mercoledì 2 maggio 2012

Emozioni antiche


Seguendo quasi quotidianamente Italians, il blog/forum di Beppe Severgnini, senza troppa sorpresa osservo che uno degli argomenti che più suscita la battaglia dei commenti è latino e greco antico a scuola. Le scuole migliori sono ancora quelle del vecchio continente (7 novembre): 38 commenti; Bruno Vespa e il greco classico (4 febbraio): 34 commenti; Via greco e latino, dentro il tedesco! (8 febbraio): 174 commenti (!!!); fino a È utile studiare il greco nel 2012?, di venerdì scorso: 51 commenti. Per fare un confronto, la media nella scorsa settimana è stata di 18,4 commenti per articolo.

Non voglio affrontare, nel dettaglio, gli argomenti pro o contro. Sono gli stessi slogan che sentivo vent'anni fa alle assemblee scolastiche; e niente mi fa prevedere che fra vent'anni saranno diversi.

La mia domanda è: perché ci accapigliamo tanto sulle lingue classiche che, in fondo, sono materie scolastiche come tutte le altre? (Mi ci metto anch'io in mezzo, visto che alcuni commenti sono miei.) Perché non c'è lo stesso fervore su un'eventuale riforma dell'insegnamento della matematica, o sull'illustre assente musica?
  • L'accusa di inutilità. Non si contano gli anni da quando greco e latino, specialmente dall'ambiente imprenditoriale, finanziario, scientifico - o meglio, dalla presunzione degli strillanti - sono accusate di essere materie inutili, buone solo per mantenere e perpetuare la casta dei loro docenti.
  • L'aura di sacralità. Se abracadabra (e Avada Kedavra) viene dall'aramaico, non è un caso che J. K. Rowling abbia scelto il latino, per le formule magiche di Harry e compagni. Alcune preghiere e canti religiosi sono in latino, così come alcuni termini giuridici. Don Abbondio, per mettere a tacere Renzo, usa il latino. Nelle pagine culturali dei quotidiani, un deus ex machina o una techné compaiono sempre. Quando qualcosa ci è incomprensibile, ci sembra greco.
  • L'aura di purezza. Proprio perché accusate di rubare tempo a conoscenze più spendibili sul lavoro, greco e latino passano per i baluardi del "sapere disinteressato" . È da qui che viene - in opposizione ai summenzionati presuntuosi strillanti; e chiedersi chi ha cominciato equivale a chiedersi se è nato prima l'uovo o la gallina - la spocchia di certi ex classicisti che magari si vantano di non capire nulla di scienza, autori di sparate come volete mettere la bellezza del greco con l'aridità dell'inglese?
  • L'avallo del mondo culturale. In Italia, cultura è sinonimo di lingue antiche. Non per profitto, il saggio di Martha Nussbaum in difesa della cultura umanistica, è stato fatto passare, persino nella prefazione - di Tullio De Mauro - per un appello al mantenimento delle lingue classiche nell'istruzione superiore, mentre a ciò non c'è il benché minimo cenno. È documentata l'umiliazione del matematico Federigo Enriques ad opera di Benedetto Croce, il quale trattava la matematica come mera tecnica di calcolo, non degna di essere cultura. Non passa un anno in cui non esca il puntuale studio che dimostra come il liceo classico sia la scuola che meglio prepara all'università, grazie al metodo di studio che solo il greco e il latino sanno impostare.
  • L'obbligatorietà di fatto. È vero che esistono tante scuole superiori dove non si studiano le lingue classiche, ma almeno fino agli anni delle mie medie, se eri bravo andavi al classico. Lo scientifico, il linguistico... sono, di fatto, varianti del liceo classico: al liceo scientifico - quantomeno prima della riforma Gelmini - c'erano più ore di latino che di matematica. Il liceo scientifico-tecnologico, senza latino - ora liceo delle scienze applicate - nacque solo nel 1992, e di certo non si diffuse subito in tutta Italia. Fino al 1969, il liceo classico era l'unica scuola che permetteva l'accesso a tutte le facoltà universitarie; e fino al 1977, per accedere ai licei non era consentito rinunciare al latino alla scuola media.
  • La nostalgia. Anche se eravamo i più somari della classe, o se l'abbiamo studiato controvoglia, a distanza di anni i pomeriggi trascorsi nel tentativo di decifrare le "versioni" a colpi di Castiglioni-Mariotti o di Rocci/Montanari ci suscitano inevitabilmente un sorriso. Ancora più sincero quanto più severo era il nostro insegnante.
  • La soddisfazione. Intuire il significato di una parola ricostruendone l'etimologia dà una soddisfazione immensa. Anche se, va detto, conoscere latino e greco aiuta ma non è indispensabile: io ho studiato solo latino, eppure riuscivo spesso a individuare il significato di termini di origine greca.
Tutto questo per dire cosa? Che, alla fine della fiera, latino e greco non sono due materie come tutte le altre. Non perché siano più importanti o più utili culturalmente, ma perché appartengono più ai sentimenti che alla razionalità. Sulla matematica non c'è lo stesso fervore perché meno persone ne sono emotivamente coinvolte, in parte a causa della generale indulgenza sulla sua ignoranza: quante volte sentiamo dire, in televisione, qui ci vuole un matematico anche se c'è semplicemente da sommare due frazioni?
E la musica? Più coinvolgente di questa c'è poco, ma è da tanti anni assente dalle nostre scuole che diamo per scontato che ad essa si provveda privatamente.

Canzone del giorno: Guillaume Grand - Toi et moi.

2 commenti:

  1. Porca miseria, non pensavo l'avrei mai detto, ma mi hai fatto venire voglia di fare una versione di latino :D

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  2. Parole sante!
    Più passa il tempo e più mi accorgo di quanto mi abbia arricchita il liceo classico, con le sue - faticose - versioni!
    E spesso parlo con mio marito, musicista e insegnante di musica, di quale importanza avrebbe uno studio serio della musica a partire dall'ambito scolastico... eppure in genere i professori gli dicono "beh, la musica non è mica come l'italiano o la matematica..." :-(

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