giovedì 31 maggio 2012

Del significato della parola "str***ata"

Che l'Italia sia un Paese emotivo non è una novità; e in questi giorni di paura per il terremoto in Emilia, l'emotività si sta concentrando sulla parata militare del 2 giugno. È uno spreco; non ha senso festeggiare una Repubblica delle banane; lo Stato ha sempre soldi per le str***ate e mai per le cose utili.

Ora, è ovvio che, di fronte a gente che ha perduto la vita sotto le macerie, o costretta a vivere in baracche, gli eventi festosi perdono di importanza o appaiono fuori luogo. Ma, a parte il fatto che ormai i soldi per la parata sono stati spesi e non possono essere richiesti indietro, ora è la parata ad essere una str***ata, e la prossima quale sarà? Il cinema? Le biblioteche civiche? Le borse di studio Erasmus?

E soprattutto, perché solo adesso ci si ricorda che i soldi per la parata potevano servire anche ai terremotati dell'Abruzzo?
Lo sapete anche voi, il perché.

Canzone del giorno: Mietta - Baciami adesso.

domenica 20 maggio 2012

I bei tempi

Instagram, uno dei più popolari programmi per smartphone, applica filtri invecchianti alle fotografie. Molte suonerie ricalcano quelle dei vecchi telefoni a disco della Sip. Nei negozi di musica (sempre meno, a dire la verità) sono tornati i dischi in vinile. Egle Santolini, il 5 gennaio, affermava che il presente ha un cuore vintage. Francesco Bonami, il giorno dopo, rilanciava: oggi viviamo vintage perché i giovani sono codardi rampanti - mi permettete un sano sticazzi? L'ultimo Salone del libro di Torino è stato dedicato, in larga parte, al libro elettronico, e Bertram Niessen parla dei dead media e del futuro del libro aumentato.

Appunto: le musicassette e le VHS. I segnali stradali di divieto di svolta o di inversione a U. Le lampadine a incandescenza. Il maestro unico alle elementari. La benzina rossa. Il giallo assieme al verde nei semafori. Non digitare il prefisso per telefonare in città. I pantacollant che si chiamavano magari fuseaux: i leggings non bevevano neanche il latte di mamma. La televisione analogica. Portare i rullini a sviluppare. Copiare le ricerche scolastiche a mano dalle enciclopedie (cartacee). Le lire. Telemontecarlo. L'intervallo Rai con l'arpa e i paesaggi. Lunedifilm con il gabbiano di celluloide e la musica di Lucio Dalla e degli Stadio. I contenitori piramidali del latte. I distributori di biglie. Le dispense a fascicoli con i quotidiani. I biscotti di Nonna Papera. Gli amici di penna. Iscriversi agli esami universitari scrivendo a mano il proprio nome sulla bacheca. I quadratini di carta sugli autobus, sotto l'obliteratrice. L'ufficio oggetti smarriti nelle stazioni ferroviarie. Lo starter manuale sulle automobili. Il Festivalbar.

Credo ci sia un'età critica, prima della quale l'uomo accoglie con entusiasmo ogni novità e dopo la quale, al contrario, le rifiuta. Anche le più stupide, come il cambio di nome della Omnitel, oppure il cambio di colore della maglia di miglior scalatore al Giro d'Italia. Devo ancora accertare se la transizione dalla prima alla seconda fase sia netta oppure graduale.

Ma io credo di aver raggiunto, e superato, quell'età.

Canzone del giorno: Morning Parade - Headlights.

mercoledì 9 maggio 2012

Verona-Verona

Un po' di foto...












  

Canzone del giorno: White Lies - Holy Ghost.

Giornata rosa



Oggi vado a vedere il Giro d'Italia: la quarta tappa, cronometro a squadre a Verona. Partenza da San Zeno, arrivo in piazza Bra.

L'ultima mia presenza alla corsa rosa risale al 2009: il meraviglioso Giro del centenario, dove ho visto quattro tappe e avrei potuto vederne cinque, se il penultimo giorno avessi vinto la pigrizia e preso un treno Roma-Anagni.

Nel 2010 sarei voluto andare sullo Zoncolan, ma mia cugina ebbe la geniale idea di anticipare il suo matrimonio da luglio proprio a quel fine settimana di maggio. Ancora le rinfaccio l'aver dovuto seguire in televisione quella tappa, oltretutto vedendo dall'alto il mio quartiere di Padova.

Anche l'anno scorso il Giro fece tappa sullo Zoncolan, e volevo chiedere a mio papà se aveva voglia di farsi la gita con me.

Non l'avrei mai saputo.

Quando entrai in casa, quel maledetto sabato, trovai la guida del Giro di Bicisport. L'aveva comprata per me.

Il Giro 2011, poi, lo ricorderemo tutti per l'incidente che costò la vita a Wouter Weylandt, il corridore belga che a settembre sarebbe diventato anch'egli papà.

Per tutte queste ragioni, la giornata di oggi non è solo una manifestazione della mia passione per il ciclismo.

Da lassù, ogni giorno Wouter pedala con i suoi ex compagni; e oggi papà sarà lungo le transenne con me.

