Ma chi aveva detto che un Tour senza Ivan Basso, Jan Ullrich, Francisco Mancebo e Alexandre Vinokourov sarebbe stato poco interessante, o di basso livello?
C'era poca gente - o meglio, c'era meno gente rispetto agli anni scorsi - a vedere i corridori sulle Alpi... beh, chi non è andato se lo lasci dire: non sa cosa si è perso.
L'impresa di Floyd Landis nella tappa di Morzine, dopo la batosta del giorno prima alla Toussuire, vale da sola tutti i sette Tour del suo ex capitano (o almeno tutti tranne il primo), la cui storia era già scritta fin dal prologo: Armstrong che si avvantaggia nella cronosquadre (quest'anno assente), che uccide la corsa sulle salite e che ribadisce la sua supremazia nelle cronometro. L'unico anno in cui ci fu un accenno di battaglia con Ullrich fu il 2003, e solo perché il tedesco quell'anno non correva nella T-Mobile. Anche Levi Leipheimer è giusto nominarlo, per quanto questo Tour lo abbia respinto: è andato in fuga, ha avuto coraggio... ha fatto ciò che nessuno aveva avuto il coraggio di fare quando c'era il texano.
Oscar Pereiro ha sorpreso tutti, ma impareranno che non si lascia mezz'ora di vantaggio a un corridore del genere!
Oggi c'è la cronometro che proclamerà il nome di colui che indosserà la maglia gialla domani sui Campi Elisi. Io confesso che, da ex tifoso di Bjarne Rijs, mi piacerebbe che ce la facesse lo scalatore della CSC, Carlos Sastre, ma comunque vada a finire, sarà stato un bellissimo Tour. Proprio come quello vinto da Bjarne Rijs, dieci anni fa.
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