lunedì 27 febbraio 2012

Cena filippina!





Canzone della sera: Salomone Rossi - Lamnatseah 'al hagitit.

Moretti vs. Hazanavicius

Messaggi a Nanni Moretti, dopo la sua intervista a Hollywood Party (Radio 3) nella quale il regista di Bianca definiva The Artist "stra-stra-stra-sopravvalutato" :
  • The Artist è un film francese, quindi è bello;
  • tu non sei francese;
  • se non fosse per i tuoi amichetti comunisti (lasciatemelo dire, per una volta!), tu saresti allo stesso posto che spetta a Pingitore e Vanzina (figlio);
  • fatti una canna.
Canzone del giorno: New Order - Ceremony.

domenica 26 febbraio 2012

Preti rossi



Cari redattori dell'Arena: di prete rosso ce n'è uno solo, ed è morto 271 anni fa; capito?

Canzone del giorno: Quartetto Cetra - Però mi vuole bene.

mercoledì 22 febbraio 2012

Non cancellare, grazie!


Rega', noi domani dobbiamo fa' lezzione, però vedete come sono previdente?

Canzone del giorno: Johnny Hallyday - Quelques cris.

martedì 21 febbraio 2012

Sull'impulso del momento

mv

Grandezza vettoriale, definita (in meccanica classica) come prodotto di massa e velocità, indicata solitamente con la lettera p e chiamata, indifferentemente, quantità di moto, impulso o momento.

Ecco: non ho assolutamente idea del perché, ma non ho mai digerito quest'ultimo nome. Tranne nelle locuzioni momento angolare e momento di una forza; che sono quantità ben diverse, tuttavia. Anche in meccanica relativistica, dove esistono il quadri-momento e il tensore energia-momento, io non chiamo mai così questi oggetti, preferendo gli equivalenti quadri-impulso e tensore energia-impulso.

La parola momento mi fa pensare a vecchi professori che filosofeggiano. Ribadisco, non chiedetemi perché. Eppure non c'è nulla di vecchio: nei testi inglesi, è il termine più usato per indicare il prodotto di massa e velocità.

Consolatemi, gente! Ditemi che non sono l'unico ad avere idiosincrasie lessicali!


Canzone del giorno: Jesus Jones - Right Here, Right Now.

giovedì 16 febbraio 2012

Idoneità di inglese


Ai tempi della mia fissazione per il tedesco, la mia amica Michelle, studentessa di traduzione e interpretariato, accettava di buon grado le mie chat in tedesco; nondimeno, in vista di un'eventuale conversazione dal vivo, mi avvertì di essere molto severa nei confronti degli errori nell'idioma di Einstein.

Per quanto io non fossi molto felice della sua scarsa fiducia nelle mie capacità - presto dovette ricredersi - capivo le sue ragioni. E ancor di più le capisco adesso.

Nei seminari che si tengono al mio dipartimento - come in tutti i dipartimenti italiani, presumo - vige la prassi secondo cui se anche uno solo dei presenti non capisce l'italiano, l'intero seminario si svolge in inglese. E io non posso oppormi affermando di non capire l'inglese, e rivendicando il diritto di seguire il seminario nella lingua del Paese dove sono nato e cresciuto e dove ha sede la mia università: sia durante il corso di laurea, sia all'esame d'ammissione al dottorato, è stata ufficialmente accertata la mia conoscenza della lingua inglese.

Ufficialmente, per l'appunto.
L'idoneità di inglese, all'università, consisteva di quattro serie di domande a risposta multipla più una composizione di almeno 150 parole. La prova si svolgeva al computer, per cui non era possibile sforare l'ora di tempo a disposizione. Io, con il mio perfezionismo da figlio di insegnante di lingue, perdo tempo nelle domande, e mi rimane il tempo per scrivere appena due frasi; quando chiamo mio papà, uscito dall'aula, lui mi evidenzia subito un errore.
Disperato, ero convinto che mi avrebbero bocciato: proprio me, dopo pure tre stagioni di 24, due di Lost, e una breve conversazione con Joe R. Lansdale. Il risultato: 94/100, e davanti a me solo un 95.

All'esame di ammissione al dottorato, poi, parliamone: ciò che era denominato accertamento della conoscenza dell'inglese era la lettura ad alta voce e la traduzione di una frase da un testo di cosmologia.

Per quanto io non abbia fatto delle lingue la mia professione, l'inglese per me è ben di più - anzi, totalmente altro - che una voce da mettere sul curriculum. Fino a che punto mi abbia influenzato papà, non lo so. Che sia stato abituato troppo bene, non lo discuto. Ma sta di fatto che non sopporto sentir parlare l'inglese male.
Anzi, no. Mi correggo seduta stante. Non dovrei sopportare nemmeno me stesso, visto che commetto errori a tutto spiano. Chi non sopporto sono coloro che sostengono di conoscerlo, e poi mi tirano fuori perle come can I wash my mains? o lo pronunciano come Nando da Torpignattara.

