giovedì 22 settembre 2022

Slogan elettorale

"Il 25 settembre 2022 scegli la faccia come il culo" era un po' troppo difficile da scrivere. "Culo" si scriverà con la C o con la Q?

Canzone del giorno: White Lies - Trouble in America.

mercoledì 21 settembre 2022

Che cosa faccio venire in mente?

Alla fine dello scorso agosto venne a trovarmi un amico polacco, e domenica 28 lo portai a Ferrara. Dopo il castello estense, l'idea era di visitare anche la cattedrale o palazzo Schifanoia, ma ben presto ci rendemmo conto che la cosa più interessante era all'aperto. Era l'ultimo giorno del festival degli artisti di strada, e neanche io ci ero mai stato, nonostante sapessi della sua esistenza.

Mentre giravamo da un artista all'altro, io mi imbattei in un ex collega che non vedevo da parecchi anni, il quale mi disse: sai, vedendo tutti questi musicisti pensavo di incontrare proprio te, visto che sei così coinvolto in queste attività...

Caddi dal pero. Eravamo stati colleghi per un anno scolastico, e poi alcuni anni dopo quando io tornai in quell'istituto come commissario esterno di maturità: ci eravamo parlati, ma non così tanto. Forse, nelle conversazioni, avevo raccontato qualcosa del coro dove cantavo; oppure che avevo cominciato a studiare pianoforte da autodidatta.

Ma non pensavo proprio di poter essere associato ad attività musicali. Alla fisica o alla matematica, magari. Oppure alla noia: tante prese in giro a scuola lasciano il segno.

Sono soddisfazioni. E, nel frattempo, ora ho un'insegnante di pianoforte.

Canzone del giorno: Pixies - Vault of Heaven.

venerdì 16 settembre 2022

Riquadri e pillole

I colleghi insegnanti che hanno qualche anno più di me ricordano nostalgicamente i libri di testo di quando erano studenti: in bianco e nero, con poche illustrazioni, senza riquadri con curiosità varie o i riassunti dei concetti fondamentali. Li ricordano nostalgicamente perché era compito dello studente individuare i concetti fondamentali, costruire eventuali schemi... e lavorare, perciò, di matita ed evidenziatori.

Io sono abbastanza giovane per aver studiato su libri a colori, con un buon numero di illustrazioni e con i famigerati riquadri. Non c'è generazione che non abbia detto che ai suoi tempi sì che a scuola si costruiva la cultura, altro che al giorno d'oggi quando i giovani sono abituati ad avere tutto e subito. Uno dei motivi per cui lo si diceva quando ero studente io era proprio il formato dei manuali, per non parlare dei programmi delle TV commerciali con tante interruzioni pubblicitarie, a quanto pare responsabili dell'incapacità di concentrarsi.

Oggi sotto accusa sono i video di Internet con curiosità sul mondo animale, aneddoti sui personaggi storici, scoperte astronomiche: a causa di essi i giovani conoscono molte cose, più dei loro genitori; ma si tratta di una conoscenza frammentaria, che non forma una cultura.

Non serve scomodare Internet, per la conoscenza frammentaria. Peraltro, di quei manuali risalenti alla presunta età dell'oro - in bianco e nero, con poche illustrazioni e senza riquadri - io ne ho avuto qualcuno per le mani. Non c'era una singola frase non evidenziata da chi ci aveva studiato. Siamo sicuri che, con quei manuali, si imparasse davvero a individuare i concetti fondamentali?

Tuttavia, siccome gli anni passano anche per me, ammetto che quando sento parlare di cultura in pillole mi viene l'orticaria.

Canzone del giorno: The Mars Volta - Vigil.

domenica 11 settembre 2022

Io non mi pento

Teresa De Sio è uno di quei personaggi della musica italiana di cui conosco praticamente solo il nome: come di Claudio Villa, Oscar Carboni o Carla Boni. O no: in realtà c'è una sua canzone che conosco, ed è quella che dà il titolo a questo post.

