La malinconia, che pervadeva il Nido d'Uccello mentre in cima si spegneva la fiaccola, è ormai roba vecchia. Le polemiche per la squinternata copertura televisiva? Affogate nella furia dei calciofili terrorizzati all'idea di non poter vedere, la domenica sera, i gol della propria squadra del cuore. (La cosa non avrebbe fatto piacere nemmeno a me, però giusto qualche domenica, per vedere di nascosto l'effetto che fa...) Manca solo il contro-esodo di questo fine settimana e la (relativa!) ripopolazione del dipartimento di fisica, e tutto sarà tornato alla normalità.
Allora, cosa mi resterà di questi Giochi della XXIX Olimpiade?
Non Michael Phelps che, anzi, mi veniva solo da compatire quando non festeggiava una medaglia d'oro, essendo all'inseguimento del record di Mark Spitz.
E nemmeno Usain Bolt. Non per dare ragione a Jacques Rogge, ma le sue gigionate pre e post-gara le trovo assai urticanti - è lo stesso motivo per cui non ho mai sopportato Valentino Rossi. E, francamente, i suoi record mi hanno emozionato quanto una puntata di Porta a porta.
Non so voi, ma io in una gara cerco lo scontro, la lotta all'ultimo centimetro. Ad Atlanta 1996 Donovan Bailey pure stabilì il record dei 100 m (9" 84), ma con una meravigliosa rimonta su Ato Boldon, partito a razzo. E Michael Johnson, che pure strabiliò tutti con quel 19" 32 sui 200, alle spalle aveva un certo Frankie Fredericks, capace di un 19" 68.
No. Ho tre volti per queste Olimpiadi - uno per ciascuno dei miei sport preferiti: ciclismo, nuoto e atletica - e tutti appartengono ad abitanti del pianeta Terra, probabilmente già caduti nel calcistico oblio.
In ordine cronologico, il primo nome è Samuel Sánchez.
È associato a una piccola delusione - piccola per noi, grande per Davide Rebellin. Ma l'ovetense ha dato una lezione a tutti coloro che lo consideravano un perdente, e le sue lacrime sul podio di Juyong Pass sono bastate per togliermi qualunque senso di colpa per la decisione di non boicottare la visione dei Giochi.
Secondo nome: Rebecca Soni.
Dopo le gare di rana, a queste Olimpiadi, si doveva sentire un solo inno: Advance Australia Fair (musicalmente, uno dei miei preferiti!). E la padrona si chiamava Leisel Jones, 23 anni, primatista mondiale e plurimedagliata alle rassegne iridate di Montréal e Melbourne.
Nei 100 m il copione è perfettamente rispettato. La nuotatrice di Katherine si impone con più di un secondo e mezzo di vantaggio sulla medaglia d'argento: per l'appunto, Rebecca Soni, statunitense d'origine ungherese.
Invece, nei 200 m, la sorpresa. Soni è nella corsia a destra di Jones, e le si mette subito alle costole. L'australiana probabilmente pensa di scrollarsela di dosso alla seconda vasca, ma Rebecca non molla, anzi guadagna. E nell'ultima vasca sorpassa una Jones sfinita, e come se non bastasse conquista pure il record del mondo: 2' 20" 22.
(Che probabilmente non avrà lunga vita, però insomma...)
Terzo nome: Tia Hellebaut.
Ho detto che in una gara io voglio emozioni; costei, ai mondiali indoor dello scorso marzo, era riuscita a rendere emozionante perfino la più scontata delle conclusioni: quella del pentathlon (l'equivalente al coperto dell'heptathlon). Non che la gara multipla non meriti attenzione, tutt'altro; ma di norma, alla vigilia dell'ultima prova, la capoclassifica è ormai irraggiungibile. Al Luis Puig Palace di Valencia, tuttavia, la britannica Kelly Sotherton si preparava, negli 800 m, a strappare il primo posto all'occhialuta belga, che lo mantenne per appena 15 punti.
Ma torniamo a Pechino. Siamo alla penultima giornata dei Giochi, l'ultima dell'atletica in pista.
Basta fulmini giamaicani; è tempo di raffinatezze: il salto in alto - a causa di un infortunio alla spalla, Tia Hellebaut non può lanciare il giavellotto e quindi partecipare al suo heptathlon.
Anche qui sembra tutto già preordinato. Blanka Vlašić, ventiquattrenne di Spalato, è la numero uno del mondo. La sua tecnica è invidiabile, e non sbaglia una misura. Tia, seconda in classifica e ancora in gara ai 2,05 m, sembra lì giusto per stuzzicarla il tanto che basta affinché attacchi con successo i 2,09 m del primato mondiale.
A Blanka tocca per prima, e sbaglia.
