Avvertenza: quanto segue rivela la trama del film.
È deciso: non andrò mai più a vedere film che parlino di missioni spaziali. A questo ho voluto dare una possibilità, essendo diretto da Danny Boyle; sapendo perciò che non ci sarebbero stati sacrifici eroici, messaggi strazianti alle famiglie a terra o discorsi di presidenti, come in Armageddon giusto per avere un'idea. In effetti così è: tutti gli eventi si svolgono su Icarus II, la navicella che porta con sé una bomba destinata a "riaccendere" il Sole in agonia - eccezion fatta per la scena finale, in cui, nell'inverno costante in cui la Terra è precipitata, la famiglia di Capa (Cillian Murphy), il fisico dell'equipaggio, vede il Sole recuperare la sua originaria luminosità.
Ci sono alcuni momenti tipicamente boyliani: per esempio il "bagno di luce" dello psicologo Searle (Cliff Curtis) e l'esplorazione della "foresta" nel giardino di Icarus I, la prima navicella con cui si sarebbe dovuta compiere la missione, alla deriva in orbita attorno al Sole. Per non parlare di Pinbacker (Mark Strong), il comandante di Icarus I che aveva sabotato la sua missione perché "non si deve sfidare Dio" e, sopravvissuto, cerca di fare lo stesso con il nuovo tentativo.
Al relitto di Icarus I l'equipaggio giunge perché, passando vicino a Mercurio, capta il segnale di SOS del suo predecessore, e decide di cambiare rotta per salvarlo - e poter usare un'altra bomba, nel caso una fallisse l'obiettivo. Trey (Benedict Wong), però, commette un errore grossolano che provoca seri danni al mezzo: è necessario uscire per ripararli... insomma, ci siamo capiti.
Pur con uno stile diverso dai kolossal non si esce, cioè, dal solito canovaccio: l'ossigeno che non basta, i sensi di colpa, i membri dell'equipaggio che si mettono uno contro l'altro, l'ultimo superstite della lotta (Capa, giusto per ribadire che i fisici so' sempre li mejo) che dà quel che resta della sua vita per il bene dell'umanità.
Canzone del giorno: Death Cab For Cutie - Marching Bands Of Manhattan.
sabato 28 aprile 2007
mercoledì 25 aprile 2007
Naufragi dixerunt
Novembre 2005: al piano nobile del Pedrocchi, a Padova, si tiene una conferenza su bambini e mass media. Per quello che riguarda la televisione, ovviamente sul banco degli imputati ci sono i reality show: il dr. Alberto Nuvolari, presidente del Co.re.com. veneto, parlando delle lettere di "denuncia" che periodicamente gli giungono, risponde che la cosa migliore sarebbe ignorare quei programmi; eppure l'ascolto è sempre alto, perché alta è la curiosità, per poi eventualmente parlarne male.
Non sono fiero di essere l'unico ad intervenire per mettere sotto accusa anche i programmi come Porta a porta - più gettonati sono gli attacchi ai film a luci rosse, trasmessi di notte dalle tv locali - alla fine, tuttavia, l'altro relatore, il prof. Giuseppe Milan di Scienza dell'Educazione, mi dice che è d'accordo sul fatto che tali trasmissioni siano spesso più pericolose della pornografia: quest'ultima provoca una reazione violenta, Vespa & C. agiscono in modo impercettibile.
Tornato a casa, prendo due piccioni con una fava: accendo il televisore e cosa c'è? Porta a porta, speciale Isola dei famosi: a una settimana prima risale la finale che ha visto vincitrice Lory del Santo.
Ho ancora il block-notes sottomano e mi segno qualche frase: le trascrivo testuali, perché così sono ancora più belle. Altro che dibattiti Prodi-Berlusconi; Vespa andrebbe salvato solo per questo.
Qualche giorno dopo, a L'Italia sul 2, l'insetto è nel corso della sua consueta maratona di studi televisivi per presentare la sua ultima, imprescindibile fatica. E dichiara: "A cinque anni volevo fare il falegname."
È ancora in tempo per coronare il suo sogno: cosa aspetta?
Canzone del giorno: Hans Zimmer - Monochrome (The Weather Man OST).
Non sono fiero di essere l'unico ad intervenire per mettere sotto accusa anche i programmi come Porta a porta - più gettonati sono gli attacchi ai film a luci rosse, trasmessi di notte dalle tv locali - alla fine, tuttavia, l'altro relatore, il prof. Giuseppe Milan di Scienza dell'Educazione, mi dice che è d'accordo sul fatto che tali trasmissioni siano spesso più pericolose della pornografia: quest'ultima provoca una reazione violenta, Vespa & C. agiscono in modo impercettibile.
Tornato a casa, prendo due piccioni con una fava: accendo il televisore e cosa c'è? Porta a porta, speciale Isola dei famosi: a una settimana prima risale la finale che ha visto vincitrice Lory del Santo.
Ho ancora il block-notes sottomano e mi segno qualche frase: le trascrivo testuali, perché così sono ancora più belle. Altro che dibattiti Prodi-Berlusconi; Vespa andrebbe salvato solo per questo.
