martedì 7 gennaio 2014

L'albero della mia vita

Come Padova, che pur mantenendo qualche segno della sua origine paleoveneta, ha un centro storico che rivela la sua prosperità in epoca rinascimentale, al quale sono collegati i quartieri periferici moderni; così la casa dove sono nato, pur mantenendo svariati segni della generazione precedente, ha un solido tronco anni '70, l'epoca dei miei genitori.

È su questo tronco che io ho vissuto infanzia e fanciullezza: è vero che sono nato nel 1979, ma, vuoi perché vivevo in paese, vuoi perché fino al 1986 avevamo un televisore in bianco e nero senza telecomando, vuoi perché i miei genitori non mi hanno mai comprato giocattoli o vestiti che andavano di moda in quegli anni, credo di essere stato influenzato in larga misura dallo spirito del decennio precedente.
È su questo tronco, cioè, che io avrei innestato i miei rami, che sarebbero rimasti slegati dall'attualità finché io non cominciai seriamente la ricerca della mia identità. E non l'avrei cominciata fino, almeno, ai 18 anni.

Il mio tronco, quello che regge la mia vita presente, poggia le radici negli anni successivi al boom economico, ma è stato costruito, fondamentalmente, negli anni a cavallo tra i due secoli. Gli anni in cui a Internet si accedeva con un cd autoinstallante; e i miei allievi non l'hanno nemmeno mai sentito, il suono del modem 56k...


Oggi Umberto Eco scrive alle migliaia di nipotini sparse per l'Italia - e anche ai loro fratelli maggiori, che hanno l'età dei miei allievi - invitandoli a imparare cose a memoria; per allenarla, e per capire il mondo di oggi.

La paura di Eco, la perdita della memoria, io la condivido. E non perché stia diventando il vecchio trombone rompipalle, ma perché veramente, adesso, la memoria è meno utile, nell'immediato.
Perlomeno, fino a qualche anno fa, se avevamo bisogno di un'informazione su Internet, dovevamo raggiungere un pc connesso. Adesso, se non noi, sicuramente un nostro amico o collega ha uno smartphone. Non sono soltanto i maestri che non obbligano più a imparare le poesie a memoria: il punto è che ci serve meno, la memoria.

Nell'immediato, s'intende. Perché, almeno secondo me, le menti brillanti del futuro saranno comunque coloro che impareranno come si è sempre imparato: attenzione, concentrazione... e sì, ritmo e vitalità.


Per questo voglio che il tronco su cui cresceranno i miei figli - e i miei allievi! - attinga il più possibile dalle sue radici passate: ciò che i miei genitori hanno costruito, che hanno costruito per me.

Ah, per la cronaca, io la cavallina storna non l'ho mai imparata.

Canzone del giorno: Ke$ha - Die Young.

1 commento:

  1. Mi viene in mente il Fedro di Platone, con il mago che aveva scoperto il farmaco per la memoria ed era la scrittura. La rete agli esordi prometteva di essere più democratica, ognuno di noi, sosteneva Levy, poteva essere un'emittente. Non mi pare che sia andata così.

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