Tia no, ed è il sorpasso - oltre che il suo primato. Ma ci sono ancora i 2,07 m.
Blanka è un po' disturbata dalle premiazioni... errore ai 2,07 m.
Tia sbaglia pure.
Blanka è nervosa, e i giudici che le annunciano che ha del tempo in più la infastidiscono ulteriormente. Altro errore.
Tia passa: per Blanka non c'è pausa.
Terzo errore. E in Belgio arriva la prima medaglia d'oro dell'atletica!
Non so se l'anno prossimo, ai mondiali di Berlino, Tia sarà ancora sul gradino più alto. Forse la spedizione cinese, per lei, è stata la gara della vita; come lo fu quella ateniese per Kelly Holmes.
Ma è difficile che un atleta che vince in questo modo, e a 30 anni compiuti, si monti la testa. Comunque vada, Tia resterà sul pianeta Terra; e per questo la potrò continuare a tifare.
Canzone del giorno: The Strokes - You Only Live Once.
sabato 30 agosto 2008
lunedì 25 agosto 2008
Di nuovo in postazione!
Tornare a lavorare alla tesi: che bello! Specialmente quando non si ricorda affatto dove si era lasciata l'opera in sospeso.
Ancor più frustrante, poi, non poter proseguire nella raccolta di dati in quanto bloccati da un impiccio tecnico - nel mio caso: non sapevo come trasformare un numero intero in una stringa, e successivamente eliminare tutti gli spazi bianchi da quest'ultima (in Fortran).
I giorni scorsi mi ero guardato un po' la tecnica dell'ensemble di Gibbs (Panagiotopoulos), come metodo efficace per studiare la coesistenza tra liquido e vapore, mio attuale compito. In effetti è uno dei metodi migliori, ma a quanto pare non lo userei più nel seguito, per cui finirebbe solo per sviarmi dall'obiettivo principale.
I dati che avevo ottenuto l'altra volta fanno letteralmente schifo. Forse c'è solo un errorino; ma forse aveva ragione Guglielmo, mio ex compagno di liceo, a definirmi un genio al passivo.
Canzone del giorno: Neffa - Il giorno nuovo.
Ancor più frustrante, poi, non poter proseguire nella raccolta di dati in quanto bloccati da un impiccio tecnico - nel mio caso: non sapevo come trasformare un numero intero in una stringa, e successivamente eliminare tutti gli spazi bianchi da quest'ultima (in Fortran).
I giorni scorsi mi ero guardato un po' la tecnica dell'ensemble di Gibbs (Panagiotopoulos), come metodo efficace per studiare la coesistenza tra liquido e vapore, mio attuale compito. In effetti è uno dei metodi migliori, ma a quanto pare non lo userei più nel seguito, per cui finirebbe solo per sviarmi dall'obiettivo principale.
I dati che avevo ottenuto l'altra volta fanno letteralmente schifo. Forse c'è solo un errorino; ma forse aveva ragione Guglielmo, mio ex compagno di liceo, a definirmi un genio al passivo.
Canzone del giorno: Neffa - Il giorno nuovo.
martedì 19 agosto 2008
Olimpiadi in tv (postilla)
Andiamo benissimo: io capisco che non si possa accontentare tutti, ma in corso, in questo momento, c'è l'americana, e nessuno dei feed dello streaming Raisport la trasmette, e uno è pure libero. Eh, ma Angelo Ciccone e Fabio Masotti non hanno speranze...
domenica 17 agosto 2008
Olimpiadi in tv
Ricordate quando Beppe Grillo, il 13 maggio 2005, irruppe ad un convegno su informazione e tv a Bagnaia (Siena), gridando Il digitale terrestre (di seguito DTT, ndr) è già morto: su Internet c'è già tutto e gratis! ?
Fu l'apice di una polemica che si protraeva da almeno un anno e mezzo; e non escludo che molte critiche tecniche al DTT fossero, in realtà, viziate dal contenuto - e dal colore politico - della legge che avrebbe decretato la fine della tv tradizionale analogica: la famigerata Gasparri.
Ora, il confronto tra le diverse piattaforme televisive è in pieno corso, con le Olimpiadi di Pechino in onda su Raidue (analogico), Raisport Più (DTT) e in streaming sul sito Raisport (internet).
E, almeno a me, suona alquanto singolare che, dopo gli applausi allo strillo grillesco, ora in molti lamentino l'assenza, sul DTT Rai, di un sistema multicanale analogo a quello presente sul sito.
Forse accade fin dalla sua nascita, ma credo che in Rai le questioni tecniche siano l'ultima preoccupazione - la penultima è produrre buoni programmi.
