che i ragazzi di oggi crescono in totale lassismo e anarchia. Forse è vero. Ma lo psicologismo imperante - quello, per intenderci, secondo il quale una nota sul diario è una tragedia, e un motivo per suicidarsi - è un tentativo, raffazzonatissimo, di correggere le storture della morale basata sulla punizione.

Quando sento le apologie di Steve Jobs, la rabbia non mi viene soltanto pensando che si sta idolatrando una persona che ha fatto del profitto la sua ragione di vita.Mi sale la rabbia perché sento: ecco, ora questo la gente pretende da me, che io sappia inventarmi. Ma io non so fare niente. Non sono creativo. Io non potrei mai scoprire un teorema: posso solo imparare a dimostrare i teoremi che altri hanno dimostrato.

Quando sento parlare di meritocrazia, non penso a quello che so fare. Penso che ci sono migliaia di persone, magari più giovani di me, che sanno farlo meglio, e io sarò messo alla porta. Meglio una raccomandazione: almeno con quella sto tranquillo. Perché tanti lavoratori stanno in malattia più del dovuto? Forse perché, dopo tante legnate, e ormai sfiduciati, hanno capito dov'è la falla nel sistema, e la sfruttano.

Sii responsabile, oggi, significa: attento a ciò che fai, potresti essere punito. Perché io presumo che tu farai male.

E se io, invece, presumessi che tu farai bene?
Non ti metterò di certo a riparare un impianto elettrico se non sai nemmeno trovare l'interruttore generale. Ma magari sei bravo a disegnare, e io mi dimentico che tu non sappia dov'è l'interruttore generale. Ci sarà pur qualcuno che lo sa, no?

Niccolò, spiegandomi il contratto di associazione in partecipazione - così si chiama - insisteva sul suo essere incentivante per il lavoratore.
Io non me ne intendo di diritto del lavoro, e non so se questo tipo di contratto, di fatto, sia un capestro. Ma l'accento lo pongo sulla parola incentivante.
Tu datti da fare, perché se farai bene guadagnerai! Non: tu datti da fare, perché se farai male ti sbatto fuori.


Ma una mentalità del genere non si può instaurare se innanzitutto non cambiamo noi prospettiva. Forse dovremmo imparare di più dal padre misericordioso, il quale non si domandò se il figlio, dopo il banchetto a base di vitello grasso, gli avrebbe chiesto ancora denaro.

Canzone del giorno: My Dying Bride - The Cry of Mankind.

lunedì 16 settembre 2013

"Tu sei mezzo greco, vero?"

L'anno scorso, ad un incontro in occasione del primo anniversario della scomparsa di mio papà, prese la parola uno dei redattori dell'Azione, il settimanale diocesano al quale mio papà aveva collaborato per più di 35 anni: "Gianfranco, da bravo uomo di cultura, odiava il calcio: il suo sport, infatti, era il ciclismo..."
Io, seduto in terza fila, mi alzai e lo interruppi: "Cosaaaa???"
"Be', inseriva spesso riferimenti a gare di ciclismo, tappe del Giro d'Italia... no?" replicò il giornalista.
"E per forza, con la capa tanta che gli facevo io..."

Mio papà era aggiornato sul ciclismo perché io sono appassionato di ciclismo: fosse stato per lui, sarebbe morto domandandosi perché mai, ogni anno, un uomo vestito di rosa scorrazzi su due ruote per lo Stivale. Eppure, nella redazione dell'Azione, si credeva che mio padre fosse appassionato di ciclismo.

Sempre l'anno scorso, un ragazzo che frequenta la mia stessa comitiva, e che mi aveva sentito conversare in greco con la mia tandem e altri studenti Erasmus dalla Grecia o da Cipro, mi chiese: "Tu sei mezzo greco, vero?"
Io gli risposi che sì, mia madre si chiama Δέσποινα ed è nata a Salonicco. Ma mi domandai se costui non fosse in preda ad una temporanea βλακεία dovuta a troppo κρασί, visto che mi conosceva da almeno sei mesi.


Qualche mese dopo, un cameriere del pub dove ci incontriamo di solito esclamò: "Ma io avevo sempre creduto che tu fossi italiano! Scopro adesso che sei greco!"

Secondo voi, io gli ho detto la verità?

Musica del giorno: Louis Vierne - Sinfonia per organo n. 1.

venerdì 13 settembre 2013

Compito in classe

La morte. Purtroppo è stata sempre tra i fenomeni naturali più diffusi. Parla di questo strano fenomeno che produce solo dolore tra le persone che ci stanno accanto, e di un avvenimento che spieghi le emozioni che hai provato in quell'occasione.
(Tema di italiano assegnato in una quarta Ginnasio in Calabria, menzionato da Luca Serianni nelle sue Pratiche di scrittura argomentativa.)

giovedì 12 settembre 2013

La colonna sonora della vita: autunno 1987

Ho già avuto modo di dire come Loretta Goggi fosse uno dei miei miti televisivi delle elementari. Devo avere ancora, da qualche parte, la foto autografata che lei mi mandò, con la sua esclamazione: "Felicità!"

