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giovedì 16 novembre 2023

Due pesi e due gaffe

Sul Fatto Quotidiano di ieri, Alessandro Cattelan prende le difese di Francesca Michielin, dopo l'ormai virale gaffe su Ivan Graziani.

Caro Cattelan, te la ricordi Alice Sabatini? La Miss Italia 2015 che, intervistata da Claudio Amendola riguardo a un'epoca in cui le sarebbe piaciuto vivere, rispose: "nel 1942, per vedere realmente la Seconda Guerra Mondiale: tanto sono donna, il militare non l'avrei fatto, sarei stata a casa con la paura"? La ragazza, all'epoca, aveva 18 anni: non ricordo difese da parte tua nei suoi riguardi, quando fu presa a pesci in faccia. Sempre parlando chi "dice una cosa sbagliata e la sua storia viene cancellata completamente", cosa mi racconti di quelle persone, con una carriera a cui ci si può solo inchinare, che per aver pronunciato una frase in contrasto con la propaganda liberal-progressista e guerrafondaia vengono riempite di guano da gente che ha appena finito di ciucciare il latte di mamma? Non ricordo difese di queste persone da parte tua, ma ti capisco: le avessi difese, l'Eurovision Song Contest l'avresti guardato dal divano di casa.

Io non ho mai sentito Francesca Michielin suonare: delle persone che ci hanno avuto a che fare dicono che sia brava. Ma allora perché nella vita non fa questo? Perché vuole fare la direttrice d'orchestra quando è palesemente inadatta? Perché vuole fare la presentatrice infilando una gaffe dietro l'altra? E no, caro Cattelan, le sue gaffe non sono come quelle di Mike Bongiorno, tipo "Paolo sesto? Ahi ahi ahi, amici ascoltatori, la risposta esatta era Paolo Vì!" Mike non sbandierava i suoi titoli - anche perché non ne aveva. Non posso sentir dire da un musicista che Bellissima di Annalisa è una canzone "armonicamente molto complessa"! Se una canzone con i classici quattro accordi è armonicamente molto complessa, una fuga di Bach allora com'è?

Chiunque ha il diritto di commettere errori e anche di fare gaffe. Ma, come dice la saggezza popolare, più alto è il piedistallo sul quale vi ergerete, più vi farete male quando cadrete.

venerdì 9 dicembre 2022

Meno male che c'è Maître Gims

Sì, lo so che Simone Cristicchi preferiva Carla Bruni, e infatti mi compare su Spotify, tra le nuove uscite, una canzone dove c'è Carla Bruni.

Mi compare perché è ospite di un singolo di GIMS, che seguo: Demain.

Va be', devo proprio ascoltarla?, mi chiedo. Ma sì, a Natale siamo tutti più buoni...

Tout est devenu clair le jour où tu m'as pris la main
Montré le chemin
Alors j'ai regardé l'univers me sourire
Me dire que tout ira mieux demain

Je serai, je serai là si tu tombes
Je serai, je serai là pour t'attendre
Je serai, je serai là si tu tombes
Je serai là pour t'attendre

Intanto seguo il testo, e penso che non desidererei altro che qualcuna a cui dire parole come queste... Va be', si tratta di fantascienza.

Però con Elisa no, non ce la faccio. Neanche se canta coi Muse.

martedì 6 dicembre 2022

Leo Gassmann

Disclaimer per i miei nuovi lettori: io non perdo un'edizione del Festival di Sanremo dal 1986. Col mio conquilino storico, la settimana precedente la rassegna, prendiamo TV Sorrisi e Canzoni e facciamo l'esegesi dei testi. Quindi, se volete convincermi a non seguire la prossima edizione, io vi convinco a leggere qualcosa che non sia questo post 😁

Il primo nome che mi è saltato all'occhio, quando ho letto la lista dei partecipanti a Sanremo 2023 - cui, lunedì prossimo, si aggiungeranno altri sei nomi da Sanremo Giovani - è quello di Leo Gassmann.

