sabato 18 aprile 2009

Ich habe die ganze Nacht in der Universität verbracht!

Questa fu la frase che pronunciai alla prima lezione di tedesco successiva alla consegna della mia tesi. Ovvero due giorni dopo; avrei voluto andarci il giorno stesso - lunedì 2 marzo - e festeggiare con i miei compagni, ma non mi svegliai in tempo. Ich habe verschlafen.

Il mio febbraio era stato caratterizzato da giornate trascorse interamente alla postazione, a volte con salto del pranzo - Carnevale e Quaresima, nel mio personale calendario, sono stati invertiti. La sera, quando non avevo il Deutschkurs o il laboratorio teatrale - cui non ho pensato neanche un minuto di rinunciare - rimanevo in facoltà; in ogni caso la cena era sistematicamente dopo mezzanotte, accompagnata dalla replica della gara di sci alpino in val d'Isère o di sci nordico a Liberec.

Fu una corsa contro il tempo in piena regola. Va detto che in buona parte la colpa era stata mia: prima che fosse resa nota la scadenza, avevo fatto pochissimo; c'erano giorni che rimanevo ore intere imbambolato davanti al pc chiedendomi perché io e S. non stessimo più insieme. Vi basti sapere che i risultati del mio case study li discussi col relatore a 6 giorni dalla data di consegna.
Non male, per uno che puntava (almeno) al 110. Era una faccenda personale: non ditemi che il voto è un episodio, che non dice nulla sulla reale bravura o sul valore di una persona, lo so già. Ma avevo già imprecato abbastanza alla maturità, quando avevo visto quel 58/60. E, al tempo stesso, nonostante in un paio di occasioni fossi stato sul punto di cedere, non avevo alcuna intenzione di rimandare la laurea a giugno, con conseguente pagamento di tutte le tasse dell'anno 2008/2009. Ti stai arrendendo, non va bene. Non pensare neanche a giugno. Se rimandi a giugno, almeno fino ad aprile rimarrai a deprimerti perché ti manca S. Devi farcela per marzo. C'è ancora tempo. E tu sei forte. Così mi dicevo io e mi diceva la mia Frau. Ti voglio bene, Frau, anche se ti imbarazzi quando te lo dico.

Lunedì 2 marzo, come dicevo, era l'ultimo giorno utile per consegnare la tesi. Avevo come obiettivo di finire tutta la stesura entro venerdì - l'ultimo giorno in cui avrei visto il relatore - e dedicare il fine settimana esclusivamente a rifiniture e impaginazione.
Ovviamente non fu così: venerdì, alle 6 di sera, quando il relatore lasciò il dipartimento, mi mancavano ancora tre paragrafi - proprio quelli sulla discussione dei risultati! - e le conclusioni, che in una tesi sono ciò cui va dedicata la massima cura, non erano ancora nella forma ottimale. Per non parlare dei grafici. Avrei dovuto arrangiarmi interamente da solo, perché la connessione a internet di casa del relatore non funzionava bene.

Ero distrutto, come un corridore a pochi km dalla fine di una salita, che non riesce più a tenere il passo dei migliori. Sonja (con la J), una dottoressa che lavora allo stesso progetto di cui la mia tesi fa parte, quella sera si sentì tutto il mio sclero. Ma ugualmente non mollai.

Sabato sistemai le conclusioni, rileggendole fino allo sfinimento, e scrissi due degli ultimi tre paragrafi. Quando mi misi a letto, cercai di non pensare che mancavano meno di 36 ore. A Jack Bauer ne bastano 24 per sventare le minacce terroristiche, in fondo.

Domenica giunsi in dipartimento subito dopo la Messa delle 11, ancora con le ceneri sul capo - era la prima di Quaresima, quella vera.
Verso le 5 arrivò Chiara, mia ex compagna, ora dottoranda. Anche lei si sentì un po' di paranoie. Mi disse che non dovevo preoccuparmi: era normale che i risultati fossero solo qualitativi, e poiché partivo da 106, a meno che sputassi in faccia alla commissione il 110 era sicuro.
Alle 8 dovevo ancora inserire un casino di immagini e correggere margini, intestazione e pié di pagina. E scrivere un'appendice. E il frontespizio.
Alle 11.30 circa sentii mio papà al telefono; lui si preoccupava che non tornassi in bici col buio e con le auto che correvano per il poco traffico. Ma io ormai ero pronto a passare la notte lì. Il collega di stanza del mio relatore, a suo tempo, l'aveva fatto; e anche Chiara mi aveva detto trattarsi di un classico!