(Dovevo essere un bambino particolarmente allegro, se un altro dei miei miti era Mike Bongiorno.)

La sigla finale di Ieri, Goggi e Domani, in onda nella stagione 1987/88, a lungo è stata Isolatamente.

Uno dei primi pezzi della premiata ditta Mogol & Gianni Bella: non male, per un bambino di neanche 8 anni, conoscere le parole anelito, asceta e frotta, vero?


Questo post partecipa all'iniziativa di Attimi di Letizia.

Rapporto dalla cartoleria

Un commentatore del post di Keiko di sabato scorso - Settembre andiamo, è tempo di... ricominciare - si era domandato se la Coccoina esista ancora.
Ebbene, ieri sono stato in cartoleria: c'è eccome! Non serve che chi ce l'ha la conservi come reliquia!
(E, adesso che ci penso, io non l'ho mai avuta.)


La gomma Pelikan BE20 (anch'essa tuttora prodotta), poi, non è esagonale, bensì ottagonale: ricordavo male anche io!

E questa? Io la uso ancora. Però ora non ci sono più i numeri stampati sulla parte sporgente. Che poi, 526 50: perché proprio questi? Dan Brown ci pensi, per la sua prossima fatica.

Buonanotte a tutti, specialmente a chi torna a scuola :-)

Canzone del giorno: Sandra - In The Heat Of The Night.

lunedì 9 settembre 2013

Bilinguismo forzato? No, grazie.

Su La 27esima ora, qualche giorno fa, la giornalista Grazia Maria Mottola raccontava della sua amica Lella: costei, partita più che mai decisa a voler far imparare alla figlia l'inglese fin dall'asilo, dopo appena un anno ha ritirato la piccola dalla scuola bilingue.
Vorrei che mia figlia si divertisse in una normale scuola italiana, senza lo stress di dover imparare una seconda lingua e l’incubo di scrivere in due lingue. Meglio un'infanzia facile e serena che la preoccupazione di non superare le elementari.
I commenti al post, in maggioranza, sono assai critici verso tale scelta. Qualcuno parla del solito provincialismo all'italiana, qualcun altro delle mamme iperprotettive, altri ancora della facilità con cui i bambini imparano le lingue.


Capisco le ragioni di queste critiche. Incontriamo sempre più di frequente ragazzi i quali, grazie alla diversa provenienza dei genitori, parlano due lingue fin dalla fanciullezza. Lingue che, con nonni o zii provenienti da altre nazioni ancora, possono diventare tre o addirittura quattro; ed è superfluo elencare i vantaggi che il plurilinguismo ha loro recato all'università o al lavoro: specialmente se una delle lingue materne è l'inglese.
Sulle riviste specializzate, ma anche sui quotidiani e sui siti dedicati all'educazione dei fanciulli, non si conta più il numero di articoli inneggianti al plurilinguismo.

È ovvio, pertanto, che le neo-mamme e i neo-papà, i quali magari con l'inglese hanno dovuto battagliare, desiderino dare ai loro figli le medesime opportunità dei ragazzi bilingui. Io stesso mi ritengo fortunato, avendo avuto un padre insegnante di inglese.