Riaprendo la casa dove ho vissuto per tanti anni, e poi rimasta disabitata per altrettanti (v. post precedente), di sicuro trovo i dischi ascoltati e riascoltati. E, scorrendoli, perdo il conto degli oh mamma! davvero sono stato capace di comprare questa roba?

Certo che ne sono stato capace. E non so mentire: me li ricordavo tutti, quei dischi, uno per uno.

Ma, come dice la canzone sopra citata, non è giusto pentirsi di ciò che si è amato. Può darsi che quel gruppo adesso sia inascoltabile ma, molti anni fa, fosse davvero valido: un esempio a caso, i Coldplay. Oppure era fuffa fin dall'inizio ma, all'età che avevo, non me ne rendevo conto (e con me un mucchio di gente): che so, gli Europe. Magari era ciò di cui avevo esattamente bisogno a quell'età.

La cosa non vale solo per i gruppi musicali. Vale anche per gli scrittori; in particolare per i giornalisti; parlando di me, nella fattispecie, per Beppe Severgnini.

Lo trovo più simile agli Europe che ai Coldplay: fuffa fin dall'inizio. Eppure l'ho amato. Ne avevo una stima quasi incondizionata, e lo scrivevo anche qui. Ogni giorno seguivo la sua rubrica sul sito del Corriere della Sera dove pubblica, a volte rispondendo, messaggi dei lettori e mi è capitato, qui, di commentare qualcosa. Lo trovavo giustamente moderato - molti lettori di sinistra gli davano del berlusconiano - e ironico. Piaceva a mio padre, insegnante di inglese e affezionatissimo lettore del Corriere, in quanto conoscitore della lingua inglese e del mondo anglosassone; così avevo cominciato a leggerlo e a seguirlo. Andai pure ad ascoltarlo, due volte: a Milano, quando condusse la presentazione di Lunar Park di Bret Easton Ellis - e quando uno spettatore si rivolse allo scrittore californiano dicendogli "io sono gay, e la amo! Anche lei è gay e mi ama?" - e a Padova, quando presentò il suo L'italiano, lezioni semiserie.

Oggi, mi basta vedere la sua faccia in televisione per cambiare canale in tempo zero. Lo trovo l'esempio perfetto della banderuola furba: la persona che ha sempre le parole giuste per piacere ai benpensanti. A coloro che non mettono mai il naso fuori di casa, e fondano la loro opinione sulla narrazione dei mass media. La sua faccia quando, nel Regno Unito, fu chiara la vittoria del leave al referendum sulla Brexit è qualcosa di indescrivibile. Lui era sicuro che avrebbe vinto il remain: ormai gli inglesi sono cosmopoliti, se sono disoccupati a Exeter non vedono l'ora di andare liberamente a Bonn e fare i disoccupati a Bonn.¹ E invece...

Il motivo, per questo cambio di opinione su Beppe Severgnini? Ce n'è più di uno. Ne cito due, giusto per brevità: l'appoggio, nel 2013, alla decisione del Politecnico di Milano di erogare i corsi di laurea magistrale e di dottorato solo in lingua inglese - stiamo scherzando? un cittadino italiano che non ha il diritto di frequentare, in un'istituzione dello Stato italiano, un corso nella lingua ufficiale dello Stato italiano? - e l'appoggio alla buona scuola di Renzi. A Otto e mezzo pare abbia detto: la buona scuola può non piacere, ma Renzi ci ha provato. Provato a fare cosa, di grazia? I più triti luoghi comuni sugli insegnanti, ha avallato: ecco perché il gradimento di coloro che non mettono mai il naso fuori di casa.

Mentre scrivevo questo post, pensavo: ma se l'ho amato, come mi comporterei con Beppe se me lo trovassi di fronte in questo momento? Cosa vincerebbe, tra la stima del passato - ereditata da mio padre, probabilmente - e la disistima del presente?