Musica del giorno: Franz Joseph Haydn - Concerto per pianoforte e orchestra, Hob. XVIII.

mercoledì 2 maggio 2012

Emozioni antiche


Seguendo quasi quotidianamente Italians, il blog/forum di Beppe Severgnini, senza troppa sorpresa osservo che uno degli argomenti che più suscita la battaglia dei commenti è latino e greco antico a scuola. Le scuole migliori sono ancora quelle del vecchio continente (7 novembre): 38 commenti; Bruno Vespa e il greco classico (4 febbraio): 34 commenti; Via greco e latino, dentro il tedesco! (8 febbraio): 174 commenti (!!!); fino a È utile studiare il greco nel 2012?, di venerdì scorso: 51 commenti. Per fare un confronto, la media nella scorsa settimana è stata di 18,4 commenti per articolo.

Non voglio affrontare, nel dettaglio, gli argomenti pro o contro. Sono gli stessi slogan che sentivo vent'anni fa alle assemblee scolastiche; e niente mi fa prevedere che fra vent'anni saranno diversi.

La mia domanda è: perché ci accapigliamo tanto sulle lingue classiche che, in fondo, sono materie scolastiche come tutte le altre? (Mi ci metto anch'io in mezzo, visto che alcuni commenti sono miei.) Perché non c'è lo stesso fervore su un'eventuale riforma dell'insegnamento della matematica, o sull'illustre assente musica?
  • L'accusa di inutilità. Non si contano gli anni da quando greco e latino, specialmente dall'ambiente imprenditoriale, finanziario, scientifico - o meglio, dalla presunzione degli strillanti - sono accusate di essere materie inutili, buone solo per mantenere e perpetuare la casta dei loro docenti.
  • L'aura di sacralità. Se abracadabra (e Avada Kedavra) viene dall'aramaico, non è un caso che J. K. Rowling abbia scelto il latino, per le formule magiche di Harry e compagni. Alcune preghiere e canti religiosi sono in latino, così come alcuni termini giuridici. Don Abbondio, per mettere a tacere Renzo, usa il latino. Nelle pagine culturali dei quotidiani, un deus ex machina o una techné compaiono sempre. Quando qualcosa ci è incomprensibile, ci sembra greco.
  • L'aura di purezza. Proprio perché accusate di rubare tempo a conoscenze più spendibili sul lavoro, greco e latino passano per i baluardi del "sapere disinteressato" . È da qui che viene - in opposizione ai summenzionati presuntuosi strillanti; e chiedersi chi ha cominciato equivale a chiedersi se è nato prima l'uovo o la gallina - la spocchia di certi ex classicisti che magari si vantano di non capire nulla di scienza, autori di sparate come volete mettere la bellezza del greco con l'aridità dell'inglese?
  • L'avallo del mondo culturale. In Italia, cultura è sinonimo di lingue antiche. Non per profitto, il saggio di Martha Nussbaum in difesa della cultura umanistica, è stato fatto passare, persino nella prefazione - di Tullio De Mauro - per un appello al mantenimento delle lingue classiche nell'istruzione superiore, mentre a ciò non c'è il benché minimo cenno. È documentata l'umiliazione del matematico Federigo Enriques ad opera di Benedetto Croce, il quale trattava la matematica come mera tecnica di calcolo, non degna di essere cultura. Non passa un anno in cui non esca il puntuale studio che dimostra come il liceo classico sia la scuola che meglio prepara all'università, grazie al metodo di studio che solo il greco e il latino sanno impostare.
  • L'obbligatorietà di fatto. È vero che esistono tante scuole superiori dove non si studiano le lingue classiche, ma almeno fino agli anni delle mie medie, se eri bravo andavi al classico. Lo scientifico, il linguistico... sono, di fatto, varianti del liceo classico: al liceo scientifico - quantomeno prima della riforma Gelmini - c'erano più ore di latino che di matematica. Il liceo scientifico-tecnologico, senza latino - ora liceo delle scienze applicate - nacque solo nel 1992, e di certo non si diffuse subito in tutta Italia. Fino al 1969, il liceo classico era l'unica scuola che permetteva l'accesso a tutte le facoltà universitarie; e fino al 1977, per accedere ai licei non era consentito rinunciare al latino alla scuola media.
  • La nostalgia. Anche se eravamo i più somari della classe, o se l'abbiamo studiato controvoglia, a distanza di anni i pomeriggi trascorsi nel tentativo di decifrare le "versioni" a colpi di Castiglioni-Mariotti o di Rocci/Montanari ci suscitano inevitabilmente un sorriso. Ancora più sincero quanto più severo era il nostro insegnante.
  • La soddisfazione. Intuire il significato di una parola ricostruendone l'etimologia dà una soddisfazione immensa. Anche se, va detto, conoscere latino e greco aiuta ma non è indispensabile: io ho studiato solo latino, eppure riuscivo spesso a individuare il significato di termini di origine greca.
Tutto questo per dire cosa? Che, alla fine della fiera, latino e greco non sono due materie come tutte le altre. Non perché siano più importanti o più utili culturalmente, ma perché appartengono più ai sentimenti che alla razionalità. Sulla matematica non c'è lo stesso fervore perché meno persone ne sono emotivamente coinvolte, in parte a causa della generale indulgenza sulla sua ignoranza: quante volte sentiamo dire, in televisione, qui ci vuole un matematico anche se c'è semplicemente da sommare due frazioni?
E la musica? Più coinvolgente di questa c'è poco, ma è da tanti anni assente dalle nostre scuole che diamo per scontato che ad essa si provveda privatamente.

Canzone del giorno: Guillaume Grand - Toi et moi.