sabato 31 dicembre 2011

La lezione di fine 2011

I tipi del panificio del mio quartiere di Padova ormai mi conoscono tutti; anche se io solo di uno conosco il nome: Andrea, col quale discutiamo sempre di film, quando mi ci reco in un momento in cui il negozio è vuoto.

Poco meno di un anno fa, quando uscì La versione di Barney e Andrea ancora non l'aveva visto, gli consigliai di leggere il romanzo. Lui mi rispose che raramente leggeva; e il suo collega, dietro il bancone, mi mostrò un volumetto che aveva ricevuto in regalo per Natale, precisando che non l'avrebbe mai aperto, non perché non fosse interessante o troppo lungo (erano neanche 150 pagine), ma proprio perché lui non legge mai.

Avevo già deposto l'abitudine di partire con il predicozzo sull'analfabetismo di ritorno, ma solo per un senso di inferiorità nei confronti dei miei colleghi/coetanei/familiari in procinto di trasferirsi/sposarsi/figliare. Perché io non volevo saperne di spostarmi e avevo giusto appena aperto il mio primo conto corrente. Però avevo sempre un libro in mano.

Prima che la campanella del sei grande, non hai più 20 anni suonasse, avevo sempre rimproverato anche chi affermava di non avere tempo per leggere. Ribattevo che era una scusa, che in realtà non era il tempo a mancare ma la voglia, e il resto lo sapete perché l'avete detto anche voi (vero che l'avete detto anche voi?).

Probabilmente, ancora adesso l'aria da non leggo e me ne vanto del collega di Andrea mi darebbe fastidio, nondimeno, quest'anno la mancanza di tempo - e di voglia, sì - per leggere l'ho sperimentata su di me.
Negli ultimi mesi ero costantemente in ansia per gli esami del dottorato. Finivo spesso a notte inoltrata, e quando non restavo in ufficio a lavorare, la sera ero o fuori con i miei amici, o a fare tandem, o agli incontri tra studenti italiani e stranieri, o alle prove di teatro. Da quando papà se n'è andato, voglio stare il meno possibile da solo, anche se la compagnia è solo un'eccezione alla solitudine.

Giunto a letto, avevo giusto quei 30 secondi di lucidità per mettere la sveglia. Di leggere prima di dormire - un'abitudine che credevo immutabile - non se ne parlava. In treno - che prendo molto più di rado - già a 100 m dalla partenza la palpebra è caduta: esclusi anche i mezzi pubblici. Ma soprattutto, non avevo la serenità per aprire un romanzo e dimenticarmi di tutto ciò che non gli appartiene. Preferivo accendere il televisore, ebbene sì.


Solo in queste vacanze, in cui riassaporo il piacere di svegliarmi tardi senza sensi di colpa, riscopro anche il piacere di leggere. Prima con Zia Antonia sapeva di menta, l'ultima opera di Andrea Vitali, regalatomi dagli amici della mia ragazza; poi con Mondo senza fine, il seguito dei Pilastri della terra: ahhh, che bello appassionarsi già alle prime 50 pagine sapendo che ne restano ancora più di 1000!

Ricevuta la conferma ufficiale che l'anno prossimo sarò ancora dottorando, nel 2012 avrò sicuramente meno l'acqua alla gola - quantomeno, non tutti i giorni per tre mesi. Quindi, si tornerà a leggere. Ma se dovessi nuovamente dire che il poco tempo per leggere è una scusa, vi prego: bruciatemi la lingua.


Si conclude così il 2011 anche per Senza traccia: 131 post quest'anno. Non male, considerato che a marzo, quando l'ho cambiato d'abito, il mio obiettivo era arrivare alle tre cifre.

Buon anno a tutti, amici lettori: a rileggerci a gennaio!