Probabilmente, lo guarderei come guarderei Joey Tempest degli Europe: ok, mi hai fatto divertire un po', ma il rock è altra cosa.

¹ Lo so, è una citazione da Beppe Grillo: il Beppomonimo, come lo chiamava lui. Che criticava, quando era di moda portarlo in palma di mano. L'ho fatto apposta!

sabato 10 settembre 2022

Autoreverse

Quando ho riaperto questo blog, all'inizio del mese, la sensazione è stata quella di rientrare in una casa di mia proprietà, dove fossi vissuto per molti anni, e che poi per altrettanti anni avessi lasciato chiusa, senza portare nulla nella nuova abitazione. I mobili e gli oggetti sono là dove ero abituato a vederli; si è depositata molta polvere, ma basta un po' di olio di gomito. Le pareti hanno bisogno di una mano di vernice; il televisore funziona, riceve ancora alcuni canali ma, per molti altri, è necessario risintonizzarlo.


Con l'ascesa dei social, i blog in stile "primi anni 2000", col layout a due (o tre) colonne, senza particolari effetti grafici, sembravano dover subire la stessa sorte che i Buggles, nel 1979, profetizzavano per le "stelle delle radio". Invece, come le radio, anche i blog ci sono ancora, e basta poco per dare ad essi un aspetto semplice ma curato. Di sicuro meno di quanto occorre per ritinteggiare la casa.

La lontananza dai mobili e dagli oggetti ha evidenziato l'inutilità, o l'obsolescenza, di molti di essi. Una casa, per essere viva, deve avere tutto l'indispensabile ma deve avere anche dello spazio libero: è lo spazio per il futuro di chi ci abiterà. È necessaria una spietata cernita, che può anche essere dolorosa.

In effetti ho sempre dovuto fare un grosso sforzo di volontà, per liberarmi di certe cose. Così come per ripulire e rinnovare la lista dei blog che seguo (la barra). Avevo provato ad aggiungerne semplicemente di nuovi, ma il sistema non me lo permette: ottima occasione per ricompilarla da zero.

Così, oggi, diligentemente, ho iniziato a riempire una tabella riassuntiva dei blog che, fino al 2014, seguivo. Una tabella con cinque colonne: nome del blog; indirizzo del blog; data dell'ultimo post; stato del blog (attivo con post frequenti, attivo con post saltuari, on hiatus, non più esistente, spostato, non più pubblico); cosa fare (tenere o cancellare dalla lista). E come quando, traslocando, rovistavo tra le vecchie cose, ho trovato di tutto. I blog che erano attivi nel 2014, che lo sono tuttora e che pubblicano contenuti interessanti: da questi riparto per ricostruire la "rete". I blog che erano attivi nel 2014, che lo sono tuttora ma che non mi spiego come, nel corso degli anni, siano finiti in barra: eliminare senza pietà. Il blog di colei che è stata la mia migliore amica covando rancore: nella lista nera. I blog dove compare un post ogni mese se tutto va bene, o dove l'ultimo post risale al 2018 - a volte è un addio/arrivederci, proprio come il mio - e ai cui autori ero affezionato: tenere, se non altro perché ancora di più è durato il mio hiatus. I blog che ho seguito, commentato, e i cui autori non mi hanno mai degnato nemmeno di una visita: via, via, sciò. Il blog di Giorgio Israel, che da quasi sette anni non è più tra noi, e che fino al 2018 veniva ogni tanto curato dalla moglie Ana Millán Gasca, anch'essa docente universitaria di matematica.

Non ho finito, e in teoria ne avrei ancora abbastanza. In teoria potrei anche fermarmi, visto che mi mancano solo quelli dove neanche compare il titolo dell'ultimo post, in barra. Ma chi mi dice che non ci trovi qualche chicca? Nei negozi di usato, vado sempre alla sezione "meno di 1 euro" ...