- Non c'è alcun naufrago dell'Isola che non sia stato arricchito da questa esperienza. Non credo che l'Isola possa far male all'etica delle persone, anche perché le sofferenze fanno emergere la parte migliore e la parte peggiore di noi. (Simona Ventura)
- Da parte degli intellettuali veri non c'è mai spocchia nei confronti di ciò che piace a milioni di persone. Ora invece si vorrebbe dividere l'Italia in raffinata e volgare. Allora viva l'Isola dei Famosi visto che è anche uno spettacolo molto sofisticato! Io penso che Lory del Santo abbia vinto perché si è mostrata, lei così trasgressiva, così disciplinata nella vita primitiva. (Barbara Palombelli in Rutelli)
- L'Isola è un viaggio interiore. (Maurizio Ferrini, meglio conosciuto come la signora Coriandoli)
- Lory, sei molto più bella adesso! Anche il professor Zecchi (*) annuisce! (Bruno Vespa)
- L'Isola dei Famosi non rimane solo nel suo spazio, viene espansa in tutte le reti. Io credo che la tv pubblica debba formare, anche. (Massimo Giletti)
Qualche giorno dopo, a L'Italia sul 2, l'insetto è nel corso della sua consueta maratona di studi televisivi per presentare la sua ultima, imprescindibile fatica. E dichiara: "A cinque anni volevo fare il falegname."
È ancora in tempo per coronare il suo sogno: cosa aspetta?
Canzone del giorno: Hans Zimmer - Monochrome (The Weather Man OST).
domenica 22 aprile 2007
Tango francese
Anche sui siti dei quotidiani italiani ora in apertura campeggiano i risultati del primo turno delle presidenziali francesi, con Nicolas Sarkozy che se la vedrà il 5 maggio con Ségolène Royal.
Il sito del Corriere mostra anche una tabella con le percentuali dei vari candidati:
con la bandierina francese rovesciata.
Il tricolore italiano, rovesciato, diventa quello della Costa d'Avorio: e quello francese? Ha un significato la bandiera a tre strisce verticali rossa, bianca e blu?
Ebbene, ce l'ha: nel codice internazionale dei segnali - in uso nella Marina - corrisponde alla lettera T (Tango, nell'alfabeto fonetico NATO), e significa anche tenetevi lontano da me.
Ok, ma da chi devo tenermi lontano: da Nicolas o da Ségolène?
Finora pare che i cugini si siano tenuti lontani da Jean-Marie, il che non guasta.
Canzone della sera: Elista - La vie à 2.
Il sito del Corriere mostra anche una tabella con le percentuali dei vari candidati:
con la bandierina francese rovesciata.
Il tricolore italiano, rovesciato, diventa quello della Costa d'Avorio: e quello francese? Ha un significato la bandiera a tre strisce verticali rossa, bianca e blu?
Ebbene, ce l'ha: nel codice internazionale dei segnali - in uso nella Marina - corrisponde alla lettera T (Tango, nell'alfabeto fonetico NATO), e significa anche tenetevi lontano da me.
Ok, ma da chi devo tenermi lontano: da Nicolas o da Ségolène?
Finora pare che i cugini si siano tenuti lontani da Jean-Marie, il che non guasta.
Canzone della sera: Elista - La vie à 2.
Apophis
Non so chi sia il più autorevole tra me e Sandro Mayer, ma se i lettori di Dipiù non vogliono credere a me, almeno credano alla Nasa. Su un recente numero della rivista si parla di 99942 Apophis (2004 MN4), l'asteroide sospettato di colpire la Terra nel 2036 - nella Pasqua del 2036, per essere esatti - e dei possibili modi per deviarne la traiettoria.
Effettivamente per alcuni giorni c'è stato poco da scherzare: il 27 dicembre 2004 le osservazioni davano una probabilità di impatto del 2,7% (1 su 37); nella scala Torino, da 0 (nessun rischio) a 10 (rischio massimo), Apophis era al livello 4.
La notizia, ovviamente, fu strillata da giornali e tv: ma chi di voi ha mai sentito dire che misure successive dapprima ridussero il rating a 1 - con una probabilità di circa 1 su 5000 - e che dal 6 agosto 2006 l'allarme è ufficialmente rientrato?
In altre parole: con buona pace di Piergiorgio Odifreddi, il 13 aprile 2036 festeggeremo ancora la Risurrezione.
Canzone del giorno: Sondre Lerche - Sleep On Needles.
Effettivamente per alcuni giorni c'è stato poco da scherzare: il 27 dicembre 2004 le osservazioni davano una probabilità di impatto del 2,7% (1 su 37); nella scala Torino, da 0 (nessun rischio) a 10 (rischio massimo), Apophis era al livello 4.
La notizia, ovviamente, fu strillata da giornali e tv: ma chi di voi ha mai sentito dire che misure successive dapprima ridussero il rating a 1 - con una probabilità di circa 1 su 5000 - e che dal 6 agosto 2006 l'allarme è ufficialmente rientrato?
In altre parole: con buona pace di Piergiorgio Odifreddi, il 13 aprile 2036 festeggeremo ancora la Risurrezione.
Canzone del giorno: Sondre Lerche - Sleep On Needles.
venerdì 20 aprile 2007
Culture in regress
A parte la temperatura, c'è una differenza enorme tra la primavera del 2006 e quella del 2007, almeno a Vittorio Veneto e a Padova: quest'anno non ci sono i gazebo elettorali. Niente volantini da distribuire, niente gente dal nullo senso dell'umorismo al di qua e al di là dei tavolini - o meglio, la gente è la stessa, ma almeno un minimo di senso dell'umorismo posso far finta che ci sia.
L'anno scorso, oltre alle politiche e al referendum costituzionale, molti italiani furono chiamati alle urne anche per le amministrative: in particolare, i residenti della provincia di Treviso avrebbero votato per il rinnovo del consiglio provinciale.
Un paio di domeniche prima del voto, in centro a Vittorio Veneto mi fermai a salutare i Ds al gazebo e chiesi a quanto poteva ambire, secondo loro, il candidato del centrosinistra Lorenzo Biagi.
"Mah, non tanto... sai, i trevigiani sono gran lavoratori, ma la cultura..." mi rispose uno.