Canzoni di fine anno: Airborne Toxic Event - Changing; Broken Bells - The High Road; Ganglians - Sleep; The Shins - New Slang; The Naked and Famous - Bells.

venerdì 30 dicembre 2011

Antologie

Quando ero bambino e, anziché i cartoni animati, guardavo i telequiz, ero affascinato dagli spezzoni: i frammenti di film o altri programmi televisivi usati come spunto per le domande ai concorrenti.
Ne ero affascinato al punto che, a 10 anni, subito dopo l'acquisto del primo videoregistratore, la "mia" videocassetta era un mosaico: due minuti del telegiornale della sera, altri due minuti delle coppie in crisi con Marta Flavi, e via discorrendo.
Un'antologia televisiva personale, si potrebbe dire; anche se includere Marta Flavi tra gli ανθοί (fiori) è quantomeno discutibile.

Comunque, tutto ciò è per dire che, di fondo, le antologie hanno sempre un certo fascino.

Sul tavolo del soggiorno di casa di mia zia, c'è - aperta sempre alla stessa pagina - l'antologia di mio cugino che ora frequenta la terza liceo. È il primo volume di Letteratura Letterature, edizione Zanichelli.
L'altro giorno, mentre la sfogliavo, tenendomi accuratamente alla larga dal burrone ai cui piedi sta il lacrimoso labirinto dei ricordi di scuola - pericolo aggravato dalla visione di Immaturi - da un lato provavo la stessa sensazione che avevo provato al primo contatto con la mia antologia del liceo, il mitico Sistema letterario di Guglielmino e Grosser. Una sensazione di completezza: come se, una volta letto tutto il volume, si sapesse tutto ciò che c'è da sapere sui protagonisti e sulle opere della letteratura italiana dal '200 al '500.

Ma ora, a differenza di 16 anni fa, alla sensazione di completezza si affianca la sua opposta. Di incompletezza, per l'appunto; e di distacco da quell'universo letterario cui, al contrario, il manuale dovrebbe avvicinare.
Come se, cioè, il manuale mi dicesse hey boy, il Decameron non si legge senza permesso!

Una volta, in quarta liceo, lessi qualcosa "senza permesso" : il secondo canto della Gerusalemme Liberata, tra l'episodio di Olindo e Sofronia e l'arrivo dei cristiani a Gerusalemme. Lo nominai in classe, e il prof fece cadere il discorso sull'istante. Probabilmente doveva solo proseguire col programma, ma mi fece passare la già scarsa voglia di leggere le parti non incluse nell'antologia.

E la voglia era scarsa per un'altra, secondo me, pecca dell'approccio antologico: poiché i testi sono relativamente brevi, di essi devi sapere tutto. Stile, linguaggio, ritmo: tutto esaminato nei dettagli. E quando arrivava il momento di una lettura integrale, a me prendeva l'ansia di dover fare l'analisi di ogni frase.

L'anno successivo, studiando letteratura inglese, fu ancora peggio: autori che teoricamente avevamo studiato, ma dei quali di fatto non avevamo letto nemmeno una riga. Ann Radcliffe, per dirne una; Thomas Gray; quell'Arnold Bennett bersaglio delle critiche di Virginia Woolf. Ma stavolta non dissi al prof che avevo letto per intero la Ballata di Coleridge, e non solo le prime tre parti.

Da questo e da altri episodi mi nacque il fastidio anche solo per la parola: antologia. Anche se, letteralmente, significa scelta di fiori. Ieri pomeriggio, a Voi siete qui, Matteo Caccia chiese a Gabriella, insegnante di lettere in una scuola media della provincia di Asti, che aveva raccontato la sua fuga dal Natale, quale argomento stesse trattando con i suoi allievi appena prima delle vacanze. "In antologia stavamo trattando l'articolo di giornale," rispose Gabriella. Ma che materia è antologia? La materia semmai è italiano scritto!

Canzone del giorno: Go Periscope - Chick Flick Tears.

sabato 24 dicembre 2011

Buon Natale!


Ciao a tutti, ragazzacci!

Innanzitutto grazie per gli auguri!!! Solo adesso riesco a tornare sui vostri blog (e anche sul mio); ma la cosa più importante è che ho passato anche il secondo esame di dottorato e mi è stato confermato che l'anno prossimo sarò ancora lì!

Vi do appuntamento a fra pochi giorni e auguro a tutti voi un felice Natale! Vi saluto con la versione greca di Jingle Bells, insegnatami dalla mia tandem ateniese!