Una casa non è rinnovata se non c'è qualcosa di vecchio - la mia iniziativa Foglie sulla neve! Ci stareste per partecipare? - accanto a qualcosa di nuovo. E qui arriva la parte più difficile. Non sono più aggiornato! Ci sono ancora gli widget, come sullo schermo del cellulare? Forse state pensando di me ciò che penserebbe il commesso di un negozio di hi-fi, sentendomi chiedere un'autoradio che, mi raccomando, abbia la funzione autoreverse: mica vorrò girare manualmente la cassetta ogni volta...

Canzone del giorno: Priest - Lonely Mansion.

giovedì 8 settembre 2022

Illustri sconosciuti

Alle Giornate Mondiali della Gioventù del 2016, in Polonia, a un certo punto passammo per Nowa Huta, il quartiere industriale di Cracovia. Magdalena, la volontaria che ci accompagnava, ci raccontò brevemente la storia del quartiere: costruito per volere di Stalin, al suo centro vi era una statua di Lenin, abbattuta dopo la caduta del regime. La piazza centrale, anch'essa dedicata a Lenin, fu poi intitolata a Ronald Reagan. Pensai io a tradurre le parole di Magdalena ai miei compagni pellegrini, i quali, in maggioranza ventenni, mi chiesero "e chi è Ronald Reagan?"

Quando, all'esame di maturità del 2019, i candidati dovettero estrarre a caso una busta con lo "spunto" da cui cominciare il colloquio orale, io, commissario interno, non resistetti alla tentazione di rivolgermi ai miei ormai ex studenti con la voce di Mike Bongiorno: allora, il candidato che busta vuole? la uno, la due o la tre? Allegria! Ma ovviamente a ridere furono solo gli altri commissari... In effetti, sarebbe stato come se a me, da studente, avessero citato Walter Chiari. 

Sempre a proposito di scuola, e di polacchi, io, che di certo non sono esente dal commettere errori, dico sempre ai miei studenti che, con me, valgono le parole di papa Giovanni Paolo II subito dopo la sua elezione: se sbaglio mi corrigerete. E mi fa sempre strano che costoro non abbiano mai conosciuto papa Giovanni Paolo II. D'accordo: quando pronunciò quelle parole neanche io ero ancora nato, ma sono state trasmesse in TV talmente tante volte...

Ora ho qualche anno per prepararmi all'incontro con gli studenti che non avranno mai conosciuto la regina Elisabetta II.

mercoledì 7 settembre 2022

Le fiabe dei grandi

Luca, mio compagno di stanza dei tempi dell'università, si svegliava con qualsiasi rumore - persino il fruscio delle mie lenzuola quando io entravo o uscivo dal mio letto - ma aveva l'abitudine di addormentarsi con il televisore acceso. Una sera d'estate non volle accendere il televisore, per paura che la luminosità dello schermo attraesse frotte di zanzare, e mi chiese di raccontargli la trama dell'ultimo libro che avevo letto. Dopo pochi minuti non faceva più domande né annuiva...

Io, all'epoca, mi addormentavo leggendo. Infatti, oltre all'usare meno autobus e treni, a farmi ridurre i libri letti è stato anche l'aver recepito la raccomandazione dei dentisti di passare ogni giorno il filo interdentale. Non me lo riesco a passare in bagno: troppo tempo perso. Molto più utile passarselo davanti alla TV o a un video su internet. Col libro ho il problema di girare le pagine: vero che c'è il libro elettronico, ma non mi ci sono mai trovato granché. E, tipicamente, una volta finito di passarmi il filo interdentale sono troppo stanco per leggere. A volte non sto crollando, ma siccome ho la pessima abitudine di andare a letto tardi, mi sento in colpa e mi dico "no no, devo dormire, se pure mi metto a leggere finisco per fare un dritto".

Ma se non prendo sonno c'è poco da fare...