"Scusatemi, ma all'area Fenderl fino a una settimana fa c'erano le feste di primavera, con le associazioni culturali: voialtri dove eravate?" Di fatto, non ne avevo visto nemmeno uno. Giusto Adriana Costantini, che della Consulta dell'associazionismo culturale fa parte, e per mezz'ora scarsa.
Così come praticamente nessuno di loro ho mai visto al cinema Verdi, che a quanto pare quest'anno sarà chiuso davvero.
Non so se il blog, aperto di recente sul sito del multisala, è un canto del cigno o se significa che il cinema ha davvero qualche speranza di restare in vita. Ma tutta quella gente che, l'anno scorso, alla prima avvisaglia di chiusura, aveva organizzato il Verdi Day, dov'è finita? Tutti a casa di Alessandro Cadamuro, il genio che, allora, aveva detto che il Verdi è solo "un salvagente bucato" di cui la città non ha bisogno?
Canzone del giorno: Evanescence - Lacrymosa.
L'anno scorso, oltre alle politiche e al referendum costituzionale, molti italiani furono chiamati alle urne anche per le amministrative: in particolare, i residenti della provincia di Treviso avrebbero votato per il rinnovo del consiglio provinciale.
Un paio di domeniche prima del voto, in centro a Vittorio Veneto mi fermai a salutare i Ds al gazebo e chiesi a quanto poteva ambire, secondo loro, il candidato del centrosinistra Lorenzo Biagi.
"Mah, non tanto... sai, i trevigiani sono gran lavoratori, ma la cultura..." mi rispose uno.
"Scusatemi, ma all'area Fenderl fino a una settimana fa c'erano le feste di primavera, con le associazioni culturali: voialtri dove eravate?" Di fatto, non ne avevo visto nemmeno uno. Giusto Adriana Costantini, che della Consulta dell'associazionismo culturale fa parte, e per mezz'ora scarsa.
Così come praticamente nessuno di loro ho mai visto al cinema Verdi, che a quanto pare quest'anno sarà chiuso davvero.
Non so se il blog, aperto di recente sul sito del multisala, è un canto del cigno o se significa che il cinema ha davvero qualche speranza di restare in vita. Ma tutta quella gente che, l'anno scorso, alla prima avvisaglia di chiusura, aveva organizzato il Verdi Day, dov'è finita? Tutti a casa di Alessandro Cadamuro, il genio che, allora, aveva detto che il Verdi è solo "un salvagente bucato" di cui la città non ha bisogno?
Canzone del giorno: Evanescence - Lacrymosa.
martedì 17 aprile 2007
La sposa perfetta
Mi dispiacerebbe molto che lo show condotto da Roberta Lanfranchi e Cesare Cadeo fosse cancellato, come ultimamente si legge. Non ne ho visto nemmeno 5 minuti, ma sulla fiducia: se Natalia Aspesi ne ha parlato male, è sicuramente bellissimo. "Il paese delle suocere televisive pare uscito dalle vignette dell'epoca fascista;" detto da una che ha definito Il Signore degli Anelli "una saga un po' naziskin," è sicuramente un giudizio da prendere in seria considerazione.
E Vladimir Luxuria: "In questo reality, la donna torna una merce da vendere, sottomessa alla volontà esclusiva dell'uomo." Vladimiro, guadagno falcemartellino: le ballerine glitterate col fiocchettino te le regalo anche se stai zitto. Basta che ti ricordi di usare i bagni giusti.
E meno male che, all'indomani della proposta di Claudio Petruccioli, presidente della Rai, di non inserire più reality show nei palinsesti della tv pubblica, Corrado Formigli di SkyTG24 aveva parlato di "pedagogia degna della Cei" ; ora capisco perché le femministe - vetero e neo, meglio se di sesso maschile - che a malapena sanno cosa sia il transetto si stracciano le vesti per il sacerdozio alle donne: il loro sogno segreto è partecipare al conclave. Magari con il cilicio.
Canzone del giorno: Paradise Lost - Hallowed Land.
E Vladimir Luxuria: "In questo reality, la donna torna una merce da vendere, sottomessa alla volontà esclusiva dell'uomo." Vladimiro, guadagno falcemartellino: le ballerine glitterate col fiocchettino te le regalo anche se stai zitto. Basta che ti ricordi di usare i bagni giusti.
E meno male che, all'indomani della proposta di Claudio Petruccioli, presidente della Rai, di non inserire più reality show nei palinsesti della tv pubblica, Corrado Formigli di SkyTG24 aveva parlato di "pedagogia degna della Cei" ; ora capisco perché le femministe - vetero e neo, meglio se di sesso maschile - che a malapena sanno cosa sia il transetto si stracciano le vesti per il sacerdozio alle donne: il loro sogno segreto è partecipare al conclave. Magari con il cilicio.
Canzone del giorno: Paradise Lost - Hallowed Land.
lunedì 16 aprile 2007
La colonna sonora della vita
da una conversazione su msn con Stefania; in arancio le mie frasi, in blu le sue:
ma è possibile
che la canzone che sarà per sempre associata alla mia patente
è "Musica" di Paolo Meneguzzi?
nooooooooooooooooooooooooooooooooo
qualcosa di un po' più culturale no?
oh, che ci vuoi fare
il giorno dell'esame
al bar, in attesa
c'era quella canzone
oggi poi ho accompagnato mio papà
lui è sceso un attimo all'edicola
io ho acceso la radio
e cosa c'era?
perché per me lo sai sei musica
nell'anima
poi non ne so più
e insieme a te...
non cadrò...
non cadrò...
noooooooooooooooooooooooooo...