Forse, inoltre, noi pretendiamo troppo, poiché probabilmente i nostri genitori, delle "loro" Olimpiadi, hanno potuto vedere un decimo di quello che possiamo vedere noi di Pechino, anche solo su Raidue. Se ben ricordo, la prima volta che, di notte, sulla Rai si vide qualcosa di diverso dal monoscopio, fu in occasione di Seoul 1988; e dal 1954 (nascita della Rai) ad allora erano state già 8, tra estive e invernali, le edizioni dei Giochi disputate in luoghi distanti svariati fusi orari dal nostro.
Nondimeno, dato che ora le possibilità ci sono e la televisione pubblica già può sfruttarle, non vedo perché non debba farlo. È vero che il DTT è ancora diffuso a macchia di leopardo, ma chi ha la fortuna di vivere in una zona coperta (non io, quindi!), perché deve sorbirsi stucchevoli servizi sui medagliati italiani, che poi finiranno dritti nel dimenticatoio a meno di passare per la Talpa o l'Isola dei Famosi? E perché deve perdersi gare importanti e spettacolari - come il ciclismo su pista o la finale della sciabola, oggi - solo perché non sono presenti atleti italiani?
Oh, se a qualcuno dovesse andare bene così non serve che mi insulti, sia chiaro; basta che si sintonizzi su Raidue.
Canzone del giorno: Linkin Park - One Step Closer.
Fu l'apice di una polemica che si protraeva da almeno un anno e mezzo; e non escludo che molte critiche tecniche al DTT fossero, in realtà, viziate dal contenuto - e dal colore politico - della legge che avrebbe decretato la fine della tv tradizionale analogica: la famigerata Gasparri.
Ora, il confronto tra le diverse piattaforme televisive è in pieno corso, con le Olimpiadi di Pechino in onda su Raidue (analogico), Raisport Più (DTT) e in streaming sul sito Raisport (internet).
E, almeno a me, suona alquanto singolare che, dopo gli applausi allo strillo grillesco, ora in molti lamentino l'assenza, sul DTT Rai, di un sistema multicanale analogo a quello presente sul sito.
Forse accade fin dalla sua nascita, ma credo che in Rai le questioni tecniche siano l'ultima preoccupazione - la penultima è produrre buoni programmi.
Forse, inoltre, noi pretendiamo troppo, poiché probabilmente i nostri genitori, delle "loro" Olimpiadi, hanno potuto vedere un decimo di quello che possiamo vedere noi di Pechino, anche solo su Raidue. Se ben ricordo, la prima volta che, di notte, sulla Rai si vide qualcosa di diverso dal monoscopio, fu in occasione di Seoul 1988; e dal 1954 (nascita della Rai) ad allora erano state già 8, tra estive e invernali, le edizioni dei Giochi disputate in luoghi distanti svariati fusi orari dal nostro.
Nondimeno, dato che ora le possibilità ci sono e la televisione pubblica già può sfruttarle, non vedo perché non debba farlo. È vero che il DTT è ancora diffuso a macchia di leopardo, ma chi ha la fortuna di vivere in una zona coperta (non io, quindi!), perché deve sorbirsi stucchevoli servizi sui medagliati italiani, che poi finiranno dritti nel dimenticatoio a meno di passare per la Talpa o l'Isola dei Famosi? E perché deve perdersi gare importanti e spettacolari - come il ciclismo su pista o la finale della sciabola, oggi - solo perché non sono presenti atleti italiani?
Oh, se a qualcuno dovesse andare bene così non serve che mi insulti, sia chiaro; basta che si sintonizzi su Raidue.
Canzone del giorno: Linkin Park - One Step Closer.
venerdì 15 agosto 2008
Riviste a Ferragosto
Dopo l'abbuffata olimpica notturno-mattutina, il cielo ha costretto la Penisola al piano C, per Ferragosto. C che sta per chiuso: tra le possibili varianti, troviamo casa, cucina, cinema, carta (di libri, di riviste, del foglietto della Messa, da disegno... scegliete voi).
Per quello che riguarda me, stasera C starà per Ciemme, la rivista quadrimestrale del Cinit: con un titolo di copertina come Non sparate sul pilota; ovvero, le serie TV e la cerimonia della narrazione, non posso disdegnarne almeno questo numero!
Ecco, io ho l'impressione che sul fronte delle riviste questa Assunta sia stata un po' pazzerella.
Per esempio, è verosimile che nei centri sociali ci si sia dati ad un'avida lettura di Famiglia Cristiana, al terzo o quarto fondo contro i provvedimenti del governo in materia di immigrazione.
Come è verosimile che Roberto Brunelli abbia oggi finito - l'impresa richiede tempo! - la terna Chi-Sorrisi&Canzoni-Panorama, di cui cinque giorni fa aveva fornito ampia sintesi sull'Unità.
Fatico a capire. Non si sta parlando del lodo Alfano, dove la denuncia è sacrosanta.