Nel qual caso di solito faccio partire un podcast. Come per Luca, sentir parlare mi rilassa e mi addormento. La rosa purpurea, per esempio: il programma di attualità cinematografiche di Radio 24. Oppure il programma di musica antica della radio di Stato spagnola; o una lezione di musica di Radio3. Oppure, su Spotify, Dear Alice o Demoni urbani. Che puntualmente riascolto, da sveglio, il giorno dopo: l'argomento mi interessa e non mi va proprio di essermelo perso perché dormivo.

Canzone del giorno: Glass Tides - Sew Your Mouth Shut.

lunedì 5 settembre 2022

Perdita di memoria

[...] Social media use, measured daily over 8 days, was associated with more subsequent memory failures, regardless of age. As existing and new social technologies continue to permeate daily life, these findings highlight the importance of understanding how they influence day-to-day cognitive functioning. The current study suggests that social media use may have unintended negative consequences for, at least, short-term memory functioning. Given the high popularity of social media, these findings highlight the need for rigorous investigations into social media use as a potential risk factor for cognitive impairment and decline among older adults.

(Neika Sharifian, Laura B. Zahodne: J Gerontol B Psychol Sci Soc Sci, 2020, Vol. 75, No. 3, 540–548)

Salimbene (frate minore del XIII secolo, storico, autore della Cronica) [...] come molti uomini del suo tempo ha sviluppato le facoltà mnemoniche a un grado che per noi è impensabile. A un certo punto della sua cronaca cita otto versi di una canzonetta satirica, e si scusa di non ricordare né l'inizio né la fine: è molto tempo che non l’ho più letta, dice, e quando l'ho letta non me ne importava molto, e così non l'ho memorizzata bene. È un'uscita rivelatrice: vuol dire che quando si leggeva, di solito si imparava a memoria. I libri erano pochi, procurarseli era difficile, e non era neppure facile prendere appunti, perché la carta e la pergamena costavano care. L’unica cosa che non costava era la memoria: e perciò la si riempiva di testi, e chi lavorava con la parola li teneva lì in bell'ordine, sempre pronti per l’uso.

(Alessandro Barbero: Sono cavoli amari fratel Salimbene, estratto da un intervento al Festival della Mente di Sarzana del 2011)

Ingegnosissimo Theuth, c'è chi sa partorire le arti e chi sa giudicare quale danno o quale vantaggio sono destinate ad arrecare a chi intende servirsene. Ora tu, padre della scrittura, per benevolenza hai detto il contrario di quello che essa vale. Questa scoperta infatti, per la mancanza di esercizio della memoria, produrrà nell'anima di coloro che la impareranno la dimenticanza, perché fidandosi della scrittura ricorderanno dal di fuori mediante caratteri estranei, non dal di dentro e da sé stessi; perciò tu hai scoperto il farmaco non della memoria, ma del richiamare alla memoria. Della sapienza tu procuri ai tuoi discepoli l'apparenza, non la verità: ascoltando per tuo tramite molte cose senza insegnamento, crederanno di conoscere molte cose, mentre per lo più le ignorano, e la loro compagnia sarà molesta, poiché sono divenuti portatori di opinione anziché sapienti.

(Platone: Fedro, 274e-275b, traduzione di Patrizio Sanasi)

Canzone del giorno: The Church - The Hypnogogue.

zebrahead vs. The Fratellis

zebrahead - Do Your Worst:

The Fratellis - Chelsea Dagger:

domenica 4 settembre 2022

"Ma è evidente che..."

I bambini o ragazzi che scoprono di essere zebre, cioè persone ad alto potenziale cognitivo (v. post precedente), di solito vivono tale scoperta come una liberazione. Finalmente capiscono che quei comportamenti fino ad allora stigmatizzati come "strani", "inadatti" ... non sono dovuti a una loro colpa, bensì a come funziona il loro cervello.

Vale anche per gli adulti, ovviamente, visto che l'alto potenziale cognitivo non scompare con l'età come l'acne.