Tuttavia, io do ragione alla signora Lella, nel non voler far frequentare alla figlia la scuola bilingue. E le motivazioni sono tre.
  • La prima motivazione è socio-linguistica. Premetto che la realtà a cui penso è quella di una tradizionale famiglia italiana - che, nonostante tutto, è ancora il caso più frequente - che vive in una città italiana e con una rete di amicizie prevalentemente italiana, o quantomeno italofona.
    In un tale contesto, a pochi viene in mente che il bambino già cresce bilingue: con l'italiano e il dialetto della sua regione.
    Perché, giustamente, queste sono le lingue che sente in famiglia, a scuola e con gli amici. Lo stesso modo in cui cresce un bambino bilingue di due lingue "ufficiali" .
    Ma se mio figlio ha una famiglia italiana e amici italiani, o quantomeno italofoni, dove pratica l'inglese che sente a scuola? Dovremmo, io e mia moglie, parlargli in inglese? C'è chi lo fa, ma è del tutto innaturale, a mio avviso.
  • La seconda motivazione è psicologica. È vero che i bambini sono "spugne": imparare, per loro, è un gioco; e non si deve avere paura di spiegare loro cose difficili.
    Chi conosce un po' di Noam Chomsky, oltretutto, sa che diversi studi sostengono la sua teoria dell'apprendimento per dimenticanza: il neonato ha, innate, tutte le regole di tutte le possibili grammatiche, e dimentica tutte quelle che non sente. Come ha spiegato Andrea Moro l'anno scorso al Festival della Mente di Sarzana, gli errori grammaticali dei bambini sono regole in altre lingue.
    Entrambe queste considerazioni, ciò nonostante, non giustificano in alcun modo lo sfruttare la natura oltre il dovuto. Io temo che, in perfetta buona fede e con le migliori intenzioni, quei genitori che mandano il figlio alla scuola bilingue facendogli imparare una lingua che non appartiene alla sua nazione, né alla sua regione, né al suo contesto familiare, struca struca siano mossi da invidia, da esibizionismo nonché dal pregiudizio, durissimo a morire, per cui bisogna imparare da piccoli. Le stesse aberrazioni che intasano le classi di pianoforte con fanciulli che non sono minimamente interessati alla musica.
    Se mio figlio manifesterà il desiderio di imparare l'inglese perché vedrà i libri inglesi di mio padre - e miei - o perché vedrà me, o mia moglie, guardare film in inglese; o perché ci sentirà parlare inglese con i nostri amici britannici o americani, lo incoraggerò. Con un po' di energia se necessario, affinché vinca la timidezza o la pigrizia.
    Se sarà incuriosito dalla musica, sentendola in casa o altrove, lo incoraggerò a suonare uno strumento. Ma deve essere un incoraggiamento, appunto, non una forzatura.
    Mio padre sarebbe stato felicissimo di insegnarmi l'inglese, lui che lo parlava meglio degli inglesi - e non lo dico io, gliel'ha detto sir Richard Attenborough. Ma io mi vergognavo, e lui non insistette. E credo sia stato ancora più felice, nel vedermi impararlo da solo. Cominciando a 13 anni. Così come a 28 anni ho imparato il tedesco, e il greco a 31 (*). Come lo psicologo chitarrista quarantenne, io sono la prova che si può imparare anche da adulti, quando c'è interesse e voglia.
  • La terza motivazione è ideologica. Viviamo da anni in un Paese dove parlare inglese "fa figo". Un Paese la cui lingua ufficiale, pur mantenendo una solida base strutturale latina, è un colabrodo per le parole inglesi. Un Paese dove non l'insegnamento di una lingua straniera, ma l'insegnamento di quella lingua straniera, è obbligatorio fin dalle elementari. (Che tale insegnamento sia svolto orrendamente, è un altro discorso.) Avete fatto caso che, in tutto il post, ho sempre dato per scontato che la seconda lingua sia l'inglese? Mi sorprenderei già adesso se un bambino a un certo punto non maturasse la convinzione che l'inglese è superiore all'italiano: figuriamoci dovendo parlare, obbligatoriamente, in inglese in Italia! In barba ai principi di eguaglianza e di democrazia linguistica, nei quali io credo fortissimamente e nei quali educherò i miei figli. I miei figli non saranno il cavallo di Troia di coloro che vogliono farci diventare schiavi. O magari lo saranno, e io non potrò farci nulla, ma non potrò negare di aver lottato.
(*) Si noti il chiasmo.

Canzone del giorno: Nina Zilli - Per sempre.

mercoledì 4 settembre 2013

La mia finestra aperta sull'universo

Quando andavo ai campiscuola, negli anni del liceo, l'ultima sera era dedicata ad una veglia di preghiera. In stile Taizé: con i ritornelli cantati, intervallati da letture bibliche o riflessioni.

Stavamo seduti sull'asfalto, nel vasto cortile di una scuola: il Bearzi di Udine.
Di tanto in tanto un treno, che transitava rapido sui binari a poche decine di metri dall'istituto, rompeva il silenzio; ma era il terzo giorno di camposcuola: ormai non ci facevamo più caso.

Era la metà di giugno, e non ricordo una sera in cui il cielo non fosse stellato.

Ne sapevo abbastanza, di astronomia, per distinguere qualche costellazione. Sapevo che le stelle hanno diverse dimensioni; che stelle che ci appaiono vicine sono in realtà lontanissime; che se ci trovassimo in un diverso sistema stellare tutto avrebbe un diverso aspetto; che guardando il cielo, guardiamo il passato, considerati gli anni che impiega la luce per giungere fin qui.

In quel momento, quel cortile era la mia finestra aperta sull'universo.
Non nel senso dell'universo fisico, ma l'universum latino - il tutto, unito, non diviso - come latini erano i ritornelli che cantavamo.
Gli altri e me con loro. La natura e l'opera dell'uomo. La fede e la scienza.