Τρίγωνα Κάλαντα

lunedì 12 dicembre 2011

I think I'll take a moment, celebrate my age...

Gente, fra un anno esatto sarà il 12/12/12: si è detto che il mondo finirà e io compirò 33 anni. Gesù morì (e risuscitò) a 33 anni... devo grattarmi? xD


I think I'll take a moment, celebrate my age;
the ending of an era and the turning of a page; (mai come quest'anno posso dire che la mia vita è cambiata...)
now it's time to focus in on where I go from here; (ecco, appunto, perché il contrario l'ho fatto troppe volte)
Lord have mercy on my next thirty years! (direi che è il caso, vero Gesù?)

Hey, my next thirty years I'm gonna have some fun: (per almeno un po', a dire il vero, ci sarà da stringere la cinghia: ma ciò non esclude l'have fun, nevvero?)
try to forget about all the crazy things I've done; (sarebbe già un primo passo)
maybe now I've conquered all my adolescent fears; (certo, certo: fidati!)
and I'll do it better in my next thirty years!

My next thirty years I'm gonna settle all the scores: (anche perché non ho altra scelta)
cry a little less, laugh a little more; (e anche questo sarebbe un buon traguardo)
find a world of happiness without the hate and fear; (and with a little money: what do you think about it, Tim?)
figure out just what I'm doing here, (questo è meglio che lo scopra adesso e non entro 30 anni!)
in my next thirty years!

Oh my next thirty years, I'm gonna watch my weight: (ci siamo proprio...)
eat a few more salads and not stay up so late; (se ciò volesse dire non dover lavorare fino a notte inoltrata 3 volte a settimana, andrei a letto anche alle 10...)
drink a little lemonade and not so many beers; (... una Radler?)
... maybe I'll remember my next thirty years! (ecco, appunto!)

My next thirty years will be the best years of my life; (meglio di quest'ultimo ci vuole poco!)
raise a little family and hang out with my wife;
spend precious moments with the ones that I hold dear; (da subito!!!)
make up for lost time here,
in my next thirty years!

venerdì 9 dicembre 2011

martedì 6 dicembre 2011

Io sono un piagnone (e stavolta parlo italiano)


Io e Sabrina ci sentivamo ogni tanto su skype o facebook. Sempre più di rado, tuttavia, poiché i suoi impegni si moltiplicavano ogni giorno: primo fra tutti, l'organizzazione del matrimonio.
Mi dava fastidio però essere sempre io a cercarla, mentre ogni tanto sul suo profilo facebook comparivano cose come quante cose che si scoprono andando a vivere lontano: le persone che veramente tengono a te e quelle che non si fanno mai sentire... che bella la selezione naturale!
Un giorno glielo confessai. Lei mi disse che quelle frasi erano riferite a delle sue amiche storiche, che le avevano dato dell'egoista; e mi promise che, la volta successiva, mi avrebbe contattato lei.

Due giorni dopo, mio padre morì.

Lei lo sapeva - gliel'avevo detto io - ma passarono i mesi, e lei non si fece mai sentire, neanche per un semplice come va?

Poco dopo la metà di settembre, sul suo profilo facebook comparì: le parole dei nemici non faranno mai male come i silenzi degli amici.
Ormai mi dava ai nervi anche solo leggere il suo nome. Non mi trattenni più, e le commentai da che pulpito...
Sabrina inizialmente non capì - o fece finta di non capire; poi, mi scrisse in privato pregandomi di non prendere sul personale le sue frasi sull'amicizia: per lei sono pochi gli amici con cui tiene a mantenere i contatti, di conoscenti ne ha troppi e non tiene a mantenere con loro i contatti.

Era la scintilla che mancava per far esplodere la miscela. In sintesi, ciò significava tu vali meno di una cacca - e non ci sarebbero problemi, ma in questo caso eviti promesse che poi non mantieni, specialmente con qualcuno che ha appena perso suo padre.
Chiunque fosse stata la sua ex amica che le aveva dato dell'egoista, aveva perfettamente ragione.