Se, navigando, non mi fosse capitato l'articolo di Brunelli, il ritratto agiografico di Berlusconi con la famiglia e l'altrettanto agiografica cronaca del ministro Brunetta a Cortina mi sarebbero del tutto estranei. Anzi, leggendo i succosi riassunti, di fatto mi è venuta la curiosità di dare un'occhiata agli originali; e magari qualcun altro le riviste le ha pure comprate - che so, viene gente a casa e si vuole stendere sul divano...
Brunelli conclude descrivendo il manifesto della Festa democratica: il suo incubo è che, a differenza della ragazza, quella "bella addormentata" della sinistra non si sia svegliata affatto. Sono d'accordo, sempre che lui si rivolga a sé stesso, visto che se anziché divorare Chi tirasse fuori Oscar Wilde, scoprirebbe la più elementare delle leggi di marketing: there is only one thing in the world worse than being talked about, and that is not being talked about (dal Ritratto di Dorian Gray).
E io per lui l'ho appena violata, mannaggia...
Canzone del giorno: Oniric - Euphonia Revolver.
giovedì 14 agosto 2008
Entropia per principianti (2b)
2b. Il teorema di Carnot
Essendo trascorso quasi un mese dall'ultima semi-puntata, facciamo il punto di quanto finora abbiamo visto:
Date due sorgenti di calore T1 < T2, tutte le macchine reversibili che operano tra esse, comunque siano costruite, hanno lo stesso rendimento; e qualsiasi macchina irreversibile operante tra esse ha rendimento inferiore.
Una macchina di Carnot è una macchina reversibile che lavora tra due sorgenti. Per conoscerne il rendimento, essendo uguale per tutte, lo si può calcolare in un caso semplice, come quello di una macchina a gas ideale.
Il ciclo di Carnot a gas ideale è composto di quattro trasformazioni, ovviamente tutte reversibili:
Queste trasformazioni corrispondono rispettivamente alle fasi di espansione, scarico, aspirazione, compressione di un motore Diesel. La corrispondenza è peraltro piuttosto vaga poiché nel ciclo di Carnot niente viene aspirato o scaricato: le pareti del cilindro sono sempre chiuse.
Ora, sfruttando le proprietà del gas ideale, si potrebbe dimostrare (non lo facciamo) che il rendimento della macchina di Carnot vale:
Le temperature sono espresse in kelvin. Si vede subito che questo numero è compreso tra 0 e 1, rispettando così i principi della termodinamica. L'unico modo per avere η = 1 sarebbe T1 = 0, cioè la sorgente fredda allo zero assoluto, temperatura fisicamente non raggiungibile.
Il punto cruciale però è: perché non si può avere, con le stesse sorgenti, un rendimento maggiore?
Ecco il perché:
Una macchina di Carnot è usata per alimentare la macchina M, che lavora come frigorifero.
Considerando le due macchine come un unico apparato, deve essere Q2 ≤ Q'2, perché altrimenti avrei un trasferimento netto di calore da T1 a T2, più caldo, contro l'enunciato di Clausius.
Il bilancio energetico delle due macchine mi dà Q2 - Q1 = Q'2 - Q'1 = W; così
ed essendo Q2/Q'2 ≤ 1, è dimostrato che il rendimento di M non può superare quello della macchina di Carnot.
Se anche M è reversibile, si può invertire tutto il processo, ottenendo la diseguaglianza inversa; di conseguenza i due rendimenti sono uguali.
Canzone del giorno: Modjo - No More Tears.
Essendo trascorso quasi un mese dall'ultima semi-puntata, facciamo il punto di quanto finora abbiamo visto:
- secondo principio della termodinamica (enunciato di Clausius): non si può trasferire spontaneamente calore da un corpo ad un altro a temperatura maggiore;
- secondo principio della termodinamica (enunciato di Kelvin-Planck): una macchina termica non può trasformare interamente in lavoro il calore Q2 prelevato dalla caldaia T2; ne cederà sempre una parte Q1 a una sorgente a temperatura inferiore T1 (tipicamente, l'ambiente esterno);
- rendimento di una macchina termica: è il rapporto tra il lavoro utile sviluppato W = Q2 - Q1 e il calore assorbito Q2. In parole povere, è il rapporto beneficio/costo: per l'enunciato di Kelvin, è sempre minore di 1;
- trasformazioni reversibili: sono quelle che, con una minima variazione delle condizioni esterne, possono essere invertite senza modificare l'ambiente. Sono un caso limite: per essere considerata reversibile, una trasformazione deve avvenire in un tempo estremamente lungo e in assenza di forze dissipative.
Date due sorgenti di calore T1 < T2, tutte le macchine reversibili che operano tra esse, comunque siano costruite, hanno lo stesso rendimento; e qualsiasi macchina irreversibile operante tra esse ha rendimento inferiore.