Non mi illudevo di poter fare tutto o di poter conoscere tutto, ma credevo che la vita eterna, dopo la morte, fosse questo: che esiste l'eternità, e l'eterna gioia, perché infinite sono le cose da scoprire.


lunedì 2 settembre 2013

Settembre, e le impronte dei nostri antenati


Dopo la pioggia d'agosto che rinfresca il bosco, il tormentone annualmente ricorrente vuole il vero inizio dell'anno a settembre.
Ci sarebbero tutte le ragioni per farlo: non ultima, il fatto che l'anno scolastico/accademico/sociale già è organizzato così, e non ci sarebbe la rottura di dover scrivere 2013/14.

Tuttavia, mi piace pensare che, come la nostra lingua che come una spugna assorbe parole inglesi, ma le cui fondamenta sono solidamente latine, il nostro tempo ancora viene misurato come lo misuravano gli antichi Romani, dalla semina al raccolto, secondo il ciclo del Sole.

Anche il calendario rivoluzionario francese, pur iniziando a metà settembre, si basava sull'agricoltura.

domenica 1 settembre 2013

E-mail di un (futuro) professore (str***o)

Su La Lettura del Corriere della Sera, oggi, Beppe Severgnini ha deciso che la Lettera a una professoressa degli allievi della scuola di Barbiana necessita di un'integrazione, di diventare una E-mail a una professoressa.

  • Perla n. 1: La selezione è prerogativa dell’università. Alle elementari e alle medie — inferiori e superiori — bisogna scavare dentro i ragazzi e scovare le loro inclinazioni, correggendo le loro debolezze. Cosa significa che la selezione è prerogativa dell'università? Che la scuola deve promuovere tutti? E come può, un insegnante, scovare le inclinazioni degli studenti, con i curriculum bloccati e i programmi inamovibili, pena i genitori in rivolta?
  • Perla n. 2: La scuola superiore italiana, nel 2012, ha perso il 18 per cento degli iscritti. E sono pure troppo pochi, considerato che in prima liceo arrivano senza nemmeno sapere cos'è un dizionario di italiano, figuriamoci usarlo. (Italiano, Beppe, hai capito? Italiano, non inglese.)
  • Perla n. 3: Ma voi [insegnanti] siete le donne e gli uomini che devono creare gli italiani di domani. Per questo saremo insegnanti sempre domani, pagati semmai nella prossima vita?
  • Perla n. 4: Eppure si deve trovare il modo di utilizzare le scuole al pomeriggio. Lasciarle vuote è uno spreco. Caricare i ragazzi di compiti a casa — com’è ormai la norma, soprattutto nei licei — è un’alternativa crudele. Che crudeltà, eh? Talmente crudeli erano i miei professori che io sono ancora qua. (Eh, già.)

venerdì 2 agosto 2013

Stratego-assenteisti giustizieri

Non ho dubbi che alcuni miei compagni di liceo mi abbiano tirato le maledizioni quando, a fronte di una loro richiesta di esercizi di matematica, io non davo loro il semplice risultato ma li ci facevo arrivare passaggio per passaggio. Volevo che non avessero piu' motivo di chiedermeli, in seguito. (Se dico che è da quando ero adolescente che voglio fare l'insegnante, un motivo c'è.)

Rimarcando che non ho mai negato un aiuto, tranne a chi, magari con la benedizione di mammà, bruciava scuola per saltare verifiche, o cercava in altro modo di fare il furbo (e, a lode dei miei compagni, va detto che tali casi erano molto rari), ricordo una conversazione, in treno, in cui da un'elegante signora, con figlia adolescente al seguito, mi sentii dare dello str***o per questa ragione: perché i compiti si passano.

Ora, io non penso che gli italiani siano tutti ignoranti, o potenziali ladri o evasori. Nemmeno quel 29,18% di votanti che, alle ultime elezioni, hanno scelto il PDL. Ma se qualcuno, leggendo i primi due paragrafi, si è identificato nell'elegante signora, o in uno di quei miei compagni cui il mio aiuto è stato negato, e negli ultimi 19 anni ha strepitato che il problema non è Berlusconi, sono gli italiani, sappia che gli sto sonoramente ridendo in faccia.

sabato 18 maggio 2013

Ignorantia vestra, humanitas mea

Gli scatoloni di libri usati, ai mercatini delle pulci o alle sagre paesane, sono i miei preferiti: e non mi riferisco solamente al risparmio.

Mi affascinano, in quegli scatoloni, i tormentoni del passato, i best seller mancati, i saggi di attualità che non è più attualità, i testi scolastici monocromatici dal linguaggio aulico.

Ogni volta che compro un libro usato - da uno scatolone, o su eBay - non mi domando a chi fosse appartenuto, ma perché il precedente proprietario se ne sia disfatto.
Doppione? Ciofeca? Scaffale pieno? Moglie col randello in mano?