Leo Gassmann è il candidato perfetto ad essere la nuova Anna Tatangelo. Dopo un'edizione vinta tra le nuove proposte (Leo Gassmann nel 2020, Anna Tatangelo nel 2002), è il nome che ad ogni edizione di Sanremo deve piacere a forza sia alle nuove che alle vecchie generazioni. E che puntualmente scompare dopo la finale. Non ho mai capito perché su Anna Tatangelo si sia insistito così tanto; su Leo Gassmann la ragione è fin troppo evidente.

Avevo capito l'antifona già al Sanremo Giovani che gli aprì la strada alla vittoria nelle nuove proposte quando, con una lagna mortale, il rampollo batté Thomas, che invece presentava una canzone discreta.

Nel mio piccolo, voglio rendere giustizia al battuto.

mercoledì 21 settembre 2022

Che cosa faccio venire in mente?

Alla fine dello scorso agosto venne a trovarmi un amico polacco, e domenica 28 lo portai a Ferrara. Dopo il castello estense, l'idea era di visitare anche la cattedrale o palazzo Schifanoia, ma ben presto ci rendemmo conto che la cosa più interessante era all'aperto. Era l'ultimo giorno del festival degli artisti di strada, e neanche io ci ero mai stato, nonostante sapessi della sua esistenza.

Mentre giravamo da un artista all'altro, io mi imbattei in un ex collega che non vedevo da parecchi anni, il quale mi disse: sai, vedendo tutti questi musicisti pensavo di incontrare proprio te, visto che sei così coinvolto in queste attività...

Caddi dal pero. Eravamo stati colleghi per un anno scolastico, e poi alcuni anni dopo quando io tornai in quell'istituto come commissario esterno di maturità: ci eravamo parlati, ma non così tanto. Forse, nelle conversazioni, avevo raccontato qualcosa del coro dove cantavo; oppure che avevo cominciato a studiare pianoforte da autodidatta.

Ma non pensavo proprio di poter essere associato ad attività musicali. Alla fisica o alla matematica, magari. Oppure alla noia: tante prese in giro a scuola lasciano il segno.

Sono soddisfazioni. E, nel frattempo, ora ho un'insegnante di pianoforte.

Canzone del giorno: Pixies - Vault of Heaven.

domenica 11 settembre 2022

Io non mi pento

Teresa De Sio è uno di quei personaggi della musica italiana di cui conosco praticamente solo il nome: come di Claudio Villa, Oscar Carboni o Carla Boni. O no: in realtà c'è una sua canzone che conosco, ed è quella che dà il titolo a questo post.

Riaprendo la casa dove ho vissuto per tanti anni, e poi rimasta disabitata per altrettanti (v. post precedente), di sicuro trovo i dischi ascoltati e riascoltati. E, scorrendoli, perdo il conto degli oh mamma! davvero sono stato capace di comprare questa roba?

Certo che ne sono stato capace. E non so mentire: me li ricordavo tutti, quei dischi, uno per uno.

Ma, come dice la canzone sopra citata, non è giusto pentirsi di ciò che si è amato. Può darsi che quel gruppo adesso sia inascoltabile ma, molti anni fa, fosse davvero valido: un esempio a caso, i Coldplay. Oppure era fuffa fin dall'inizio ma, all'età che avevo, non me ne rendevo conto (e con me un mucchio di gente): che so, gli Europe. Magari era ciò di cui avevo esattamente bisogno a quell'età.

La cosa non vale solo per i gruppi musicali. Vale anche per gli scrittori; in particolare per i giornalisti; parlando di me, nella fattispecie, per Beppe Severgnini.

Lo trovo più simile agli Europe che ai Coldplay: fuffa fin dall'inizio. Eppure l'ho amato. Ne avevo una stima quasi incondizionata, e lo scrivevo anche qui. Ogni giorno seguivo la sua rubrica sul sito del Corriere della Sera dove pubblica, a volte rispondendo, messaggi dei lettori e mi è capitato, qui, di commentare qualcosa. Lo trovavo giustamente moderato - molti lettori di sinistra gli davano del berlusconiano - e ironico. Piaceva a mio padre, insegnante di inglese e affezionatissimo lettore del Corriere, in quanto conoscitore della lingua inglese e del mondo anglosassone; così avevo cominciato a leggerlo e a seguirlo. Andai pure ad ascoltarlo, due volte: a Milano, quando condusse la presentazione di Lunar Park di Bret Easton Ellis - e quando uno spettatore si rivolse allo scrittore californiano dicendogli "io sono gay, e la amo! Anche lei è gay e mi ama?" - e a Padova, quando presentò il suo L'italiano, lezioni semiserie.