Una macchina di Carnot è una macchina reversibile che lavora tra due sorgenti. Per conoscerne il rendimento, essendo uguale per tutte, lo si può calcolare in un caso semplice, come quello di una macchina a gas ideale.
Il ciclo di Carnot a gas ideale è composto di quattro trasformazioni, ovviamente tutte reversibili:
- espansione isoterma: le pareti del recipiente (cilindro del motore) conducono calore, ed esso è a contatto con la sorgente calda T2. Espandendosi, il gas tenderebbe a raffreddarsi, per cui assorbe calore da T2 per mantenersi a detta temperatura;
- espansione adiabatica: ora le pareti sono isolanti (adiabatica è una trasformazione dove non si scambia calore con l'esterno), e il gas si raffredda. Lo si fa raffreddare fino alla temperatura T1 della sorgente fredda;
- compressione isoterma: le pareti sono di nuovo conduttrici, il cilindro è a contatto con la sorgente T1, alla quale cede calore poiché, comprimendosi, il gas tenderebbe a riscaldarsi;
- compressione adiabatica: le pareti sono di nuovo isolanti, e si riporta il gas alla temperatura T2, per poi ripetere il ciclo.
Queste trasformazioni corrispondono rispettivamente alle fasi di espansione, scarico, aspirazione, compressione di un motore Diesel. La corrispondenza è peraltro piuttosto vaga poiché nel ciclo di Carnot niente viene aspirato o scaricato: le pareti del cilindro sono sempre chiuse.
Ora, sfruttando le proprietà del gas ideale, si potrebbe dimostrare (non lo facciamo) che il rendimento della macchina di Carnot vale:
Le temperature sono espresse in kelvin. Si vede subito che questo numero è compreso tra 0 e 1, rispettando così i principi della termodinamica. L'unico modo per avere η = 1 sarebbe T1 = 0, cioè la sorgente fredda allo zero assoluto, temperatura fisicamente non raggiungibile.
Il punto cruciale però è: perché non si può avere, con le stesse sorgenti, un rendimento maggiore?
Ecco il perché:
Una macchina di Carnot è usata per alimentare la macchina M, che lavora come frigorifero.
Considerando le due macchine come un unico apparato, deve essere Q2 ≤ Q'2, perché altrimenti avrei un trasferimento netto di calore da T1 a T2, più caldo, contro l'enunciato di Clausius.
Il bilancio energetico delle due macchine mi dà Q2 - Q1 = Q'2 - Q'1 = W; così
ed essendo Q2/Q'2 ≤ 1, è dimostrato che il rendimento di M non può superare quello della macchina di Carnot.
Se anche M è reversibile, si può invertire tutto il processo, ottenendo la diseguaglianza inversa; di conseguenza i due rendimenti sono uguali.
Canzone del giorno: Modjo - No More Tears.
sabato 9 agosto 2008
Scherzetto!
Non volli esserci, domenica 13 luglio, all'ultimo giorno di vita del multisala Verdi di Vittorio Veneto, in parte perché la tristezza avrebbe prevalso sul piacere del film, in parte perché non volevo credere che davvero la città in cui sono nato e cresciuto sarebbe rimasta senza un grande schermo, proprio lei che ne aveva avuti cinque.
Già nel 1992 lo storico cinema-teatro era stato chiuso: c'era ancora l'Impero, a pochi isolati di distanza, ma l'assenza di un vero teatro aveva portato alla nascita del Comitato per il teatro a Vittorio Veneto: diversi negozi diedero il loro supporto fungendo da centri di raccolta di adesioni. Il 25 aprile 1993 i sostenitori lasciarono un mazzo di fiori sulla porta del Verdi, e marciarono per le vie cittadine: lo slogan era Il teatro è morto, viva il teatro.
Tutt'altra cosa, rispetto al patetico Verdi Day di due anni fa, quando del Verdi, profondamente ristrutturato e riaperto nel 1995 sotto l'egida di Furlan-Cinecity, era stata ventilata la chiusura per la prima volta.
Trecento firme, e poi?
Non mi aspettavo di ritrovare le code dei primi anni, quando il Verdi era l'unico multisala della zona e veniva gente da Conegliano, Oderzo, nonché dal bellunese. Ma qualcosa che andasse oltre l'emotività iniziale, sì.
Emblematica fu una conversazione al gazebo elettorale di Lorenzo Biagi, candidato dell'Unione alla presidenza della provincia di Treviso, sempre nel 2006.
Io: "Seriamente, quanto possiamo fare?"
Uno dei militanti: "Eh, póco... cossa vu' tu? i trevisani xe gran lavoratori, ma 'a cultura..."