Nel caso di un testo scolastico la risposta è fin troppo facile. Anche se, vedendo i testi che campeggiano attualmente negli zaini, mi viene voglia di dare ai miei futuri figli i manuali che ho usato io.
Possiedo una grammatica di greco antico, per il ginnasio. Appartenuto a Marta, la quale, a occhio e croce, non doveva amare granché accenti e spiriti. Se Saffo cantava d'amore, Marta affidava il suo, di amore, alle pagine del manuale della lingua di Saffo.

I saggi di ex attualità sono i volumi più istruttivi di tutti. Ancora più dei "casi letterari" che provocano la stessa reazione del nome di Laura Luca. Ve lo ricordate Christian Jacq? O Michel Rio?


Sono istruttivi da un lato perché la memoria di certe cose non deve essere persa; dall'altro, perché sfogliandone uno ci rendiamo conto di quante cose sono state per qualcuno di noi ragione di litigi epici, di amicizie rotte... e adesso, che fatica anche solo ricordare i nomi! E quanti soldi qualcuno di noi ha speso, per rovinarsi il fegato. Rivaluto i soldi spesi per i vestiti firmati.



Leggo oggi che, a Bari, un uomo è morto e i suoi eredi hanno gettato i suoi libri nel cassonetto, successivamente razziato dai lettori locali.
Non faccio ramanzine sul valore della cultura. Non mi sorprende nemmeno che gli eredi del bibliofilo defunto non abbiano pensato di donare la sua collezione alla biblioteca civica o a una scuola. Una persona capace di gettare dei libri in un cassonetto neanche sa cosa sia, una biblioteca.
Anzi: gettatene di più, magari nei cassonetti sotto casa mia. Ignorantia vestra, humanitas mea.

giovedì 16 maggio 2013

Il declino dei classicisti

Da Il declino del Liceo Classico, del prof. Massimo Rossi, docente di latino e greco a Montepulciano (Siena):
Leggendo, in questi giorni, i dati emanati dal MIUR sulle iscrizioni alla scuola secondaria superiore per il prossimo anno scolastico 2013/14, si nota che [...] nell'ambito dei Licei, l'unico incremento significativo è quello dello scientifico delle scienze applicate. Non buoni sono invece i risultati dei Licei tradizionali, ed in particolare quello del Liceo Classico, per il quale risulta in calo la percentuale degli iscritti a livello nazionale, con un passaggio dal 6,7% del totale al 6,1%.
[...]
[Tra le cause del declino del Liceo Classico vi è] la superficialità della società moderna, che non tiene più in alcun conto la cultura e la formazione umana dei nostri giovani. Si tratta, nel caso specifico delle discipline umanistiche, di una formazione lenta e graduale, i cui frutti non si colgono subito, ma nel corso degli anni e durante l'intero percorso dell'esistenza. [...] Ma questi princìpi, che per noi uomini alle soglie della terza età e da sempre cresciuti con questo tipo di cultura sono ovvi e scontati, non lo sono per i giovani di oggi, figli della società del "tutto e subito" e alimentati con la tecnologia della tv e del computer, anch'essa peraltro vissuta passivamente e superficialmente da chi passa le sue giornate su facebook o su twitter. I ragazzi di oggi, condizionati dall'ignoranza dei mass-media, dei politici e dei ministri stessi, i quali fanno intendere che per realizzarsi nella vita è sufficiente saper usare un tablet o sapere l'inglese, non comprendono più nemmeno l'importanza ed il valore della cultura umanistica, e perciò non prendono più neanche in considerazione l'idea di frequentare un Liceo Classico. La loro è pura ignoranza, l'ignoranza di chi è inconsapevole del valore di certi studi e perciò li rifiuta a priori.
Caro prof. Rossi,
nonostante il bel ritratto che ha fatto di me e di tutti i miei colleghi, rei di aver scelto una scuola diversa dal Liceo Classico, voglio riservare solo per lei una delle mie storie.

C'era una volta un ragazzo che voleva imparare a suonare l'oboe.
Nel suo paese c'erano due scuole di musica.
Il ragazzo andò a informarsi alla prima scuola. Gli furono mostrate le aule, presentati i professori e illustrato il programma degli studi. Lezioni pratiche, per la tecnica di esecuzione e l'interpretazione. Lezioni di musica d'insieme, perché non si è mai soli quando si fa musica. Lezioni di teoria musicale e solfeggio, perché senza una solida base teorica non si va lontano.
Il ragazzo fu entusiasta, ma giustamente volle sapere cosa gli avrebbe offerto la seconda scuola. Suonò il campanello: gli furono mostrate le aule, presentati i professori e illustrato il programma degli studi.
"Non capisco," osservò il ragazzo, "qui è scritto che le lezioni pratiche saranno di pianoforte. Scusi, mi sembrava di aver detto di voler imparare l'oboe."
"Imparerai anche l'oboe, figliolo," gli rispose una professoressa dal volto arcigno, forzando un sorriso. "Ti insegniamo il pianoforte perché ti prepara a qualsiasi cosa."
"D'accordo. Ma quando comincerò con l'oboe?" domandò il ragazzo.
"Fra cinque anni. Come tutti!" La professoressa era decisamente sorpresa dell'arroganza del ragazzo.
"Cosa?!?!?"
Il ragazzo prese le sue cose e guadagnò la porta, annunciando che si sarebbe iscritto all'altra scuola.
La professoressa, non potendo fermarlo, cominciò a inveire. "Sei un ignorante! Non capisci il valore dello studio del pianoforte! E non lo capirai mai, perché hai bruciato il tuo cervello ascoltando l'oboe! Vuoi tutto e subito, non sai cosa sia la pazienza! Ti pentirai di quello che stai facendo! Morirai servo del potere!" Gridava sempre più forte, finché il ragazzo scomparve dalla sua vista.
E pianse, di fronte al gran coda dell'aula magna che nemmeno lei, da anni, toccava.