Sabrina mi rispose che parlavo senza sapere nulla: che questa persona si era offesa per non essere stata invitata al matrimonio (e direi!), e questo ai suoi occhi era un atteggiamento infantile. Appunto, ai suoi occhi: quello che provano gli altri non conta. I sentimenti sono seghe mentali.

Mi disse che io sono una persona profondamente disturbata, che casi come il mio ne vede ogni giorno al lavoro, che le mie parole non la feriscono minimamente: per me che la accuso di essersene fregata, ci sono cento persone che possono testimoniare che lei è stata sempre presente nelle loro vite. (Come dire: in un paese di cento abitanti ci sono novantotto persone che muoiono di fame e due con una villa principesca; il paese è ricco. Le persone sono numeri.)
Mi disse di aver conosciuto molte persone che avevano perso i genitori, ma che nessuno avesse reagito come me (come me? ma che ne sai? mi hai visto tutti i giorni?).
Mi disse che nessuno mi sopporta, che dopo quell'ultima volta che ci eravamo incontrati i suoi amici le avevano chiesto di non invitarmi più, che io mi ero elevato a protagonista della serata mentre nessuno me l'aveva chiesto (forse, mia cara, bastava che tu non mi umiliassi davanti a tutti, dandomi del piagnone perché tu, lasciata dopo una storia di sei anni dall'uomo della tua vita, stavi già bene dopo tre mesi, e ci saremmo rilassati sia tu che io).
Mi disse che io non so mettermi nei panni degli altri, che quando qualcuno mi confida un suo problema io parto con ah, tu non sai cosa è successo a me..., per questo ho due amici in croce con cui litigo una volta sì e l'altra pure.

Solo da una persona avevo sentito queste parole, prima di Sabrina: la mia prima ragazza, dopo che ci eravamo lasciati, e che cercava di fare leva sulle mie fragilità affinché io mi rifugiassi nuovamente tra le sue grazie.

Su una cosa Sabrina ha ragione: viviamo su due pianeti diversi. Io, un'amica che giudica il mio dolore, per la quale le persone sono numeri e i sentimenti sono seghe mentali, non la voglio. Anche se può insegnarmi a vivere felice.

Canzone del giorno: Kasabian - Velociraptor!

lunedì 5 dicembre 2011

L'ultimo mese #4 (2)

Contravvengo già da subito alla regola che vuole il contenuto del post relativo alla data di pubblicazione; ma ieri ero proprio di corsa, per cui... Ciò che avrei scritto ieri!


Geschenkszeit.
Ossia: tempo di regali. Parola inventata durante la conversazione con Hyra, la mia tandem di tedesco; e, in effetti, questa parola esiste.
La mia famiglia, però, quest'anno non avrà da me regali per Natale. Al massimo, un pensierino simbolico. Non ho soldi: non è colpa mia.

Pensiero durante la Messa: se durante il prefazio, alle parole per Cristo nostro Signore, i fedeli rispondono con un amen che non ci va, colui che celebra si ponga qualche domanda.

domenica 4 dicembre 2011

L'ultimo mese #4


Geschenkszeit.
(Il resto dei commenti a dopo: ora sono di corsa - e non per fare acquisti natalizi!)

venerdì 2 dicembre 2011

L'ultimo mese #2

Prendo la palla da MichiVolo (la quale, a sua volta, l'aveva raccolta da Zelda e Wonderland) e comincio anch'io, seppur con un giorno di ritardo, il mio calendario d'Avvento virtuale!

Le regole sono semplici:
  • intitolare il post: L'ultimo mese con accanto il numero del giorno (come nel post che state leggendo); 
  • mettere una foto, possibilmente scattata da voi o da un vostro amico, che rappresenti un momento della vostra giornata (la giornata del post);
  • (facoltativo) inserire una breve didascalia e/o una canzone (magari con un link su YouTube).
Ed ecco la foto di oggi:


I polsi mio e di Tamara, compagna di Giornata Mondiale della Gioventù a Madrid, che oggi è venuta a Padova.
Il braccialetto bianco e giallo con le frasi di Giovanni Paolo II (No tengas miedo - Non abbiate paura) e Benedetto XVI (Concilio y tradición - Concilio e tradizione) l'abbiamo preso - anzi, ci è stato regalato - in un Autogrill madrileno; l'altro, con i colori della bandiera spagnola, è opera di Tamara.
Dalla JMJ a oggi, non li ho mai tolti: neanche sotto la doccia.
Giuro che non sapevo che oggi Tamara sarebbe scesa a Padova, ma ho indosso anche la maglietta della JMJ!

