lunedì 28 ottobre 2013

Offertorio e Consumazione


Ieri pomeriggio, alla rassegna organistica di Vittorio Veneto, il M° Roberto Bonetto ha eseguito, tra gli altri, un Offertorio e una Consumazione, adattamenti di melodie verdiane ad opera di Paolo Sperati.

Nel presentarli, il direttore artistico della rassegna, M° Roberto Padoin, raccontò come in Italia fosse usuale, nel periodo d'oro dell'opera lirica, eseguire durante la Messa adattamenti organistici di celebri arie. Tale prassi scomparve con il movimento ceciliano, culminato nel Motu Proprio Inter Sollicitudines di papa Pio X che esplicitamente la vietò; e solo pochi anni fa il repertorio organistico "operistico" ritornò in sede concertistica.

Tra il pubblico, ieri, era presente un prete che conosco: deve essere un amante dell'opera, visto il suo compiacimento alle prime note di "Stride la vampa" del Trovatore.

Due considerazioni:

  • chi ora si scandalizza per le chitarre in chiesa perché "la chitarra è uno strumento profano" , ascolti cosa si sentiva, in chiesa, un secolo e mezzo fa. Viva i ceciliani, viva don Lorenzo Perosi; e prego che a quel prete non vengano strane idee (conoscendolo, non credo ;-));
  • la musica di Verdi, in fondo, non è poi così male. Peccato che i cantanti non stiano zitti.

venerdì 18 ottobre 2013

Io e gli artisti

Era il 15 dicembre 2007.
Diana Tejera, ex voce dei Plastico, tenne un concerto in un bar di Conegliano assieme a Barbara Eramo, che gli appassionati di Sanremo ricordano nel duo Eramo & Passavanti.
Erano trascorsi più di sei anni, dall'estate in cui avvertivo talvolta strani sintomi; io andai da Diana, alla fine dell'esibizione, e le chiesi un autografo sul primo album del suo vecchio gruppo, Sensibile al tatto.
Non dimenticherò mai il sorriso di Diana esplodere davanti a me. Era lei più felice di me!
In quell'istante, tutta la timidezza che fino ad allora avevo provato nei confronti degli artisti morì sul colpo.


Un po' di invidia, in verità, la provo sempre. Perché anche un bambino dell'asilo disegna meglio di me; e perché prendere lezioni di musica è ancora un sogno, per mancanza di tempo e di denaro.
La mia famiglia sarebbe stata felicissima di iscrivermi ad una scuola di musica: mia zia, sorella di mio padre, per un periodo mi martellò affinché studiassi violino, e forse fu per questo che io mi rifiutai sempre, per poi rimpiangerlo e riempirmi di rancore.

Anche se, da quattro anni, recito in una compagnia teatrale amatoriale (stasera andrò in scena!) e da poco più di un anno canto nella schola cantorum del duomo di Padova.

Complice, forse, il fatto che l'invidia spesso è reciproca - perché io capisco la matematica, perché non ho timore di parlare in pubblico... - mi sono sorpreso di me, in questi ultimi anni. Con l'organista Roland Muhr, per esempio. Oppure, sempre parlando di organisti, con James David Christie, che venne un anno fa a suonare a Sant'Antonio Abate.

Non sono mai particolarmente prodigo di complimenti. Con l'artista preferisco parlare delle opere, di come sono state realizzate; a cosa sono ispirate, o magari la difficoltà nell'eseguirle.

Né mi faccio problemi a dire che una certa opera non mi è piaciuta. Non importa chi sia l'artista. Se è un parente o un amico, tanto meglio; sebbene mi ritenga fortunato a vivere a distanza di sicurezza da una cugina di settordicesimo grado che studia canto lirico, in quanto mi imbarazzerebbe assai cercare ogni volta una scusa per zompare gli inviti ad ascoltare Verdi, Puccini o Donizetti che a me, francamente, fanno lo stesso effetto di una tanica di Guttalax.

Ciò non toglie che, quando amici e parenti non vengono ai miei spettacoli, ci rimanga male. Lo so, mi contraddico: ma se non lo facessi, che artista sarei?

Canzone del giorno: Giuseppino del Biado - Fuggi fuggi fuggi (Il Ballo di Mantova).

mercoledì 9 ottobre 2013

Gerontocrazia, fascino, mappe e allievi

A volte penso che l'italica gerontocrazia nasca nel momento in cui, da bambini, ci rimproverano: "Porta rispetto per chi è più vecchio di te!" anche quando il vicino ottantenne se la prende con noi senza motivo.