domenica 28 aprile 2013

Prieti e Prete

Appena ho letto il nome del pazzo dal grilletto facile che qualcuno già sta santificando, sono saltato sulla sedia domandandomi ma che ci fa un critico letterario a sparare davanti a Palazzo Chigi? Ma non mi era venuto in mente il suo quasi omonimo Luigi Preti, che manco sapevo chi fosse, bensì Antonio Prete, il curatore dell'edizione delle Operette Morali che ho usato al liceo. Andiamo bene!

Canzone del giorno: Avicii - Before This Night Is Through.

mercoledì 10 aprile 2013

Anna Karenina e Djamolidine Abdoujaparov

  • Vedere Anna Karenina;
  • sognare un ballo come quello del debutto di Kitty;
  • sentire nominare la città di Tashkent, capitale dell'Uzbekistan;
  • pensare a Djamolidine Abdoujaparov, nato a Tashkent il 28 febbraio 1964...
... questo sono io!

martedì 9 aprile 2013

LivE Newton Compton

Voglio toccare con mano, dicevo.

E quando toccai veramente con mano L'arte di essere felici (De vita beata) di Seneca, domenica dalla mia ragazza, non riuscivo a crederci.

So che dovrei smettere di rimanere basito di fronte ai pretesti che si trovano, in Italia, per sollevare polemiche. E so che non dovrei perdere tempo a scriverci addirittura un post, che dedico ad Emanuele.

Poche settimane fa l'editore Newton Compton ha lanciato una nuova collana: LivE, al prezzo di 0,99 € a volume. Gli studenti squattrinati sono salvi.
O no?


Eh no! Mica possono cavarsela così, strepitano gli editorucoli e scribacchini de noantri.
La cultura ha un costo; vendere libri ad un prezzo così basso vuol dire far passare l'idea che gli altri editori sono ladri; è solo uno specchietto per le allodole; non produrrà nuovi lettori perché l'italiano medio è lobotomizzato da tv e cellulari.

Allora. Riservandoci di verificare più tardi i danni agli specchi, graffiati nei vari tentativi di arrampicarcisi, facciamo il punto della situazione.
  • Tutti, ma dico tutti, coloro che gridano allo scandalo per i libri a 0,99 euro ricordano con nostalgia i Millelire di Marcello Baraghini: una collana supereconomica di stampa alternativa, quindi comunista;
  • costoro, ai tempi dell'università (laurea in lettere, quindi comunista), hanno fatto incetta anche dei 100 pagine 1000 lire della medesima casa editrice che adesso maledicono; ora però loro sono ricchi, e com'è possibile, se loro sono ricchi, che esista gente che non cambia macchina ogni sei mesi? 
  • Cosa? Qualcuno non arriva nemmeno al primo, dei sei mesi? Balle. Pagano 9 euro la pizza e pretendono di avere la cultura gratis. Fannulloni col c**o parato dal papi;
  • i libri a 0,99 € saranno comprati solo perché costano poco, e poi nemmeno letti. Giusto: Il ballo di Irène Némirovsky, che ho letto in coda alla posta, mica l'ho pagato 0,99 €. L'ho pagato 0,92 €, in virtù dell'ulteriore sconto delle librerie Feltrinelli sulle novità editoriali;
  • i libri a 0,99 € non incoraggiano la lettura: per incoraggiarla, infatti, servono opere in grado di passare alla storia, come Il palazzo e la piazza di Bruno Vespa, Peluche di Emilio Fede o La civiltà dell'amore di Sandro Bondi;
  • oppure, in alternativa, geniali strategie politiche, come il divieto agli sconti superiori al 15% sul prezzo di copertina.
Dimenticavo: nelle file di quale partito è stato eletto Ricardo Franco Levi - nato in Uruguay, quindi comunista - l'autore della legge che di fatto ha ucciso il mercato, e al quale non escludo che il logo della collana di Newton Compton, con quella E specchiata, sia un messaggio nascosto? Nelle file del Partito Democratico, quindi comunista.