E una delle peculiarità delle zebre, spesso non compresa, è il prendere tutto alla lettera e non cogliere i sottintesi. Non compresa e, per l'appunto, trattata come un non saper stare con gli altri. Prima di scoprire di essere zebra, pensavo di essere tardo di comprendonio; poco sveglio; cresciuto fuori dal mondo.

Oggi ci rido, ma in situazioni come quella che ora racconterò mi trovavo continuamente, da piccolo.

Domenica pomeriggio. Visita a parenti o amici di famiglia - tipicamente con ottant'anni per gamba - al rientro dalle vacanze.


Parente o amico (con la voce chioccia): "sei stato al mare?"

Io: "sì".

Silenzio.

Il parente o l'amico torna a chiacchierare con i miei, discorrendo di persone o cose di cui io ignoro l'esistenza, e io vado nell'altra stanza a guardare 90º minuto.

Fine della visita, si torna a casa.

Mio papà: "Marco, ma perché fai sempre così? È evidente che se ti chiedono sei stato al mare? si aspettano anche che tu racconti qualcosa..."

Io: "e cosa dovrei raccontare?"

Già: cosa avrei dovuto raccontare? Cosa mai avrei potuto raccontare che avrebbe stimolato veramente il loro interesse, anziché un finto interesse di cortesia? Se l'interesse non fosse stato finto, non avrebbero avuto bisogno di mascherarlo con la voce chioccia.

Io sono una zebra

ma gli juventini non comincino ad esultare: non mi occupo di squadre minori, e al posto del cuore ho un bidone dell'immondizia. Al massimo possiamo parlare degli zebrahead: Playmate of the Year, ve la ricordate? Sono ancora in attività, per la cronaca.

Il primo commento che ho ricevuto dopo gli oltre otto anni di silenzio riguarda l'ultimo post che li ha preceduti, e che li annunciava - o meglio, che annunciava un silenzio sine die

In tale post constatavo la mia difficoltà nel tenere questo blog aggiornato; nel dare ad esso una linea precisa; nel tenere la barra dritta anche nello scrivere un singolo post. E, al contempo lamentavo la mancanza di interazioni.

Sia uno dei commenti che ricevetti all'epoca che il recente commento sopra menzionato, di fatto, mi fanno capire che si tratta di una contraddizione. Se scrivo in modo ingarbugliato non posso aspettarmi che la gente mi stia dietro, giusto? Mettiamoci che sono pure un insegnante...

Il punto, tuttavia, è proprio questo. Il blog, volente o nolente, rispecchia la mente di chi lo scrive, e la mia non è capace di procedere in modo lineare. O magari, opportunamente educata, lo è, ma è contro la sua natura.

Qualche anno fa - durante il lungo silenzio - una mia amica romana mi parlava delle lamentele delle maestre di sua figlia, e io mi sentivo come se fosse nata, anzitempo, la mia reincarnazione: erano esattamente le stesse lamentele che la mia maestra esprimeva a mio padre, quando ero alle elementari. Si distrae sempre; non segue; contesta tutto.

Non molto tempo dopo, la mia amica scoprì che la figlia è ad alto potenziale cognitivo, o plusdotata, o gifted che dir si voglia: e così scoprii anch'io di esserlo.

Nessuno se ne accorse, di me: si diceva solo che ero molto intelligente. Ma quando ero piccolo, perlomeno in Italia e a maggior ragione in un paese, nessuno sapeva di plusdotazione. Ancora oggi, secondo la psicologa Jeanne Siaud-Facchin, autrice di Troppo intelligenti per essere felici?, gli stereotipi sono tanti: "se è addirittura più intelligente della media, che problemi vuoi che abbia?" È sempre Jeanne Siaud-Facchin ad aver coniato, per chi si trova nella mia condizione, l'appellativo di zebra. Perché le zebre non sono mai state addomesticate dall'uomo: e se è l'uomo stesso ad essere una zebra, capite che c'è una contraddizione intrinseca?