Oggi, mi basta vedere la sua faccia in televisione per cambiare canale in tempo zero. Lo trovo l'esempio perfetto della banderuola furba: la persona che ha sempre le parole giuste per piacere ai benpensanti. A coloro che non mettono mai il naso fuori di casa, e fondano la loro opinione sulla narrazione dei mass media. La sua faccia quando, nel Regno Unito, fu chiara la vittoria del leave al referendum sulla Brexit è qualcosa di indescrivibile. Lui era sicuro che avrebbe vinto il remain: ormai gli inglesi sono cosmopoliti, se sono disoccupati a Exeter non vedono l'ora di andare liberamente a Bonn e fare i disoccupati a Bonn.¹ E invece...

Il motivo, per questo cambio di opinione su Beppe Severgnini? Ce n'è più di uno. Ne cito due, giusto per brevità: l'appoggio, nel 2013, alla decisione del Politecnico di Milano di erogare i corsi di laurea magistrale e di dottorato solo in lingua inglese - stiamo scherzando? un cittadino italiano che non ha il diritto di frequentare, in un'istituzione dello Stato italiano, un corso nella lingua ufficiale dello Stato italiano? - e l'appoggio alla buona scuola di Renzi. A Otto e mezzo pare abbia detto: la buona scuola può non piacere, ma Renzi ci ha provato. Provato a fare cosa, di grazia? I più triti luoghi comuni sugli insegnanti, ha avallato: ecco perché il gradimento di coloro che non mettono mai il naso fuori di casa.

Mentre scrivevo questo post, pensavo: ma se l'ho amato, come mi comporterei con Beppe se me lo trovassi di fronte in questo momento? Cosa vincerebbe, tra la stima del passato - ereditata da mio padre, probabilmente - e la disistima del presente?

Probabilmente, lo guarderei come guarderei Joey Tempest degli Europe: ok, mi hai fatto divertire un po', ma il rock è altra cosa.

¹ Lo so, è una citazione da Beppe Grillo: il Beppomonimo, come lo chiamava lui. Che criticava, quando era di moda portarlo in palma di mano. L'ho fatto apposta!

domenica 4 settembre 2022

Io sono una zebra

ma gli juventini non comincino ad esultare: non mi occupo di squadre minori, e al posto del cuore ho un bidone dell'immondizia. Al massimo possiamo parlare degli zebrahead: Playmate of the Year, ve la ricordate? Sono ancora in attività, per la cronaca.

Il primo commento che ho ricevuto dopo gli oltre otto anni di silenzio riguarda l'ultimo post che li ha preceduti, e che li annunciava - o meglio, che annunciava un silenzio sine die

In tale post constatavo la mia difficoltà nel tenere questo blog aggiornato; nel dare ad esso una linea precisa; nel tenere la barra dritta anche nello scrivere un singolo post. E, al contempo lamentavo la mancanza di interazioni.

Sia uno dei commenti che ricevetti all'epoca che il recente commento sopra menzionato, di fatto, mi fanno capire che si tratta di una contraddizione. Se scrivo in modo ingarbugliato non posso aspettarmi che la gente mi stia dietro, giusto? Mettiamoci che sono pure un insegnante...

Il punto, tuttavia, è proprio questo. Il blog, volente o nolente, rispecchia la mente di chi lo scrive, e la mia non è capace di procedere in modo lineare. O magari, opportunamente educata, lo è, ma è contro la sua natura.

Qualche anno fa - durante il lungo silenzio - una mia amica romana mi parlava delle lamentele delle maestre di sua figlia, e io mi sentivo come se fosse nata, anzitempo, la mia reincarnazione: erano esattamente le stesse lamentele che la mia maestra esprimeva a mio padre, quando ero alle elementari. Si distrae sempre; non segue; contesta tutto.