Canzone del giorno: Wang Chung - Dance Hall Days.

venerdì 5 aprile 2013

Era un sì, non un si

In mensa, oggi.
Decido di prendere un pasto ridotto: un secondo con contorno.
La ragazza dietro il banco dei primi: Tu non prendi niente?
Io: Sì, prendo solo il secondo.
La ragazza rimane un attimo interdetta. In effetti, non era immediato trattarsi di un sì, e non di un si.

Canzone del giorno: Stella Starlight Trio - Don't You.

giovedì 4 aprile 2013

I francesi che amo

Storia da Facebook:

Un'amica russa, che parla perfettamente inglese e italiano, incontra un ragazzo che le si rivolge in russo, con un fortissimo accento straniero.
Lei: "Preferisce che parliamo inglese?"
Lui, piccatissimo: "Io sono francese! Non parlo mai inglese!"

Canzone del giorno: Elista - Les hommes ordinaires.

mercoledì 3 aprile 2013

Horror vacui

Quando, ai ragazzi delle scuole medie, facciamo fare il laboratorio didattico sul moto dei corpi, come prima cosa chiediamo loro di rappresentare il movimento di una persona nella stanza.
Quasi sempre costoro dimenticano di includere le soste.
Quando accade, io ricordo loro che, all'ora di educazione musicale, sicuramente è stato loro spiegato che le pause sono importanti quanto le note.


Il silenzio è vuoto?
No, quando lo cerchiamo e quando una voce, o un rumore, o anche la più bella musica mai scritta lo rovinerebbe irrimediabilmente.

Il silenzio è vuoto quando è il silenzio tra due persone che si incontrano dopo tanto tempo, e che credono di avere molto da raccontarsi, ma non vanno oltre il che stai facendo adesso?

E il silenzio è vuoto anche quando si avrebbe molto da dire, ma o non se ne ha la forza, o non se ne ha il tempo.

Canzone del giorno: Bastille - Pompeii.

lunedì 4 marzo 2013

Permesso speciale

Visto che verosimilmente non passerà molto tempo prima che dovremo tirare fuori dal cassetto la tessera elettorale, esporrò qui il mio programma di governo.

Il mio primo impegno sarà l'istituzione di un permesso speciale per le giornate no. Quelle che cominciano con il latte che si brucia senza il tempo di poterne scaldare un'altra tazza, o con lo scaldabagno che non funziona, o con l'autobus che salta la corsa. O con tutte e tre le cose insieme: è più probabile, anzi, che accadano tutte insieme.

Sarà specificata l'assenza di sensi di colpa, nel permesso speciale per tornare a letto in queste giornate. Non solo per preservare la salute del malcapitato, ma anche per la produttività. Perché qualsiasi cosa provi a fare il malcapitato, in queste giornate, sarà sempre quella sbagliata.

Canzone del giorno: Shaka Ponk - My Name Is Stain.

giovedì 28 febbraio 2013

La colonna sonora della vita: Tour de France 1994

Durante il Tour de France del 1994, Gino Bartali compì 80 anni, e come sottofondo al servizio televisivo dedicato alla sua festa, ovviamente fu scelta Bartali di Paolo Conte.

L'avrei persino cantata in corriera, due anni dopo. In gita con la scuola verso l'Umbria. Altro che bionde trecce: con il mio compagno Guglielmo si faceva sul serio.


Oh, quanta strada nei miei sandali,
quanta ne avrà fatta Bartali,
quel naso triste come una salita,
quegli occhi allegri da italiano in gita...
E i francesi ci rispettano
ché le balle ancora gli girano,
e tu mi fai: "Dobbiamo andare al cine!"
... e vai, al cinema vacci tu!

Zazzazzaraz,
zazzarazzaz,
zazzazzarazara za za zaz!

Questo post partecipa all'iniziativa di Attimi di Letizia.

sabato 23 febbraio 2013

Evoluzione della vergogna

Per anni, quando incontravo musicisti, mi vergognavo a dire loro che, con tempo e soprattutto soldi a disposizione, mi piacerebbe prendere lezioni di musica. Per paura di sentirmi dire che ormai è tardi, che queste cose bisogna iniziarle da piccoli, e via discorrendo.

Adesso, quando incontro insegnanti, comincio a vergognarmi a dichiarare che il loro è il mestiere dei miei sogni da quando ero ragazzino. Per paura di sentirmi dire che ormai non c'è più posto e che farei meglio a cercarmi un altro lavoro.

Canzone del giorno: Zero Assoluto - Svegliarsi la mattina.

venerdì 22 febbraio 2013

La (mia) versione di Oscar

Ammetto che la parte del programma di FARE per Fermare il declino relativa all'istruzione non mi dispiace poi così tanto. Sarebbe quantomeno una scossa, nel carrozzone della scuola italiana, nella quale peraltro io desidero lavorare.