è per te che il sole non finisce mai
di splendereeeeeeeeeeeeeeeeeee
comunque andrààààà
dentro di meeeee
tu vivraiii
e suoneraaaaaiiii
oh yeah
quando si dice la musica impegnata
oh, dovevi chiamare la radio quella mattina
e farti mettere la canzone che piace a te
se l'avessi saputo
eh, ma abbi pazienza
ancora non mi fido a guidare con la radio
presto ci saranno altre canzoni che assocerò alla macchina
te lo auguro
sabato 14 aprile 2007
Donne di poca fede...
Dalla scorsa settimana sto onorando il patto sottoscritto con Eloisa ancora prima delle feste di Natale: lei avrebbe guardato 24, io Roswell. Ricordate la SCLL con Lorenza dello scorso ottobre, in cui quest'ultima era sicura che, qualora avessi visto il telefilm, sarei diventato dreamer (Max & Liz), a differenza di lei che è candy (Michael & Maria)? Anche Eloisa è candy, e sia lei che le altre mie amiche roswelliane - tutte candy - mi consideravano una causa persa... donne di poca fede! Ok, è vero che sono dreamer, e non potevo non esserlo, essendo DJer (Dawson & Joey), sognatore, romantico e scrivendo sonetti - e portando gli stessi sandali di Liz Parker - ma ho la strada spianata per diventare anche candy: contente?
(Annapia e Cinzia, nonostante vogliate che io sia solo candy, non preoccupatevi: anche se sono dreamer, Max Evans non entrerà nel novero dei miei alter ego!)
Canzone del giorno: Songs: Ohia - Blue Chicago Moon.
(Annapia e Cinzia, nonostante vogliate che io sia solo candy, non preoccupatevi: anche se sono dreamer, Max Evans non entrerà nel novero dei miei alter ego!)
Canzone del giorno: Songs: Ohia - Blue Chicago Moon.
martedì 10 aprile 2007
Alessandro Ballan
Oltre alla veglia di sabato notte e all'uovo di cioccolato - rigorosamente fondente - la mia tradizione pasquale è la classica del Nord, nel pomeriggio.
In diretta o registrata - se la giornata la trascorro fuori casa - mi sento privato di qualcosa quando Pasqua cade in marzo, la domenica che sta a metà strada tra la Milano-Sanremo e il Giro delle Fiandre.
Quest'anno è toccato proprio alla Ronde Van Vlaanderen. Una corsa che, Pasqua o non Pasqua, è unica, quasi come la Roubaix. Ero furibondo, quando la Rai cancellò la diretta dell'edizione di due anni fa, "in segno di rispetto per la morte di Papa Giovanni Paolo II," visto che, fino a prova contraria, nessuno è obbligato a tenere il televisore permanentemente acceso, né mi risulta che si preghi con il televisore acceso.
Ma, se un tempo i muri li conoscevo quasi tutti, ora ricordo a malapena il Berendries, a parte il mitico muro di Geraardsbergen (e non Gerhard Berger, caro Auro; quello faceva altro!), con la chiesetta in cima, e il Bosberg, l'ultimo strappo della corsa, che rese celebre Edwig Van Hooydonck.
Non so perché. Quando andavo al liceo c'era ancora Telemontecarlo, che ogni settimana trasmetteva Ciclissimo, una rubrica di mezz'ora condotta da Davide De Zan, con il "contropedale" di Franco Cribiori. Ed era un appuntamento irrinunciabile per me. Tra le cose che apprezzavo di più, nelle puntate che precedevano le classiche, c'erano i servizi che ricordavano le ultime edizioni. È così che seppi di Moreno Argentin, vincitore in maglia tricolore nel '90 davanti a Rudy Dhaenens, che quell'anno avrebbe vinto il mondiale. Così come di Jacky Durand e della sua folle fuga del '92, cominciata a soli 43 km dal via, con Roelandt, Meyvisch e Wegmüller, l'ultimo a cedere.
Al tempo, la corsa partiva dalla piazza del mercato di Sint-Niklaas, la capitale della Waasland, che a Prato della Valle di Padova contende il primato europeo di dimensioni. Ma, ridendo e scherzando, quella di quest'anno è già la decima edizione la cui partenza è situata a Brugge.
Manca, in televisione, una rubrica come Ciclissimo. Ma chi è quel sant'uomo che, ai tempi del reality show Campioni, gridò al conduttore a De Zan, torna a commenta' er ciclismo! ?
Avendo vinto le ultime due edizioni, era ovviamente Tom Boonen il favorito d'obbligo l'altro ieri, ma ha visibilmente deluso. Lo svizzero Fabian Cancellara, prima del Tenbosse, prova a ripetere ciò che l'anno scorso fece alla Roubaix, ma senza cambi non ci riesce. Sul muro di Geraardsbergen, meglio conosciuto in Italia come Grammont, se ne va Alessandro Ballan, di Castelfranco Veneto, che l'anno scorso si era messo particolarmente in luce nelle classiche. Lo segue Leif Hoste. Nel tratto che segue il Bosberg - dove ci aveva provato, tutto solo, Filippo Pozzato - si forma un'altra coppia all'inseguimento dei due: Tomas Vaitkus, vincitore l'anno scorso della tappa di Termoli del Giro d'Italia, e Karsten Kroon, vincitore a Plouay al Tour 2002. Il lituano e l'olandese arrivano ad avere 10 secondi di distacco dai battistrada, ma non di meno, nonostante questi ultimi, sul rettilineo finale, si controllino e rallentino. Ai 300 m parte Hoste: io quasi tifo per il belga, essendo già stato due volte secondo (nel 2004 e nel 2006) ma è il più lento, e difatti sul traguardo Alessandro Ballan vince!