Non molto tempo dopo, la mia amica scoprì che la figlia è ad alto potenziale cognitivo, o plusdotata, o gifted che dir si voglia: e così scoprii anch'io di esserlo.

Nessuno se ne accorse, di me: si diceva solo che ero molto intelligente. Ma quando ero piccolo, perlomeno in Italia e a maggior ragione in un paese, nessuno sapeva di plusdotazione. Ancora oggi, secondo la psicologa Jeanne Siaud-Facchin, autrice di Troppo intelligenti per essere felici?, gli stereotipi sono tanti: "se è addirittura più intelligente della media, che problemi vuoi che abbia?" È sempre Jeanne Siaud-Facchin ad aver coniato, per chi si trova nella mia condizione, l'appellativo di zebra. Perché le zebre non sono mai state addomesticate dall'uomo: e se è l'uomo stesso ad essere una zebra, capite che c'è una contraddizione intrinseca?

Sul pensiero arborescente di una zebra, e sulle conseguenze di ciò, si possono trovare tantissime informazioni in rete e non serve che qui ve le riporti. Ma questo spiega, per esempio, perché un bambino plusdotato vada spesso fuori tema, nei compiti di italiano: se il compito non ha una consegna precisa, le idee si affollano. Spiega perché, delle volte, lo stesso bambino - o lo stesso adulto, visto che la plusdotazione ce la portiamo dietro per tutta la vita! - dia delle risposte che apparentemente incomprensibili a domande semplici. Semplici per chi non è zebra, s'intende.

E questo spiega perché i miei post siano così ingarbugliati.

Quindi, non meravigliatevi: con le contraddizioni ci vivo da sempre. Anzi, io stesso sono una contraddizione!

Canzone del giorno: zebrahead - You Don't Know Anything About Me.

giovedì 23 gennaio 2014

lunedì 20 gennaio 2014

Yazoo vs. The Rapture

Ve l'avevo mai detto che io adoro trovare le somiglianze musicali?

Yazoo - Don't Go (minuto 0.30)


The Rapture - Olio (dall'inizio; e se non conoscevate i Rapture, male!)

domenica 19 gennaio 2014

"Un giorno salterà fuori!"

Stanotte ho sognato una cantata in compagnia.
Non chiedetemi perché, perché io detesto le cantate in compagnia. Adoro cantare, ma sono un fottutissimo snob, e le canzoni "che sanno tutti" non le sopporto.
C'erano Andrea e Chiara, miei compagni di liceo. Il primo, musicalmente, me lo ricordo perché con Davide, altro nostro compagno, durante una gita a Perugia cantava da mane a sera Qui comando io di Gigliola Cinquetti.


Chiara, invece, era appassionata di Francesco De Gregori.

Nel sogno, a un certo punto Chiara esclamava: "Facciamo Will, spirit me on!!!" E io, che me la ricordavo, cominciai a cantare.

Su questo torneremo dopo.

L'anno in cui era uscito, avevo visto Notte prima degli esami con una mia amica che, come me, è fan degli a-ha, ed entrambi saltammo sul sedile del cinema non appena vedemmo, nella camera di una delle ragazze, il poster con la copertina di Headlines and Deadlines, il "best of" del gruppo norvegese.

Perché quella raccolta è uscita nel 1991, mentre il film è ambientato nel 1989.

Dal punto di vista musicale, non è di certo per questa svista che il film è criticabile. Lo è per l'intera scelta della colonna sonora. Wishing Well, di Terence Trent d'Arby, è del 1988. The Final Countdown, sulla quale scorrono i titoli di coda dopo l'esilarante scena finale, è del 1986. La canzone che dà il titolo al film è del 1984. Should I Stay or Should I Go è addirittura del 1981!


Nessuno, nel 1989, avrebbe mai ascoltato musica vecchia di otto anni. E nemmeno nel 1997, quando la maturità toccò a me, ad Andrea e a Chiara. (Davide si era trasferito con la famiglia.) Le canzoni storiche, come per l'appunto quelle di Gigliola Cinquetti; oppure i classici, come Francesco De Gregori, non sono mai state da sfigati, ma le hit degli anni delle medie sì.