Nondimeno, mi era bastato sapere che Oscar Giannino aveva sostenuto la privatizzazione dell'acqua, per decidere di non votare il suo partito.


Oscar aveva le sue idee, che spesso non condividevo. Ma lo ascoltavo volentieri, quando lo beccavo alle nove in punto, in radio. Gli riuscivo a perdonare persino il passato berlusconiano, rendendomi conto che solo su un quotidiano dichiaratamente di destra Oscar avrebbe potuto esprimere le sue idee ultraliberiste.

Adesso, pare che il nuovo sport nazionale sia scaglia anche tu una pietra contro Oscar.
Ma io non riesco ad avercela con lui. Anzi, meglio: non riesco a non stare dalla sua parte.

Radio 24 l'ha voluto nella sua scuderia. Io forse pecco di ingenuità, ma non credo che un gruppo editoriale la cui forza è la competenza in ambito economico si affiderebbe al primo giullare che passa. Se l'ha preso, vuol dire che i suoi studi da autodidatta e la sua esperienza avevano funzionato.

Adesso, coloro che prima elogiavano Oscar in quanto "vero liberale, moderno antistatalista" si precipiteranno a cancellare il suo nome. Come non fosse mai esistito. Come quel Franco Fiorito che prima gettava le monetine a Craxi e poi si sbafava a spese della Regione Lazio.

Come Luigi Zingales.

È ora di dire le cose come stanno. A me, il buonismo all'italiana, in fondo in fondo, un po' piace. Quando i ministri tedeschi Schavan e Guttenberg furono costretti a dimettersi per aver copiato parti delle loro tesi di dottorato, il mio pensiero è stato esagerati! E soprattutto, chi dice alla maestra che è stato il compagno coi riccioli biondi in ultima fila a metterle la fialetta puzzolente nella borsa è una spia. E va punito con una fialetta puzzolente in testa.

Luigi Zingales è stato, con Oscar, tra i fondatori di FARE per Fermare il declino la scorsa estate. I due si conoscevano.
Sulla pagina di Wikipedia dedicata al giornalista torinese, da due anni si discuteva sull'effettiva esistenza dei suoi titoli accademici.
Ora, le mie saranno solo illazioni, ma vorreste darmi a bere che a Luigi, dalla scorsa estate ad oggi, non era mai giunta nemmeno una voce in proposito?
E vorreste darmi a bere, inoltre, che Oscar sarebbe stato così ingenuo da millantare un master conseguito nella stessa università dove insegna Luigi?

E ancora, nel programma del partito non c'è l'abolizione del valore legale del titolo di studio?
Allora quella di Oscar era una marachella, dai. Il prezzo da pagare, per farsi strada in un mondo intellettuale dove la laurea è tutto. A casa mia, dove gli autodidatti godono della massima ammirazione, è quando si è in difficoltà che si imbocca la strada del lei non sa chi sono io, con conseguente snocciolamento di titoli accademici. Nel resto del Paese, no.

Lo scorso gennaio, ho conosciuto Luigi Miraglia, fondatore e direttore dell'accademia Vivarium Novum, a Castel di Guido. Un'accademia, appena fuori Roma, dove ogni anno una trentina di ragazzi, provenienti da tutto il mondo, studiano lingua e letteratura italiane, latine e greche seguendo tutte le lezioni in latino, e utilizzando il latino come lingua franca, come gli antichi umanisti.
Mi ha detto che più volte sono stati invitati, in accademia, docenti universitari di lettere classiche. Hanno accettato l'invito in pochissimi; e nessuno, nella comitiva dei compagni di corso della mia ragazza - laureata in Lettere classiche con una tesi sul personaggio di Giocasta - sapeva dell'esistenza di quest'accademia. Lo sapevo io, dottorando di Fisica - perché ne avevo letto, di sfuggita, su un quotidiano.

Non mi ha dato, Miraglia, una spiegazione del perché l'accademia sia tanto snobbata. Ma non è difficile immaginarlo: Miraglia non è un autodidatta, ma utilizza un metodo, per lo studio delle lingue classiche, completamente diverso da quello in uso nella scuola e nell'università italiane. Diverso dal "metodo tradizionale" : che tanto tradizionale non è, essendo stato introdotto dai filologi tedeschi neanche due secoli fa.

Accorgersi dei titoli millantati da Oscar a quattro giorni dalle elezioni. Un tempismo eccezionale, quello di Zingales. Ma io sono maligno se già me lo immagino sottosegretario, o consulente con contratto a sei zeri - giusto per non dare nell'occhio - nel prossimo governo, nevvero?

Canzone del giorno: Olly Murs feat. Flo Rida - Troublemaker.