A volte penso che alcune persone ci affascinano, e poi scopriamo che in un'ora ci hanno già detto tutto.

A volte penso che anche assegnare i colori ai valori di una funzione, per una mappa bidimensionale, possa essere annoverata come attività artistica.


A volte penso che un allievo che, tornando da scuola con te in pullman, ti dice "però, mi piace che lei ci parli di libri e di film!", ti confermi che il tuo è il lavoro più bello del mondo.

Canzone del giorno: Shaka Ponk - I'm Picky.

lunedì 7 ottobre 2013

Scritti sui banchi, e la scuola di massa e il precariato

Forse è banale dire di aver apprezzato Scritti sui banchi; l'italiano a scuola tra alunni e insegnanti, un'indagine ad ampio spettro dell'attuale situazione dell'italiano scritto, e del suo insegnamento, nelle scuole superiori dello Stivale, perché i due autori non hanno ceduto alla tentazione del florilegio di castronerie. Ma lo dico lo stesso.


Il florilegio di castronerie - e di luoghi comuni - non me lo sarei aspettato, d'altra parte, quantomeno da Luca Serianni, italianista, accademico dei Lincei e autore di diversi saggi sull'insegnamento dell'italiano a scuola. Grazie a lui, d'ora in poi userò più spesso la parola menda; e anche se insegno materie scientifiche, anch'io userò la matita verde accanto a quella rossa e blu, per evidenziare le cose buone.

E forse mi contraddico se propongo una tiratina d'orecchie a Giuseppe Benedetti per l'ultimo capitolo del saggio, nel quale costui analizza, nel corso degli anni, i temi di quattro alunni dell'istituto nel quale insegna. Il quadro che ne esce è decisamente troppo roseo, se non altro perché troppo poco significativo è il campione: quattro studenti, seppure non tutti secchioni, di uno dei più prestigiosi licei classici della Capitale. Inoltre, l'autore pare non tenere conto che alcune statistiche sono viziate: per esempio, viene fatto notare che gli alterati (diminutivi, vezzeggiativi...) si riducono drasticamente di numero nel passaggio dal ginnasio al liceo; tuttavia, tra gli alterati dei temi del ginnasio figurano palazzotto e signorotto, chiaramente mutuati dai Promessi Sposi, che si studiano al secondo anno.

In svariati punti del saggio fanno capolino, complice l'età degli autori nonché l'età media degli insegnanti, i dibattiti di alcuni decenni fa contro "l'italiano dei temi" e per un migliore insegnamento della grammatica. Chi è più grande di me può avervi assistito in prima persona; e sarei molto curioso di sapere cosa veramente veniva detto, con quale spirito si partecipava alla discussione.

Ogni tanto, sui quotidiani o sulle riviste, tali polemiche compaiono ancora: ma la sensazione che danno, anche a me che ho "solo" 33 anni, è di scontato, di vecchio. Correggetemi se sbaglio, ma ho l'impressione che quaranta-cinquant'anni fa, quando sempre più ragazzi frequentavano la scuola, ci fosse davvero la volontà di migliorare. Anche perché lavorare nella scuola era relativamente facile.

Oggi, molti insegnanti di lettere sono gli stessi che erano entrati allora, con quarant'anni di esperienza e di disillusione alle spalle; e le nuove leve sono sballottate da una scuola all'altra, da una settimana di supplenza all'altra, con il futuro sempre più precario e politiche scolastiche sempre più scriteriate.

Come si può pretendere di fare della buona didattica, in queste condizioni?

giovedì 3 ottobre 2013

La colonna sonora della vita: primavera 2013

C'è un motivo per cui l'Alleluia di Pierangelo Sequeri - Ed oggi ancora... - è il mio preferito: perché si basa su una progressione armonica. Ovvero: la stessa frase musicale ripetuta ogni volta nella tonalità immediatamente superiore o, più spesso - ed è il caso del suddetto Alleluia - nella tonalità immediatamente inferiore.

Io amo le progressioni. Forse perché rassicurano, col loro essere sempre uguali a loro stesse, e al tempo stesso evolvono, metafora del trascorrere del tempo, sovente con un effetto malinconico.

Non so se Sequeri conoscesse la Passacaglia dalla Suite n. 7 per clavicembalo, HWV 432, di Georg Friedrich Händel. Forse no, perché in fondo le progressioni in musica sono onnipresenti. Ma la somiglianza è impressionante.