Il regista Fausto Brizzi, che quando ha realizzato il film aveva 37 anni, non solo era nell'età in cui il passato è un dipinto senza prospettiva, ma avendolo realizzato nel 2006, era pienamente immerso nel "presente dal cuore vintage" .

Si può dire quello che si vuole: aria fritta, questioni di lana caprina per riempire le pagine dei giornali... Sta di fatto che, non più tardi di quattro anni fa, un mio allievo liceale era tutto gasato perché era appena stato a vedere i Green Day e di lì a poco sarebbe andato al concerto dei Blink 182. Mai, a 17 anni, avrei immaginato di potermi ritrovare ad un concerto con un mio professore, nemmeno il più giovane.

E, cosa più importante, io nel presente dal cuore vintage sto benissimo.

Tornando al sogno, io quella Will, spirit me on me la ricordo. Vaghi lampi di memoria: una chitarra elettrica rossa che suonava senza distorsioni nel videoclip, nonché un feat. prima di uno degli interpreti.

Ovviamente la canzone non si chiama così, e nemmeno il testo suona così.
Ma so che, se la canzone esiste - perché, dopo un sogno, una mattina chiesi a mio padre se io, da bambino, fossi mai stato dentro il cestello della lavatrice in funzione, sia chiaro - prima o poi ritornerà.

Come diceva mia zia, quando non si riusciva a trovare un oggetto in casa: un giorno salterà fuori.

sabato 28 dicembre 2013

Vox in Rama

Oggi è il giorno dei SS. Innocenti martiri.
Ho scoperto solo poco fa che la festa, nella liturgia cattolica, non è una giornata lieta, bensì un grado di importanza di una celebrazione: più importante di una memoria, meno importante di una solennità.
Perché mi chiedevo, in effetti, cosa ci fosse da festeggiare.

Ho voluto partecipare alla Messa, oggi, perché già la scorsa estate avevo ascoltato Vox in Rama, mottetto di Mikołaj Zieleński che, nel testo, reca proprio le parole del profeta Geremia citate dall'evangelista Matteo nel passo in cui racconta l'uccisione, per ordine del re Erode, di tutti i bambini da due anni in giù:
Allora si compì ciò che era stato detto per mezzo del profeta Geremia:
«Un grido è stato udito in Rama,
un pianto e un lamento grande:
Rachele piange i suoi figli
e non vuole essere consolata,
perché non sono più.»
Di Vox in Rama, in realtà, ci sono diverse versioni. Il Communio gregoriano, intanto. Poi George Kirbye - l'autore di Winchester Old, la melodia che in Italia è diventata Sei tu, Signore, il pane, e che nei Paesi anglosassoni, invece, è un canto di Natale - Giaches de Wert, Jacob Clemens.


Questa versione, del polacco Mikołaj Zieleński, l'avevo proposta anche al Maestro del mio coro: mi sembrava la più bella, e non troppo difficile. Ma forse è più adatta per pochi cantori, e non per 120 :-)

martedì 24 dicembre 2013

Transeamus usque ad Nativitatem

Ho sempre preferito Pasqua a Natale, anche se Natale per me voleva dire rivedere tutta la mia famiglia, mentre a Pasqua i giorni di vacanza erano troppo pochi.

Preferisco Pasqua a Natale perché a quest'ultimo mi sembra sempre di arrivare impreparato.
Parto sempre con buoni propositi alla prima domenica di Avvento, poi gli impegni, il casino... fanno volare tutte le altre. Come una trasmissione radiofonica disturbata.

Quest'anno il calendario ci ha concesso tre giorni di vacanza prima della festa, ma sembra sempre troppo poco, in relazione alla grandezza della festa. L'Avvento dovrebbe essere silenzioso, ma non lo è; la Quaresima, fondamentalmente, sì.