Io: "Scusatemi, ma due settimane fa in area Fenderl (un parco, dietro la stazione ferroviaria, ndr) c'erano le feste di primavera, organizzate dalle associazioni culturali: voi dove eravate?"
Quest'anno, zero assoluto. Pure il blog Cinemavive pareva piegato al cupio dissolvi. La proprietà diffuse un comunicato in cui - a ragione - dà la colpa ai vittoriesi. Emanuela Da Ros, giornalista locale, scrisse un accorato addio al Verdi, intitolato L'ultimo biglietto - ma mi spiega come ha potuto vedere Io ballo da sola, che è del 1996, vent'anni fa?
Ebbene, scherzetto!
Se quanto leggo è vero, il 14 agosto il multisala Verdi ripartirà con la nuova stagione! (*)
E così mi confermerebbero le locandine di X-Files e Piacere Dave, nel corridoio che si affaccia su via Lioni.
A quanto mi pare di capire, Furlan punta al trasferimento al Victoria, la "cittadella dello sport" nata alla fine degli anni '90 - si parlava addirittura di campionati mondiali di rollerblade! - la cui costruzione è terminata solo da poco, e comunque ancora vuota.
Non mancherebbero i parcheggi né la possibilità di aprire un bar o una pizzeria nei pressi - per me sono tutte scuse, ma queste sono le ragioni per cui si accusa il Verdi di essere deficitario rispetto al Meliès di Conegliano.
Non nego che mi dispiacerebbe se l'edificio di piazza S. Francesco non fosse più un cinema - e soprattutto un teatro, potendo il suo palcoscenico ospitare un'intera orchestra sinfonica - ma se questa è la soluzione per mantenere un cinema a Vittorio Veneto, così sia.
In ogni caso, come più di una persona ha scritto: vittoriesi, meno ciàcoe e più presenze al cinema!
Canzone del giorno: Marjorie Biondo - L'encomio.
(*) Oh, sia chiaro che nemmeno io ci crederò al 100% finché non mi siederò di nuovo in una delle quattro sale!
Già nel 1992 lo storico cinema-teatro era stato chiuso: c'era ancora l'Impero, a pochi isolati di distanza, ma l'assenza di un vero teatro aveva portato alla nascita del Comitato per il teatro a Vittorio Veneto: diversi negozi diedero il loro supporto fungendo da centri di raccolta di adesioni. Il 25 aprile 1993 i sostenitori lasciarono un mazzo di fiori sulla porta del Verdi, e marciarono per le vie cittadine: lo slogan era Il teatro è morto, viva il teatro.
Tutt'altra cosa, rispetto al patetico Verdi Day di due anni fa, quando del Verdi, profondamente ristrutturato e riaperto nel 1995 sotto l'egida di Furlan-Cinecity, era stata ventilata la chiusura per la prima volta.
Trecento firme, e poi?
Non mi aspettavo di ritrovare le code dei primi anni, quando il Verdi era l'unico multisala della zona e veniva gente da Conegliano, Oderzo, nonché dal bellunese. Ma qualcosa che andasse oltre l'emotività iniziale, sì.
Emblematica fu una conversazione al gazebo elettorale di Lorenzo Biagi, candidato dell'Unione alla presidenza della provincia di Treviso, sempre nel 2006.
Io: "Seriamente, quanto possiamo fare?"
Uno dei militanti: "Eh, póco... cossa vu' tu? i trevisani xe gran lavoratori, ma 'a cultura..."
Io: "Scusatemi, ma due settimane fa in area Fenderl (un parco, dietro la stazione ferroviaria, ndr) c'erano le feste di primavera, organizzate dalle associazioni culturali: voi dove eravate?"
Quest'anno, zero assoluto. Pure il blog Cinemavive pareva piegato al cupio dissolvi. La proprietà diffuse un comunicato in cui - a ragione - dà la colpa ai vittoriesi. Emanuela Da Ros, giornalista locale, scrisse un accorato addio al Verdi, intitolato L'ultimo biglietto - ma mi spiega come ha potuto vedere Io ballo da sola, che è del 1996, vent'anni fa?
Ebbene, scherzetto!
Se quanto leggo è vero, il 14 agosto il multisala Verdi ripartirà con la nuova stagione! (*)
E così mi confermerebbero le locandine di X-Files e Piacere Dave, nel corridoio che si affaccia su via Lioni.
A quanto mi pare di capire, Furlan punta al trasferimento al Victoria, la "cittadella dello sport" nata alla fine degli anni '90 - si parlava addirittura di campionati mondiali di rollerblade! - la cui costruzione è terminata solo da poco, e comunque ancora vuota.
Non mancherebbero i parcheggi né la possibilità di aprire un bar o una pizzeria nei pressi - per me sono tutte scuse, ma queste sono le ragioni per cui si accusa il Verdi di essere deficitario rispetto al Meliès di Conegliano.