Domani c'è la Gent-Wevelgem, e state certi che mi sarò già dimenticato ciò che ho appena raccontato: dodici anni fa l'avrei mandato a memoria praticamente per tutta la vita. Non so quanto ricorderò delle classiche di questo, del prossimo anno e di quelli che seguiranno, ma certamente, quando nella mia - anzi, nostra - futura casa inviteremo gli amici al pranzo pasquale, sull'LCD del nostro salotto (molto stylish) passeranno le immagini del Giro delle Fiandre, o della Roubaix, o dell'Amstel. Magari da un canale satellitare con l'audio in neerlandese, che nel frattempo la tante Marina mi avrà insegnato.
Canzone del giorno: Eels - Flyswatter.
In diretta o registrata - se la giornata la trascorro fuori casa - mi sento privato di qualcosa quando Pasqua cade in marzo, la domenica che sta a metà strada tra la Milano-Sanremo e il Giro delle Fiandre.
Quest'anno è toccato proprio alla Ronde Van Vlaanderen. Una corsa che, Pasqua o non Pasqua, è unica, quasi come la Roubaix. Ero furibondo, quando la Rai cancellò la diretta dell'edizione di due anni fa, "in segno di rispetto per la morte di Papa Giovanni Paolo II," visto che, fino a prova contraria, nessuno è obbligato a tenere il televisore permanentemente acceso, né mi risulta che si preghi con il televisore acceso.
Ma, se un tempo i muri li conoscevo quasi tutti, ora ricordo a malapena il Berendries, a parte il mitico muro di Geraardsbergen (e non Gerhard Berger, caro Auro; quello faceva altro!), con la chiesetta in cima, e il Bosberg, l'ultimo strappo della corsa, che rese celebre Edwig Van Hooydonck.
Non so perché. Quando andavo al liceo c'era ancora Telemontecarlo, che ogni settimana trasmetteva Ciclissimo, una rubrica di mezz'ora condotta da Davide De Zan, con il "contropedale" di Franco Cribiori. Ed era un appuntamento irrinunciabile per me. Tra le cose che apprezzavo di più, nelle puntate che precedevano le classiche, c'erano i servizi che ricordavano le ultime edizioni. È così che seppi di Moreno Argentin, vincitore in maglia tricolore nel '90 davanti a Rudy Dhaenens, che quell'anno avrebbe vinto il mondiale. Così come di Jacky Durand e della sua folle fuga del '92, cominciata a soli 43 km dal via, con Roelandt, Meyvisch e Wegmüller, l'ultimo a cedere.
Al tempo, la corsa partiva dalla piazza del mercato di Sint-Niklaas, la capitale della Waasland, che a Prato della Valle di Padova contende il primato europeo di dimensioni. Ma, ridendo e scherzando, quella di quest'anno è già la decima edizione la cui partenza è situata a Brugge.
Manca, in televisione, una rubrica come Ciclissimo. Ma chi è quel sant'uomo che, ai tempi del reality show Campioni, gridò al conduttore a De Zan, torna a commenta' er ciclismo! ?
Avendo vinto le ultime due edizioni, era ovviamente Tom Boonen il favorito d'obbligo l'altro ieri, ma ha visibilmente deluso. Lo svizzero Fabian Cancellara, prima del Tenbosse, prova a ripetere ciò che l'anno scorso fece alla Roubaix, ma senza cambi non ci riesce. Sul muro di Geraardsbergen, meglio conosciuto in Italia come Grammont, se ne va Alessandro Ballan, di Castelfranco Veneto, che l'anno scorso si era messo particolarmente in luce nelle classiche. Lo segue Leif Hoste. Nel tratto che segue il Bosberg - dove ci aveva provato, tutto solo, Filippo Pozzato - si forma un'altra coppia all'inseguimento dei due: Tomas Vaitkus, vincitore l'anno scorso della tappa di Termoli del Giro d'Italia, e Karsten Kroon, vincitore a Plouay al Tour 2002. Il lituano e l'olandese arrivano ad avere 10 secondi di distacco dai battistrada, ma non di meno, nonostante questi ultimi, sul rettilineo finale, si controllino e rallentino. Ai 300 m parte Hoste: io quasi tifo per il belga, essendo già stato due volte secondo (nel 2004 e nel 2006) ma è il più lento, e difatti sul traguardo Alessandro Ballan vince!
Domani c'è la Gent-Wevelgem, e state certi che mi sarò già dimenticato ciò che ho appena raccontato: dodici anni fa l'avrei mandato a memoria praticamente per tutta la vita. Non so quanto ricorderò delle classiche di questo, del prossimo anno e di quelli che seguiranno, ma certamente, quando nella mia - anzi, nostra - futura casa inviteremo gli amici al pranzo pasquale, sull'LCD del nostro salotto (molto stylish) passeranno le immagini del Giro delle Fiandre, o della Roubaix, o dell'Amstel. Magari da un canale satellitare con l'audio in neerlandese, che nel frattempo la tante Marina mi avrà insegnato.
Canzone del giorno: Eels - Flyswatter.
lunedì 9 aprile 2007
Forte... piano... : il reportage
Avvertenza: quanto segue rivela la trama dell'opera.
L'ultimo spettacolo della rassegna Una poltrona per due, al Piccolo Teatro Don Bosco di Padova, è stato una produzione propria: Forte... piano... di Andrea Nao.
Aperto il sipario, con un clavicembalo in sottofondo, ci troviamo di fronte ad una storica (Giuliana Casadei) che ci introduce nel contesto in cui si svolgono gli eventi, e una vivace esperta d'arte (Margherita Ghisi) che tenta continuamente di fare digressioni sull'architettura dei palazzi della città. I siparietti con le due studiose e la loro compagnia di musicisti si ripeteranno ad ogni cambio di scenografia, chiusi ogni volta dal Fuori! della severa storica.