Natale ha la novena, ma Pasqua ha il triduo. Né il giovedì né il venerdì santo sono feste di precetto, ma aiutano.
Dopo Pasqua, per cinquanta giorni la gioia continua. E la Resurrezione di Cristo la celebriamo ogni domenica. Il tempo di Natale, in teoria, dura fino alla Befana, ma c'è Capodanno: e cosa fai a Capodanno? (Ascolto il concerto di Vienna.) E ancora casino. E le canzoni di Natale hanno il sapore di latte acido già la sera del 25.

Ma oggi decisamente no.


Buon Natale a tutti! :-)

lunedì 23 dicembre 2013

Rorate cœli desuper

Dopo aver fatto osservare, a dei miei studenti, che una hit da discoteca che il dj aveva messo alla festa di Natale della scuola - perché la mia scuola è avanti! - era, in realtà, una canzone italiana del '600 cui è ispirato anche l'inno nazionale di Israele, stavo per osservare la strana somiglianza tra We Wish You a Merry Christmas e un passaggio (minuto 1.16) di questo Rorate cœli di Grzegorz Gerwazy Gorczycki:


Mi correggo all'istante: il canto inglese è precedente di almeno un secolo.

Stamattina, a Messa, di fronte alla mia perplessità sui canti liturgici - non di certo da quarta domenica di Avvento - nonché sulla scomparsa dell'introito Stillate, o cieli, dall'alto..., la mia ragazza scherzò su come fosse evidente che canto in una corale. Meglio: come sia evidente che canto in una corale diretta da un maestro che ha studiato canto gregoriano e che, sulla liturgia, è irreprensibile.

Domani potrei faulenzare tutto il giorno, quindi che faccio? Scrivo un messaggio alla responsabile di Manitese per il volontariato in libreria e chiedo di fare un altro turno di pacchetti regalo: mi pare ovvio.

Mi sono riempito di impegni a non finire, da quando papà non c'è più. Cerco di trascorrere meno tempo possibile a casa, perché quando sono a casa mi impigrisco e finisco per non fare niente. E quando non faccio niente mi sento in colpa, e quando mi sento in colpa mi deprimo.

Tanta gente mi chiede come faccio, con un dottorato e il lavoro a scuola, a cantare in un coro, a fare teatro (anche se ho chiesto di avere una parte microscopica, nel prossimo spettacolo), a seguire un corso di ballo folk, ad imparare lingue (da poco ho cominciato con il polacco) e ad avere anche una vita sociale. E io aggiro furbescamente la domanda con la constatazione che, prima o poi, tutto questo lo pagherò con gli interessi.

Mi sono sentito letteralmente a pezzi, queste ultime due settimane. È una sensazione che forse avrei dovuto provare dieci anni fa, all'età in cui normalmente ci si rende conto di non essere onnipotenti. Lorie, la Britney Spears francese, cantava: à 20 ans on est invincible, à 20 ans rien n'est impossible...

Et à trente-quatre?

Canzone del giorno: Rufus Wainwright - Out of the Game.

mercoledì 13 novembre 2013

Correzione

I libri di scuola sbagliano: Johann Sebastian Bach non è morto il 28 luglio del 1750. È morto il 25 settembre del 1932, quando è nato Glenn Gould.

lunedì 28 ottobre 2013

Offertorio e Consumazione


Ieri pomeriggio, alla rassegna organistica di Vittorio Veneto, il M° Roberto Bonetto ha eseguito, tra gli altri, un Offertorio e una Consumazione, adattamenti di melodie verdiane ad opera di Paolo Sperati.

Nel presentarli, il direttore artistico della rassegna, M° Roberto Padoin, raccontò come in Italia fosse usuale, nel periodo d'oro dell'opera lirica, eseguire durante la Messa adattamenti organistici di celebri arie. Tale prassi scomparve con il movimento ceciliano, culminato nel Motu Proprio Inter Sollicitudines di papa Pio X che esplicitamente la vietò; e solo pochi anni fa il repertorio organistico "operistico" ritornò in sede concertistica.

Tra il pubblico, ieri, era presente un prete che conosco: deve essere un amante dell'opera, visto il suo compiacimento alle prime note di "Stride la vampa" del Trovatore.