Non nego che mi dispiacerebbe se l'edificio di piazza S. Francesco non fosse più un cinema - e soprattutto un teatro, potendo il suo palcoscenico ospitare un'intera orchestra sinfonica - ma se questa è la soluzione per mantenere un cinema a Vittorio Veneto, così sia.
In ogni caso, come più di una persona ha scritto: vittoriesi, meno ciàcoe e più presenze al cinema!
Canzone del giorno: Marjorie Biondo - L'encomio.
(*) Oh, sia chiaro che nemmeno io ci crederò al 100% finché non mi siederò di nuovo in una delle quattro sale!
venerdì 8 agosto 2008
Io non boicotto
Manca pochissimo, ormai, alla più discussa delle cerimonie di apertura dei Giochi Olimpici - almeno che io sappia: quando si svolsero quelle di Mosca avevo meno di un anno.
Per ora la parola che ho letto di più, sulla blogosfera, è boicottaggio. Ebbene, per quanto io comprenda le ragioni di chi lo sostiene, non sono d'accordo.
Potrei dire che, senza queste Olimpiadi, le questioni dei diritti umani, della censura... non sarebbero mai state portate alla conoscenza diffusa come invece è accaduto.
Ma soprattutto non lo trovo giusto nei confronti degli atleti.
Comunque tranquilli: il numero dei boicottanti si dimezzerà al primo oro italiano. E poi al secondo, e al terzo...
Canzone del giorno: Pink Floyd - Comfortably Numb.
Per ora la parola che ho letto di più, sulla blogosfera, è boicottaggio. Ebbene, per quanto io comprenda le ragioni di chi lo sostiene, non sono d'accordo.
Potrei dire che, senza queste Olimpiadi, le questioni dei diritti umani, della censura... non sarebbero mai state portate alla conoscenza diffusa come invece è accaduto.
Ma soprattutto non lo trovo giusto nei confronti degli atleti.
Comunque tranquilli: il numero dei boicottanti si dimezzerà al primo oro italiano. E poi al secondo, e al terzo...
Canzone del giorno: Pink Floyd - Comfortably Numb.
martedì 5 agosto 2008
keyb dv
Ovvero: le tastiere della mia vita.
Quando ero bambino, mio papà già collaborava al settimanale diocesano, e gli articoli li batteva a macchina.
L'oggetto mi affascinava al punto che, quando a lui non serviva, inserivo un foglio e battevo: prima lettere a caso, poi frasi di senso compiuto :-)
La tastiera era una QZERTY, come da standard per le macchine per scrivere italiane; non c'era il numero 1, che si otteneva con una l minuscola.
In quinta elementare, quando in casa giunse il primo pc, un po' di z inizialmente furono w, così come un po' di m furono o accentate (la m, sulla macchina per scrivere, era in fondo alla riga centrale a destra della l) - robetta, essendo a disposizione quelle due meraviglie dai nomi Del e Backspace.
Due meraviglie che, nondimeno, ogni tanto si rivelano armi a doppio taglio: è vero che i primi tempi, con la mano sinistra, premevo solo la a e i tasti ctrl, shift e alt, mentre ora uso praticamente tutte le dita; però, come mi fece notare un compagno di collegio, passo quasi più tempo a cancellare che a scrivere.
Per imparare la scrittura a tastiera cieca, molti suggeriscono di adottare il layout Dvorak.
Ora, prima della scorsa settimana, con esso avevo avuto a che fare solo una volta, quando, smanettando con i comandi di DOS, eseguii
Qualche giorno fa, con la stampa dell'immagine qui sopra di fronte a me, e gli indici sui due tasti con la righina in rilievo, tentai la pace col lontano parente del compositore ceco: effettivamente, la sua tastiera semplificata è comoda; le dita non si muovono troppo dalla riga centrale.
A dissuadermi dall'adottarla non è, come per molti altri, il timore di non essere più in grado di usare una QWERTY - in fin dei conti, tutti noi passiamo quotidianamente dalla disposizione del telefono a quella della calcolatrice, per non parlare del telecomando; eppure non sbagliamo. Il mio timore, al contrario, è di inseguire un ideale, per poi scontrarmi con un mondo ben diverso (un esempio: ^X, ^C e ^V, ossia taglia, copia e incolla; tasti vicini sulla QWERTY, lontani sulla Dvorak). Ok, le scorciatoie da tastiera si possono ridefinire, ma chi mi garantisce che potrò farlo sul pc dell'ufficio?
All'università, per dire, siamo obbligati a usare la tastiera americana. Che è ottima per programmare - niente alt+123 e alt+125 per le parentesi graffe! - un po' meno per scrivere un testo con le vocali accentate. Un compromesso interessante mi sembra il layout US-International, dove per esempio digitando
Va be', ragazzi, farò le prove e deciderò. Se questo blog avrà altri periodi di stanca, non sarà per la mia indecisione tastieristica.