Ore 2: intestazione e pié di pagina sistemati. Anche se i margini mi sembravano troppo larghi, lasciai quelli di default: meglio non far incavolare LATEX che, avendo un nome greco, per definizione complica la vita.
Ore 2.30: frontespizio finito.
Un'ora e mezza. Un'ora e mezza per scrivere la fottuta didascalia di un grafico.
Ore 4.30: disegno degli ultimi grafici in corso. E crisi di nervi quando Gnuplot non mi mostrò ciò che volevo, perché avevo selezionato una colonna sbagliata. Calma, grande calma. Hai ancora 4 ore abbondanti. E la macchinetta del caffè è sempre accesa. Pensai a Frank Thomas, animatore di Fantasia di Walt Disney, quando raccontava le traversie nel girare la sequenza sull'Ave Maria di Schubert, a pochissimo dalla prima del film.
Ore 7: scrittura dei ringraziamenti, con dimenticanza di non so quante persone. Ma costoro non avrebbero visto questa versione della tesi; ne avrebbero vista un'altra, ben rilegata, con i ringraziamenti scritti bene. (Non ancora stampata.)
Ore 7.40: scrittura dell'appendice mancante. Solo tabelle. E rinuncia ad un'altra appendice: non avevo la forza di sistemarla.
Ore 8: i professori cominciarono ad arrivare. Io puzzavo come un mercato del pesce, sperai non mi venissero troppo vicini. Ormai ci conoscevamo, e ci capimmo al volo.
Ore 8.10: feci partire la stampa delle pagine in bianco e nero, di tutti i capitoli eccetto l'ultimo. Volli aspettare un po', magari sarebbe arrivato il relatore e gli avrei potuto mostrare gli ultimi paragrafi e le conclusioni corrette.
Ore 8.20: feci partire la stampa delle pagine a colori. La macchina era occupata a stampare una tesi di dottorato. Mentre aspettavo le mie pagine, arrivò una signora, che mi fece: "Stai stampando la tesi? Non so mica se si possono stampare le tesi!" E io: "Certo che si possono stampare!" Non mi interessava chi fosse questa signora, poteva anche essere Angela Merkel, ma io avrei avuto le mie pagine.
Ore 8.55: il relatore ancora non si vedeva. Avevo tempo fino alle 12.30 per consegnare: per rilegare ci vuole un'ora, ma chissà se in copisteria ci sarebbe stata coda; la legge di Murphy è sempre in agguato. Feci partire la stampa dell'ultimo capitolo.
Ore 9.10: in copisteria sembravano non avere il cartoncino del colore che volevo io (verde acqua). Lo trovarono alla fine. E ce n'era un pacco pieno.
Ore 10: in segreteria studenti, mi feci dare i certificati necessari. Fino a tre giorni prima risultava che io avessi sostenuto Scienza dell'organismo umano anziché Fisica matematica. Mi restituirono anche il diploma di maturità. Non ricordavo nemmeno di averlo.
Ore 10.20: andai dal relatore e gli dissi: "questa è la sua ultima possibilità di fermarmi. È proprio sicuro di volermi far laureare?" Il relatore firmò.
Ore 10.30: alla segreteria del dipartimento, non volevo più separarmi dalla mia tesi. La segretaria mi chiese se volessi altro tempo. Ma consegnai. Ce l'hai fatta. Era una corsa contro il tempo. L'hai vinta tu.
Ore 10.40: tornai alla postazione a recuperare tutte le mie cose. Conobbi Giovanni, alle prese con grane burocratiche perché, l'ultimo giorno utile per consegnare la domanda di laurea, si trovava ancora in Germania, dove aveva svolto il lavoro. Cominciammo a parlare in tedesco: la miglior conversazione in tedesco della mia vita!
Ore 12: ero a casa. Mi preparai un piattone di pasta (non facevo un pasto completo da più di 24 ore!) e mi misi a letto.
Ore 9.15: mi svegliai. Azz... troppo tardi per andare alla lezione di tedesco! E il mio cellulare aveva 13 chiamate perse!

È proprio necessario che vi traduca la frase del titolo? Eddai...

Canzone del giorno: Beyoncé - Halo.

2 commenti:

  1. Viconia Mc Aliens in della Runa4/18/2009 5:45 PM

    Marito che commozione, il mio *nome* in questo intervento sul tuo blog... però avevo ragione alla fine ce l'hai fatta e con tutti gli onori del caso ;)

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  2. Sì però per il prossimo colloquio di lavoro, vediamo di organizzarci con più calma eh?
    E spero che S. ormai sia archiviata!

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