Siamo nella Padova di fine '600; il giovane Bartolomeo Cristofori (Marco Avventi) si divide tra il lavoro alla bottega del padre Giovanni, noto costruttore e riparatore di strumenti musicali, e lo studio dell'astronomia - la facoltà è stata fondata da pochi anni - con l'amico Nicolò (Denis Varotto). Le conversazioni tra i due si soffermano spesso sulla politica, sui rapporti tra scienza e religione - è passato appena mezzo secolo dal processo a Galileo Galilei, che i satelliti di Giove li aveva osservati proprio da Padova - e sulla donna di cui Bartolomeo è innamorato: Isabella Frimani (Silvia Toniato), figlia di Bernardo (Stefano Giurisato) e Laura (Enrica Ruffatti), nobili affamati di potere, pronti a usare la loro unica figlia femmina per scalare i vertici della Repubblica di Venezia: l'hanno promessa in sposa, difatti, al rampollo Alvise Gracenigo (anch'egli interpretato da Stefano Giurisato).
L'intreccio è perciò il più classico dei triangoli amorosi: l'entusiasmo di Bartolomeo è soffocato dalla differenza di rango sociale, con Isabella che, pur amandolo, nemmeno ipotizza di andare contro le tradizioni della famiglia; a distanza di appena mezzo secolo dal processo a Galileo Galilei già fa fatica, lei devotissima, ad accettare la mentalità scientifica di Bartolomeo - divertente la scena del loro incontro clandestino nel cortile di casa Frimani, con Isabella in estasi di fronte alla bellezza del cielo stellato, Bartolomeo che osserva e pensare che è tutto descrivibile con la matematica! e Isabella ecco, devi sempre rovinare la poesia!
Si avvicina la data del matrimonio tra Isabella e Alvise, e Bartolomeo (ma va'!) viene ufficialmente invitato a suonare il clavicembalo alla cerimonia. Alvise ha la fama di virtuoso dello strumento - è l'ideale per accompagnare nostra figlia, dice la signora Firmani - e Bartolomeo, spinto anche da Nicolò, vuole tentare il tutto per tutto dimostrandosi più bravo di lui.
È lì che gli viene l'idea di modificare il clavicembalo, sostituendo i salterelli con i martelletti, permettendo così di variare l'intensità del suono; per questo il nuovo strumento viene chiamato fortepiano, abbreviazione di clavicembalo con il forte e con il piano. (Anche se in realtà non si tratta più di un clavicembalo; sulla base di esso sarebbe stato costruito l'odierno pianoforte.) È da qui che inizia ad intervenire - è un fuori programma - Francesca Bacchetta, che al fortepiano esegue alcuni brevi pezzi.
Isabella, dopo un vano tentativo di convincere sua madre di non farla sposare Alvise, la notte prima delle nozze giunge di nascosto alla bottega dei Cristofori. Lì Bartolomeo le fa sentire per la prima volta il suono del fortepiano: non solo il brano è stato composto per lei, ma pure lo strumento è stato costruito apposta per lei.
Isabella rimane con il suo amato tutta la notte, la notte più bella della sua vita, come gli dirà appena prima di lasciarlo. Bartolomeo più volte la scongiura di fuggire con lui, ma invano: sul far del giorno, Isabella si affretta per non farsi scoprire dai suoi genitori.
La festa ce la racconta Bartolomeo, di ritorno. Il fortepiano l'ha bruciato: dopo che tutti i presenti erano stati stregati da questa rivoluzionaria sonorità, il vecchio Gracenigo avrebbe voluto comprarlo, e Bartolomeo ha preferito darlo alle fiamme che al padre di colui che gli aveva sottratto l'amata. Bartolomeo ricorda con commozione il momento in cui ha dedicato il suo pezzo ad una donna davvero bella, e Isabella, che era stata triste per tutta la cerimonia, per un attimo lo ha guardato negli occhi.
Il seguito vede Bartolomeo Cristofori alla corte del principe Ferdinando de' Medici. Il fortepiano è ora in auge, e sta di mano in mano sostituendo il clavicembalo. Bartolomeo non avrebbe mai più visto Isabella Gracenigo, e sue notizie gli sarebbero giunte più di dieci anni dopo, tramite Nicolò. E non si sarebbe trattato di notizie buone.
Nicolò, nella scena finale, porta a Bartolomeo un tasto del primo fortepiano, sopravvissuto all'incendio, che Isabella ha sempre conservato.
Prima di togliersi la vita, distrutta dalla disperazione.
La storia, ovviamente, è molto diversa: l'unica cosa vera, a parte l'invenzione dello strumento, è l'invito alla corte fiorentina. Non credo però che Andrea Nao intendesse inscenare uno spettacolo biografico dell'illustre patavino. Si tratta di una commedia ben costruita, divertente quando deve; un progetto, quello della compagnia del Piccolo Teatro, da portare avanti.
Alcune scelte, tuttavia, sono più che discutibili.
Innanzitutto: nei sopra menzionati siparietti con il complesso cameristico, sono spiegati - mimandoli - i meccanismi che producono il suono nel clavicembalo e nel fortepiano. Ma se l'intento è lodevole, il risultato lascia molto a desiderare: le spiegazioni vogliono essere complete, ma non possono essere troppo lunghe dal momento che non siamo a lezione di storia della musica; appaiono di conseguenza affrettate, quasi affannose; dubito che un profano abbia capito veramente come gli strumenti funzionano.
