Teresa De Sio è uno di quei personaggi della musica italiana di cui conosco praticamente solo il nome: come di Claudio Villa, Oscar Carboni o Carla Boni. O no: in realtà c'è una sua canzone che conosco, ed è quella che dà il titolo a questo post.
Riaprendo la casa dove ho vissuto per tanti anni, e poi rimasta disabitata per altrettanti (v. post precedente), di sicuro trovo i dischi ascoltati e riascoltati. E, scorrendoli, perdo il conto degli oh mamma! davvero sono stato capace di comprare questa roba?
Certo che ne sono stato capace. E non so mentire: me li ricordavo tutti, quei dischi, uno per uno.
Ma, come dice la canzone sopra citata, non è giusto pentirsi di ciò che si è amato. Può darsi che quel gruppo adesso sia inascoltabile ma, molti anni fa, fosse davvero valido: un esempio a caso, i Coldplay. Oppure era fuffa fin dall'inizio ma, all'età che avevo, non me ne rendevo conto (e con me un mucchio di gente): che so, gli Europe. Magari era ciò di cui avevo esattamente bisogno a quell'età.
La cosa non vale solo per i gruppi musicali. Vale anche per gli scrittori; in particolare per i giornalisti; parlando di me, nella fattispecie, per Beppe Severgnini.
Lo trovo più simile agli Europe che ai Coldplay: fuffa fin dall'inizio. Eppure l'ho amato. Ne avevo una stima quasi incondizionata, e lo scrivevo anche qui. Ogni giorno seguivo la sua rubrica sul sito del Corriere della Sera dove pubblica, a volte rispondendo, messaggi dei lettori e mi è capitato, qui, di commentare qualcosa. Lo trovavo giustamente moderato - molti lettori di sinistra gli davano del berlusconiano - e ironico. Piaceva a mio padre, insegnante di inglese e affezionatissimo lettore del Corriere, in quanto conoscitore della lingua inglese e del mondo anglosassone; così avevo cominciato a leggerlo e a seguirlo. Andai pure ad ascoltarlo, due volte: a Milano, quando condusse la presentazione di Lunar Park di Bret Easton Ellis - e quando uno spettatore si rivolse allo scrittore californiano dicendogli "io sono gay, e la amo! Anche lei è gay e mi ama?" - e a Padova, quando presentò il suo L'italiano, lezioni semiserie.
Oggi, mi basta vedere la sua faccia in televisione per cambiare canale in tempo zero. Lo trovo l'esempio perfetto della banderuola furba: la persona che ha sempre le parole giuste per piacere ai benpensanti. A coloro che non mettono mai il naso fuori di casa, e fondano la loro opinione sulla narrazione dei mass media. La sua faccia quando, nel Regno Unito, fu chiara la vittoria del leave al referendum sulla Brexit è qualcosa di indescrivibile. Lui era sicuro che avrebbe vinto il remain: ormai gli inglesi sono cosmopoliti, se sono disoccupati a Exeter non vedono l'ora di andare liberamente a Bonn e fare i disoccupati a Bonn.¹ E invece...
Il motivo, per questo cambio di opinione su Beppe Severgnini? Ce n'è più di uno. Ne cito due, giusto per brevità: l'appoggio, nel 2013, alla decisione del Politecnico di Milano di erogare i corsi di laurea magistrale e di dottorato solo in lingua inglese - stiamo scherzando? un cittadino italiano che non ha il diritto di frequentare, in un'istituzione dello Stato italiano, un corso nella lingua ufficiale dello Stato italiano? - e l'appoggio alla buona scuola di Renzi. A Otto e mezzo pare abbia detto: la buona scuola può non piacere, ma Renzi ci ha provato. Provato a fare cosa, di grazia? I più triti luoghi comuni sugli insegnanti, ha avallato: ecco perché il gradimento di coloro che non mettono mai il naso fuori di casa.
Mentre scrivevo questo post, pensavo: ma se l'ho amato, come mi comporterei con Beppe se me lo trovassi di fronte in questo momento? Cosa vincerebbe, tra la stima del passato - ereditata da mio padre, probabilmente - e la disistima del presente?
Probabilmente, lo guarderei come guarderei Joey Tempest degli Europe: ok, mi hai fatto divertire un po', ma il rock è altra cosa.
¹ Lo so, è una citazione da Beppe Grillo: il Beppomonimo, come lo chiamava lui. Che criticava, quando era di moda portarlo in palma di mano. L'ho fatto apposta!
Io trovo Servegnini una penna piacevole, anche se negli anni l'ho visto, come dire, appesantirsi.
RispondiEliminaMi hai fatto venire in mente quando da ragazza adoravo Baglioni e ora quasi mi infastidisce ascoltarlo.
Sui Coldplay non mi trovi d'accordo.. anzi, evolvono anche, piacendo sempre meno a quelli dalle orecchie dal facile ascolto, come paradossalmente accaduto ai Duran Duran, passati da idoli delle ragazzine sceme a cultori di musica di livello.. per i giornalisti il ventaglio comportamentale varia spesso a seconda dell'aria che tira.. difficile che non siano influenzabili..
RispondiEliminaEvidentemente ho delle orecchie dal facile ascolto, ma mi va benissimo così :-D
EliminaAnch'io ho ascoltato anche tanta roba che insomma penso ad es a you spin round dei dead or alive ma in realtà mi divertivo con quei brani poi ascoltavo già Bowie e Led Zeppelin e De Andre ed Inti Illimani ecc... Ho capito il tuo ragionamento ovviamente, il punto è che a quel tempo forse la realtà era meno drammatica e meno palese rispetto ad oggi e quindi si stava meglio e si pensava che un Severgnini fosse un giornalista o forse lo era ma poi.... Penso a Formigli: i primi anni di Piazzapulita mi piaceva poi ha scelto di non essere più indipendente, ed il suo comportamento durante la pandemia lo ha ampiamente provato.
RispondiEliminaPS bellissimo il brano della De Sio che non conoscevo. Ti consiglio sempre della De Sio "Pianoforte e voce" se già non lo conosci.
EliminaNon saprei se allora la realtà fosse meno drammatica: la politica non ci faceva vivere in uno stato di emergenza perenne, questo è vero; ma i problemi non mancavano neanche allora. Non so come si sia comportato Formigli durante la pandemia perché già da anni mi puzzava di pennivendolo: prevenire è meglio che curare :-D
EliminaNon apprezzo Severgnini.
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