Due considerazioni:

  • chi ora si scandalizza per le chitarre in chiesa perché "la chitarra è uno strumento profano" , ascolti cosa si sentiva, in chiesa, un secolo e mezzo fa. Viva i ceciliani, viva don Lorenzo Perosi; e prego che a quel prete non vengano strane idee (conoscendolo, non credo ;-));
  • la musica di Verdi, in fondo, non è poi così male. Peccato che i cantanti non stiano zitti.

venerdì 18 ottobre 2013

Io e gli artisti

Era il 15 dicembre 2007.
Diana Tejera, ex voce dei Plastico, tenne un concerto in un bar di Conegliano assieme a Barbara Eramo, che gli appassionati di Sanremo ricordano nel duo Eramo & Passavanti.
Erano trascorsi più di sei anni, dall'estate in cui avvertivo talvolta strani sintomi; io andai da Diana, alla fine dell'esibizione, e le chiesi un autografo sul primo album del suo vecchio gruppo, Sensibile al tatto.
Non dimenticherò mai il sorriso di Diana esplodere davanti a me. Era lei più felice di me!
In quell'istante, tutta la timidezza che fino ad allora avevo provato nei confronti degli artisti morì sul colpo.


Un po' di invidia, in verità, la provo sempre. Perché anche un bambino dell'asilo disegna meglio di me; e perché prendere lezioni di musica è ancora un sogno, per mancanza di tempo e di denaro.
La mia famiglia sarebbe stata felicissima di iscrivermi ad una scuola di musica: mia zia, sorella di mio padre, per un periodo mi martellò affinché studiassi violino, e forse fu per questo che io mi rifiutai sempre, per poi rimpiangerlo e riempirmi di rancore.

Anche se, da quattro anni, recito in una compagnia teatrale amatoriale (stasera andrò in scena!) e da poco più di un anno canto nella schola cantorum del duomo di Padova.

Complice, forse, il fatto che l'invidia spesso è reciproca - perché io capisco la matematica, perché non ho timore di parlare in pubblico... - mi sono sorpreso di me, in questi ultimi anni. Con l'organista Roland Muhr, per esempio. Oppure, sempre parlando di organisti, con James David Christie, che venne un anno fa a suonare a Sant'Antonio Abate.

Non sono mai particolarmente prodigo di complimenti. Con l'artista preferisco parlare delle opere, di come sono state realizzate; a cosa sono ispirate, o magari la difficoltà nell'eseguirle.

Né mi faccio problemi a dire che una certa opera non mi è piaciuta. Non importa chi sia l'artista. Se è un parente o un amico, tanto meglio; sebbene mi ritenga fortunato a vivere a distanza di sicurezza da una cugina di settordicesimo grado che studia canto lirico, in quanto mi imbarazzerebbe assai cercare ogni volta una scusa per zompare gli inviti ad ascoltare Verdi, Puccini o Donizetti che a me, francamente, fanno lo stesso effetto di una tanica di Guttalax.

Ciò non toglie che, quando amici e parenti non vengono ai miei spettacoli, ci rimanga male. Lo so, mi contraddico: ma se non lo facessi, che artista sarei?

Canzone del giorno: Giuseppino del Biado - Fuggi fuggi fuggi (Il Ballo di Mantova).

giovedì 3 ottobre 2013

La colonna sonora della vita: primavera 2013

C'è un motivo per cui l'Alleluia di Pierangelo Sequeri - Ed oggi ancora... - è il mio preferito: perché si basa su una progressione armonica. Ovvero: la stessa frase musicale ripetuta ogni volta nella tonalità immediatamente superiore o, più spesso - ed è il caso del suddetto Alleluia - nella tonalità immediatamente inferiore.

Io amo le progressioni. Forse perché rassicurano, col loro essere sempre uguali a loro stesse, e al tempo stesso evolvono, metafora del trascorrere del tempo, sovente con un effetto malinconico.

Non so se Sequeri conoscesse la Passacaglia dalla Suite n. 7 per clavicembalo, HWV 432, di Georg Friedrich Händel. Forse no, perché in fondo le progressioni in musica sono onnipresenti. Ma la somiglianza è impressionante.

giovedì 19 settembre 2013

La colonna sonora della vita: estate 2004

Cosa hanno in comune gli a-ha e una sposa morente?