Sul pensiero arborescente di una zebra, e sulle conseguenze di ciò, si possono trovare tantissime informazioni in rete e non serve che qui ve le riporti. Ma questo spiega, per esempio, perché un bambino plusdotato vada spesso fuori tema, nei compiti di italiano: se il compito non ha una consegna precisa, le idee si affollano. Spiega perché, delle volte, lo stesso bambino - o lo stesso adulto, visto che la plusdotazione ce la portiamo dietro per tutta la vita! - dia delle risposte che apparentemente incomprensibili a domande semplici. Semplici per chi non è zebra, s'intende.

E questo spiega perché i miei post siano così ingarbugliati.

Quindi, non meravigliatevi: con le contraddizioni ci vivo da sempre. Anzi, io stesso sono una contraddizione!

Canzone del giorno: zebrahead - You Don't Know Anything About Me.

venerdì 2 settembre 2022

Bozze

Tante bozze ho trovato, nel pannello di controllo del blog. Post iniziati e mai terminati. A volte una sola riga.

Come i libri che ho iniziato e mai finito; o le serie tv.

Non so se essere contento o preoccuparmi del fatto che quei post saprei perfettamente come concluderli.

giovedì 1 settembre 2022

Tante mezzanotti sono passate

 ... e tra una mezzanotte e l'altra ho continuato a commettere errori. Per giunta, dal momento che 99 volte su 100 a mezzanotte sono ancora sveglio, ciò mi rende ancora più consapevole della cosa. Eccone alcuni, di questi numerosi errori:

  • il pensiero ricorrente di avere sempre bisogno di esprimermi, e di averlo perciò soddisfatto, per tanti anni quanti è durato questo blog, sui social. Sul social dei vecchi, per essere esatti. Che fosse un social da vecchi l'avevo capito molto prima che boomer diventasse un vocabolo di moda: quando i post politici superavano i racconti di vacanze e aperitivi. Se si è giovani, ogni secondo di ogni giornata è dedicato alle boiate; è quando non si apprezza più la serietà delle boiate che ci si perde dietro ai pastoni di Pionati (a proposito, è ancora al TG1 Pionati?). Ecco: da questa digressione capite perché si è trattato di un errore;
  • il pensiero ricorrente di aprire un nuovo blog, dopo averne tenuto uno per parecchi anni e averlo reso più incomprensibile della casa di un accumulatore seriale. Ma di sindrome da accumulo seriale la mia famiglia se ne intende, d'altronde;
  • la passione per i telefilm: che era stata sbattuta in cantina per cause di forza maggiore all'inizio dello scorso decennio; che ogni tanto rigurgitava; che ogni tanto rispolveravo, seppure a malincuore. Troppa la nostalgia delle persone con cui li seguivo ai tempi d'oro; troppa la delusione per aver perduto la persona senza la quale - parole mie, all'epoca - non potevo vivere (e no, non era una fidanzata). Al diavolo: le persone passano. Ma c'era una certa curiosità di rileggere quello che avevo scritto alla chiusura di quel forum sui telefilm dove, all'epoca, passavo più tempo di un adolescente di oggi su TikTok.

Pensavo di aver pure cancellato il mio vecchio blog - o perlomeno reso invisibile - e invece no. Non riuscendo più ad accedere alla "bacheca" dei post - accedevo al mio account Google, selezionavo Blogger e il sistema mi invitava a creare un blog nuovo, come se questo non fosse mai esistito - ho provato a digitare l'indirizzo sulla barra del browser e... sorpresa, il blog era ancora pubblico. Ma non riuscivo ad entrarci come amministratore. Ho dovuto creare un nuovo blog, in modo da avere l'accesso alla piattaforma; ritrovare la bacheca del vecchio blog; eliminare il nuovo blog.

Ci sono un po' di cose da raccontare, ma è ora di pranzare. L'inaspettata abbondante merenda di metà mattina non basta.

Canzone del giorno: Wire - Two People in a Room.