Canzone del giorno: Kasabian - Test Transmission.
Quando ero bambino, mio papà già collaborava al settimanale diocesano, e gli articoli li batteva a macchina.
L'oggetto mi affascinava al punto che, quando a lui non serviva, inserivo un foglio e battevo: prima lettere a caso, poi frasi di senso compiuto :-)
La tastiera era una QZERTY, come da standard per le macchine per scrivere italiane; non c'era il numero 1, che si otteneva con una l minuscola.
In quinta elementare, quando in casa giunse il primo pc, un po' di z inizialmente furono w, così come un po' di m furono o accentate (la m, sulla macchina per scrivere, era in fondo alla riga centrale a destra della l) - robetta, essendo a disposizione quelle due meraviglie dai nomi Del e Backspace.
Due meraviglie che, nondimeno, ogni tanto si rivelano armi a doppio taglio: è vero che i primi tempi, con la mano sinistra, premevo solo la a e i tasti ctrl, shift e alt, mentre ora uso praticamente tutte le dita; però, come mi fece notare un compagno di collegio, passo quasi più tempo a cancellare che a scrivere.
Per imparare la scrittura a tastiera cieca, molti suggeriscono di adottare il layout Dvorak.
Ora, prima della scorsa settimana, con esso avevo avuto a che fare solo una volta, quando, smanettando con i comandi di DOS, eseguii
keyb dv
; risultato: paura di aver scombinato tutto, riavvio frettoloso del sistema operativo pregando che ripartisse come al solito (l'avrebbe fatto), promessa che Dvořák, da allora in avanti, sarebbe stato solo l'autore della sinfonia Dal Nuovo Mondo.Qualche giorno fa, con la stampa dell'immagine qui sopra di fronte a me, e gli indici sui due tasti con la righina in rilievo, tentai la pace col lontano parente del compositore ceco: effettivamente, la sua tastiera semplificata è comoda; le dita non si muovono troppo dalla riga centrale.
A dissuadermi dall'adottarla non è, come per molti altri, il timore di non essere più in grado di usare una QWERTY - in fin dei conti, tutti noi passiamo quotidianamente dalla disposizione del telefono a quella della calcolatrice, per non parlare del telecomando; eppure non sbagliamo. Il mio timore, al contrario, è di inseguire un ideale, per poi scontrarmi con un mondo ben diverso (un esempio: ^X, ^C e ^V, ossia taglia, copia e incolla; tasti vicini sulla QWERTY, lontani sulla Dvorak). Ok, le scorciatoie da tastiera si possono ridefinire, ma chi mi garantisce che potrò farlo sul pc dell'ufficio?
All'università, per dire, siamo obbligati a usare la tastiera americana. Che è ottima per programmare - niente alt+123 e alt+125 per le parentesi graffe! - un po' meno per scrivere un testo con le vocali accentate. Un compromesso interessante mi sembra il layout US-International, dove per esempio digitando
` a
(la ` è a sinistra dell'1, dove noi abbiamo \) si ottiene à. Rovescio della medaglia: per scrivere l'ultimo dovrei battere l' [spazio] ultimo
, altrimenti mi compare lúltimo...Va be', ragazzi, farò le prove e deciderò. Se questo blog avrà altri periodi di stanca, non sarà per la mia indecisione tastieristica.
Canzone del giorno: Kasabian - Test Transmission.
domenica 3 agosto 2008
Tutto è relativo, anche Cerami
Negli anni dei festival della scienza, prendere spunto da una scoperta, da un fenomeno... fa indubbiamente tendenza. Lo sa bene Vincenzo Cerami, che sull'Unità dichiara: "La parola di oggi è relatività."
Cerami, lei arriva in ritardo. Relatività è stata la mia parola d'ordine fino al 4 giugno; ora è Monte Carlo. Ma, visto che ci siamo, potrebbe chiarirmi analogie e differenze tra la covarianza generale e le teorie di Yang-Mills, intese come teorie di gauge non abeliane; sa, gli appunti non li avevo presi benissimo, e all'esame non era richiesto, però è sempre utile saperlo, no?
Canzone del giorno: Savoy - Foreign Film.
Cerami, lei arriva in ritardo. Relatività è stata la mia parola d'ordine fino al 4 giugno; ora è Monte Carlo. Ma, visto che ci siamo, potrebbe chiarirmi analogie e differenze tra la covarianza generale e le teorie di Yang-Mills, intese come teorie di gauge non abeliane; sa, gli appunti non li avevo presi benissimo, e all'esame non era richiesto, però è sempre utile saperlo, no?
Canzone del giorno: Savoy - Foreign Film.
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