Un emulo del co-protagonista di The Following che, il giorno del suo matrimonio, accoltella la sposa cantando I've Been Losing You? No, Joe Carroll non è così raffinato.

Il tastierista degli a-ha, Magne "Mags" Furuholmen, è stato tra i produttori di The Angel and the Dark River, album del 1995 dei My Dying Bride.

Incontrare il mio amico Valerio e parlare con lui di musica mi ricordò quanto ho amato questo album, che lui mi fece conoscere, assieme a tutto il genere doom metal in generale - e al quale dedicai, ai tempi che furono, il post omonimo L'Angelo e l'Oscuro Fiume, che dai miei lettori fu visto come piuttosto criptico ;-)

The Cry of Mankind, prima traccia dell'album, rimane a tutt'oggi, a mio avviso, la più bella canzone del gruppo inglese.


Questo post partecipa all'iniziativa di Attimi di Letizia.

giovedì 12 settembre 2013

La colonna sonora della vita: autunno 1987

Ho già avuto modo di dire come Loretta Goggi fosse uno dei miei miti televisivi delle elementari. Devo avere ancora, da qualche parte, la foto autografata che lei mi mandò, con la sua esclamazione: "Felicità!"

(Dovevo essere un bambino particolarmente allegro, se un altro dei miei miti era Mike Bongiorno.)

La sigla finale di Ieri, Goggi e Domani, in onda nella stagione 1987/88, a lungo è stata Isolatamente.

Uno dei primi pezzi della premiata ditta Mogol & Gianni Bella: non male, per un bambino di neanche 8 anni, conoscere le parole anelito, asceta e frotta, vero?


Questo post partecipa all'iniziativa di Attimi di Letizia.

sabato 18 maggio 2013

Ignorantia vestra, humanitas mea

Gli scatoloni di libri usati, ai mercatini delle pulci o alle sagre paesane, sono i miei preferiti: e non mi riferisco solamente al risparmio.

Mi affascinano, in quegli scatoloni, i tormentoni del passato, i best seller mancati, i saggi di attualità che non è più attualità, i testi scolastici monocromatici dal linguaggio aulico.

Ogni volta che compro un libro usato - da uno scatolone, o su eBay - non mi domando a chi fosse appartenuto, ma perché il precedente proprietario se ne sia disfatto.
Doppione? Ciofeca? Scaffale pieno? Moglie col randello in mano?

Nel caso di un testo scolastico la risposta è fin troppo facile. Anche se, vedendo i testi che campeggiano attualmente negli zaini, mi viene voglia di dare ai miei futuri figli i manuali che ho usato io.
Possiedo una grammatica di greco antico, per il ginnasio. Appartenuto a Marta, la quale, a occhio e croce, non doveva amare granché accenti e spiriti. Se Saffo cantava d'amore, Marta affidava il suo, di amore, alle pagine del manuale della lingua di Saffo.

I saggi di ex attualità sono i volumi più istruttivi di tutti. Ancora più dei "casi letterari" che provocano la stessa reazione del nome di Laura Luca. Ve lo ricordate Christian Jacq? O Michel Rio?


Sono istruttivi da un lato perché la memoria di certe cose non deve essere persa; dall'altro, perché sfogliandone uno ci rendiamo conto di quante cose sono state per qualcuno di noi ragione di litigi epici, di amicizie rotte... e adesso, che fatica anche solo ricordare i nomi! E quanti soldi qualcuno di noi ha speso, per rovinarsi il fegato. Rivaluto i soldi spesi per i vestiti firmati.



Leggo oggi che, a Bari, un uomo è morto e i suoi eredi hanno gettato i suoi libri nel cassonetto, successivamente razziato dai lettori locali.
Non faccio ramanzine sul valore della cultura. Non mi sorprende nemmeno che gli eredi del bibliofilo defunto non abbiano pensato di donare la sua collezione alla biblioteca civica o a una scuola. Una persona capace di gettare dei libri in un cassonetto neanche sa cosa sia, una biblioteca.
Anzi: gettatene di più, magari nei cassonetti sotto casa mia. Ignorantia vestra, humanitas mea.