Poi, le discussioni "accademiche" tra Bartolomeo e Nicolò - o Bartolomeo e Isabella: troppo lunghe e ridondanti. Non serviva insistere tanto, che so, per mostrare che Bartolomeo crede che scienza e fede non siano in contrasto (come, del resto, è nella realtà, ndr). Sono meglio caratterizzati, paradossalmente, i personaggi secondari - per esempio Giovanni Cristofori, padre del protagonista - per i quali si lascia il giusto all'intuito dello spettatore.
Ancora, le scene d'amore tra Bartolomeo e Isabella: il copione sembra più adatto al set di un telefilm che a un palcoscenico; non è necessariamente un fatto negativo, ma lo diventa se la recitazione rimane, per l'appunto, teatrale.
Infine, la conclusione. Non dico che io volessi l'happy end - anche se, come Ken Follett in Una fortuna pericolosa, Nao avrebbe potuto inventarsi una morte improvvisa di Alvise - ma quella dedica postuma, a Isabella, del brano che Bartolomeo le aveva composto, mentre il sipario si chiude, francamente fa venire il latte alle ginocchia.
Non so se qualcuno della compagnia leggerà mai questa "recensione" ; se ciò dovesse accadere, spero non la prenda troppo a male: in caso, consideri che io sono un cultore del clavicembalo ;-)
Canzone del giorno: Evanescence - Imaginary.
L'ultimo spettacolo della rassegna Una poltrona per due, al Piccolo Teatro Don Bosco di Padova, è stato una produzione propria: Forte... piano... di Andrea Nao.
Aperto il sipario, con un clavicembalo in sottofondo, ci troviamo di fronte ad una storica (Giuliana Casadei) che ci introduce nel contesto in cui si svolgono gli eventi, e una vivace esperta d'arte (Margherita Ghisi) che tenta continuamente di fare digressioni sull'architettura dei palazzi della città. I siparietti con le due studiose e la loro compagnia di musicisti si ripeteranno ad ogni cambio di scenografia, chiusi ogni volta dal Fuori! della severa storica.
Siamo nella Padova di fine '600; il giovane Bartolomeo Cristofori (Marco Avventi) si divide tra il lavoro alla bottega del padre Giovanni, noto costruttore e riparatore di strumenti musicali, e lo studio dell'astronomia - la facoltà è stata fondata da pochi anni - con l'amico Nicolò (Denis Varotto). Le conversazioni tra i due si soffermano spesso sulla politica, sui rapporti tra scienza e religione - è passato appena mezzo secolo dal processo a Galileo Galilei, che i satelliti di Giove li aveva osservati proprio da Padova - e sulla donna di cui Bartolomeo è innamorato: Isabella Frimani (Silvia Toniato), figlia di Bernardo (Stefano Giurisato) e Laura (Enrica Ruffatti), nobili affamati di potere, pronti a usare la loro unica figlia femmina per scalare i vertici della Repubblica di Venezia: l'hanno promessa in sposa, difatti, al rampollo Alvise Gracenigo (anch'egli interpretato da Stefano Giurisato).
L'intreccio è perciò il più classico dei triangoli amorosi: l'entusiasmo di Bartolomeo è soffocato dalla differenza di rango sociale, con Isabella che, pur amandolo, nemmeno ipotizza di andare contro le tradizioni della famiglia; a distanza di appena mezzo secolo dal processo a Galileo Galilei già fa fatica, lei devotissima, ad accettare la mentalità scientifica di Bartolomeo - divertente la scena del loro incontro clandestino nel cortile di casa Frimani, con Isabella in estasi di fronte alla bellezza del cielo stellato, Bartolomeo che osserva e pensare che è tutto descrivibile con la matematica! e Isabella ecco, devi sempre rovinare la poesia!
Si avvicina la data del matrimonio tra Isabella e Alvise, e Bartolomeo (ma va'!) viene ufficialmente invitato a suonare il clavicembalo alla cerimonia. Alvise ha la fama di virtuoso dello strumento - è l'ideale per accompagnare nostra figlia, dice la signora Firmani - e Bartolomeo, spinto anche da Nicolò, vuole tentare il tutto per tutto dimostrandosi più bravo di lui.
È lì che gli viene l'idea di modificare il clavicembalo, sostituendo i salterelli con i martelletti, permettendo così di variare l'intensità del suono; per questo il nuovo strumento viene chiamato fortepiano, abbreviazione di clavicembalo con il forte e con il piano. (Anche se in realtà non si tratta più di un clavicembalo; sulla base di esso sarebbe stato costruito l'odierno pianoforte.) È da qui che inizia ad intervenire - è un fuori programma - Francesca Bacchetta, che al fortepiano esegue alcuni brevi pezzi.
Isabella, dopo un vano tentativo di convincere sua madre di non farla sposare Alvise, la notte prima delle nozze giunge di nascosto alla bottega dei Cristofori. Lì Bartolomeo le fa sentire per la prima volta il suono del fortepiano: non solo il brano è stato composto per lei, ma pure lo strumento è stato costruito apposta per lei.
Isabella rimane con il suo amato tutta la notte, la notte più bella della sua vita, come gli dirà appena prima di lasciarlo. Bartolomeo più volte la scongiura di fuggire con lui, ma invano: sul far del giorno, Isabella si affretta per non farsi scoprire dai suoi genitori.
La festa ce la racconta Bartolomeo, di ritorno. Il fortepiano l'ha bruciato: dopo che tutti i presenti erano stati stregati da questa rivoluzionaria sonorità, il vecchio Gracenigo avrebbe voluto comprarlo, e Bartolomeo ha preferito darlo alle fiamme che al padre di colui che gli aveva sottratto l'amata. Bartolomeo ricorda con commozione il momento in cui ha dedicato il suo pezzo ad una donna davvero bella, e Isabella, che era stata triste per tutta la cerimonia, per un attimo lo ha guardato negli occhi.