La canzone non può che essere l'inno: Firmes en la fe. Mi mancate ragazzi!!!!

giovedì 1 dicembre 2011

Είμαι γκρινιάρης (μα μιλάω Ελληνικά)

Ossia: io sono un piagnone (ma parlo greco) (*) - anzi, forse proprio per questo sono un piagnone.

Questa è la prima parte - per ragioni di lunghezza - della storia della conoscenza tra me e Sabrina. Iniziata il 20 ottobre 2008, terminata esattamente 35 mesi dopo.

La sera di lunedì 20 ottobre 2008 partecipai alla mia prima lezione di tedesco. In quel periodo stavo lavorando alla tesi, e poco meno di due mesi prima ero stato lasciato. Il Deutschkurs e il laboratorio teatrale erano fondamentalmente le uniche cose che mi distraevano dal domandarmi, imbambolato, perché io e S. non stessimo più insieme.

Il clima, tra gli aspiranti germanofoni, fu presto da classe di liceo. Spesso ci vedevamo anche al di fuori del corso, per uno spritz o due passi in centro.
Due ragazze studiavano il tedesco perché fidanzate con ragazzi tedeschi, e una di loro era Sabrina. Classe 1978, psicologa.
Di lei mi colpirono immediatamente la determinazione e l'indipendenza. Soprattutto un anno dopo, quando costei, che per giunta aveva appena aperto il suo studio, decise di trasferirsi in Germania, da colui che in seguito sarebbe diventato suo marito.
Era molto diretta, e lo apprezzavo: anche quando secondo lei mi facevo troppe pare.

Dopo il trasferimento in Germania, ogni tanto Sabrina tornava in Italia per un weekend, e ci incontravamo, noi ex corsisti e altri suoi amici.

Ad uno di questi weekend, nel marzo 2010, io non ero propriamente gioioso. Una ragazza si era comportata molto male con me: ero deluso e arrabbiato. Forse avrei dovuto starmene a casa, ma speravo di distrarmi un po'.
Poiché, tuttavia, il mio volto non sa mentire, i presenti mi chiesero se qualcosa non andasse, e io ammisi.
Sabrina non mi fece finire neanche la prima frase, e partì con la filippica: tu ti fai condizionare troppo, non devi dare peso a queste cose, le persone vanno e vengono, e bla bla bla. Tutte cose vere, probabilmente: ma non era né il momento né il luogo. E poi, santiddio, ma perché della gente si sente sempre in dovere di darti consigli, magari facendoti pure la paternale davanti a estranei e facendoti sentire un povero deficiente?
Nessuno ha loro insegnato la regola fondamentale: mai contraddire una persona ferita?
Nessuno ha insegnato loro che, 9 volte su 10, una persona ferita sa già qual è la strada per stare meglio, ma che magari non ha voglia di prenderla subito?
O quantomeno, che a volte ha solo bisogno di essere ascoltato?

Purtroppo, con questi individui e nelle suddette circostanze, il mio karma va a farsi benedire. Offrendo loro un destro formidabile per darmi del disturbato e suggerirmi di trovare un bravo terapeuta. Sarebbe bastato parlare d'altro e io sarei stato la persona più di compagnia del pianeta.

Inutile dire che la serata fu un disastro. Ma, alla fine, io e Sabrina chiarimmo, e amici come prima... o quasi.

(continua)

Canzone del giorno: Lorie - Ensorcelée.

(*) Per una cosa devo ringraziare Sabrina: avermi fatto trovare finalmente una parola che inizia con γκ, che in greco moderno è un'unica lettera e si pronuncia g.