Ovviamente, però, i Nandi da Torpignattara con le mains sporch sono più numerosi dei figli degli anglisti. Al tempo della tesi, quando collaboravo con una ricercatrice di Belgrado, io ero l'unico, in tutto il gruppo, che le si rivolgeva in italiano: lingua che lei, oltretutto, era felice di imparare.

Io capisco che, se a tenere un seminario è uno straniero, magari in visita per pochi giorni, costui debba poter parlare inglese - visto che comunque, volenti o nolenti, al momento è questa la lingua internazionale della scienza. Oppure, se al seminario sono presenti scienziati da tanti Paesi diversi.
Ma che la presenza di uno straniero, il quale magari non è nemmeno un visitatore occasionale, debba costringere tutti a parlare (male) inglese no, la mia testolina non ci arriva. Non arriva nemmeno a capire perché il summenzionato non-visitatore occasionale non possa fare un minimo sforzo per imparare due frasi della lingua del Paese del quale è ospite. È un dovere morale, io credo.
E il seminario? Basta che i lucidi siano in inglese - e 9 volte su 10 lo sono - o che lo speaker fornisca le referenze ai lavori pubblicati.

Chiedo troppo?

Canzone del giorno: Samuele Bersani - Un pallone.

giovedì 9 febbraio 2012

http://www.geocities.com/SunsetStrip/...

C'erano una volta i siti personali. Indirizzi chilometrici - se una stringa come http://www.geocities.com/SunsetStrip/Palms/8619/index.html non vi dice niente, sappiate che vi invidio con tutta la mia anima - pagine under construction più a lungo della Salerno-Reggio Calabria, scritte in rosa fosforescente (e verde acido alla riga successiva), con un midi di sottofondo peggio delle suonerie del Nokia 3210. Non dimentichiamoci chi, premuroso nei confronti della comunità internautica, dedicava una pagina ai link utili - perché evidentemente la comunità internautica avrebbe impostato il suo sito come pagina iniziale del browser - nonché le sventagliate di tramonti nei siti delle ragazze, con noi maschietti a commentare bella, bella... ma dove sono le foto in bikini?

(Ovviamente, io avevo un sito personale.)


Poi, esplosero i blog. Inizialmente non capivo bene cosa fossero, se non che blog è l'abbreviazione di web log. Sembravano una cosa in continua evoluzione, legata al qui e ora. Ma guai a definirli diari online: i blogger si offendevano a morte.
Quando sbarcai io sulla blogosfera era il 2006: il fenomeno era già in declino. Lo dimostrava il numero di blog il cui ultimo post era mestamente datato uno o due anni prima, e che magari ospitavano solo vignette, citazioni, testi di canzoni, o dichiarazioni d'amore.
Era nient'altro che la spazzatura dei siti personali, riversatasi nei blog con un po' meno Comic Sans e una spolverata di pseudo-depressione.

Credo che Splinder, allora decisamente la piattaforma più diffusa in Italia, abbia vissuto proprio la fase della spazzatura. Io scelsi Blogger semplicemente perché mi piaceva il nome del dominio, blogspot.com; ma era facile intuire che Splinder fosse destinato a morire in tempi brevi. Se non altro, perché non è mai uscito dai confini nazionali, mentre l'intercomunicazione tra blogger di diversi Paesi cresceva.

Alla chiusura di Splinder - e anche prima - qualche giornalista d'assalto ha decretato la fine dei blog, uccisi dai social network. Non è vero: anzi, trovo i blog attuali molto più curati, in forma e contenuti, di quelli che visitavo sei anni fa. Ovvio che chi usava il blog per ripubblicare roba scritta da altri si trovi meglio su Facebook. In poche parole, i social network si sono cuccati la spazzatura.

(Per ora.)

Canzone della sera: Emeli Sandé - Heaven.

Lattice Boltzmann Equation

  • The reader acquainted with modern statistical mechanics surely smells the sweet scent of universality;
  • conditio sine qua non;
  • In this chapter we shall take a walk into the Jurassic's of Lattice Boltzmann Equation.
E ora la domanda: di quale nazionalità è l'autore del testo?

Canzone del giorno: Ddg - Dig It.

domenica 5 febbraio 2012

mercoledì 1 febbraio 2012

Manutenzione straordinaria

È da qualche giorno ormai che la barra di destra del blog mi compare sotto la colonna dei post. Ho provato stasera a risolvere il problema, senza successo. Spero di non dover cambiare completamente template, visto quanto ho impiegato a costruire questo. Comunque, il blog continuerà ad essere aggiornato con la frequenza consueta! :-) Stay tuned!

Canzone del giorno: P!nk - Sober.