Il seguito vede Bartolomeo Cristofori alla corte del principe Ferdinando de' Medici. Il fortepiano è ora in auge, e sta di mano in mano sostituendo il clavicembalo. Bartolomeo non avrebbe mai più visto Isabella Gracenigo, e sue notizie gli sarebbero giunte più di dieci anni dopo, tramite Nicolò. E non si sarebbe trattato di notizie buone.
Nicolò, nella scena finale, porta a Bartolomeo un tasto del primo fortepiano, sopravvissuto all'incendio, che Isabella ha sempre conservato.
Prima di togliersi la vita, distrutta dalla disperazione.
La storia, ovviamente, è molto diversa: l'unica cosa vera, a parte l'invenzione dello strumento, è l'invito alla corte fiorentina. Non credo però che Andrea Nao intendesse inscenare uno spettacolo biografico dell'illustre patavino. Si tratta di una commedia ben costruita, divertente quando deve; un progetto, quello della compagnia del Piccolo Teatro, da portare avanti.
Alcune scelte, tuttavia, sono più che discutibili.
Innanzitutto: nei sopra menzionati siparietti con il complesso cameristico, sono spiegati - mimandoli - i meccanismi che producono il suono nel clavicembalo e nel fortepiano. Ma se l'intento è lodevole, il risultato lascia molto a desiderare: le spiegazioni vogliono essere complete, ma non possono essere troppo lunghe dal momento che non siamo a lezione di storia della musica; appaiono di conseguenza affrettate, quasi affannose; dubito che un profano abbia capito veramente come gli strumenti funzionano.
Poi, le discussioni "accademiche" tra Bartolomeo e Nicolò - o Bartolomeo e Isabella: troppo lunghe e ridondanti. Non serviva insistere tanto, che so, per mostrare che Bartolomeo crede che scienza e fede non siano in contrasto (come, del resto, è nella realtà, ndr). Sono meglio caratterizzati, paradossalmente, i personaggi secondari - per esempio Giovanni Cristofori, padre del protagonista - per i quali si lascia il giusto all'intuito dello spettatore.
Ancora, le scene d'amore tra Bartolomeo e Isabella: il copione sembra più adatto al set di un telefilm che a un palcoscenico; non è necessariamente un fatto negativo, ma lo diventa se la recitazione rimane, per l'appunto, teatrale.
Infine, la conclusione. Non dico che io volessi l'happy end - anche se, come Ken Follett in Una fortuna pericolosa, Nao avrebbe potuto inventarsi una morte improvvisa di Alvise - ma quella dedica postuma, a Isabella, del brano che Bartolomeo le aveva composto, mentre il sipario si chiude, francamente fa venire il latte alle ginocchia.
Non so se qualcuno della compagnia leggerà mai questa "recensione" ; se ciò dovesse accadere, spero non la prenda troppo a male: in caso, consideri che io sono un cultore del clavicembalo ;-)
Canzone del giorno: Evanescence - Imaginary.
domenica 8 aprile 2007
Christ rising again from the dead now dieth not.
Death from henceforth hath no more dominion over him.
For in that he died, he died but once to put away sin,
but in that he liveth, he liveth unto God.
And so likewise count yourselves dead unto sin
but living unto God in Christ Jesus our Lord.
Christ is risen again, the first fruits of them that sleep.
For seeing that by man came death,
by man came also the resurrection of the dead.
For as in Adam all men do die,
so by Christ all men shall be restored to life.
Amen.
(William Byrd)
Death from henceforth hath no more dominion over him.
For in that he died, he died but once to put away sin,
but in that he liveth, he liveth unto God.
And so likewise count yourselves dead unto sin
but living unto God in Christ Jesus our Lord.
Christ is risen again, the first fruits of them that sleep.
For seeing that by man came death,
by man came also the resurrection of the dead.
For as in Adam all men do die,
so by Christ all men shall be restored to life.
Amen.
(William Byrd)
venerdì 6 aprile 2007
Guide dalla quattordicesima alla diciottesima e... esame!!!
Presumo che vi eravate abbondantemente rotti le scatole di leggere la cronaca delle mie lezioni di guida; bene, ragazzi, sull'argomento motori ora si cambia fase, perché ieri ho preso la patente!!!
Nelle ultime esercitazioni qualche errore continuava a preoccuparmi, specialmente quando ancora pochi secondi e non mi accorgevo di un semaforo o di un divieto di accesso, oppure quando controllavo la situazione di una rotatoria troppo in anticipo, entravo ed ero sul punto di mancare la precedenza. Con i parcheggi finivo sistematicamente troppo distante dal marciapiede - quella volta in cui se non mi fermava Gianluca ci finivo addosso aveva lasciato un grosso segno - tranne quando partivo con l'idea che li avevo già fatti e li sapevo fare!
Alla fine della diciottesima lezione, il giorno prima dell'esame, devo dare il cambio a Silvia. Sentendo le urla di Gianluca su come afferra il cambio, per non parlare di quando fa spegnere l'auto in partenza, immagino si tratti di una delle sue prime guide, e invece anche lei ha l'esame il giorno dopo. Di conseguenza mi chiedo: anch'io guido così male o sono messo meglio di quanto creda?
Ed eccola, la mattina dell'esame. Ho dormito tranquillamente, ma da poco prima di andare a letto ho un dolore alla spalla destra che va e viene, e mi preoccupa un po'. In autoscuola mi aspetta Paola - l'istruttrice che mi ha seguito all'inizio - con Paco, che ricordo dalle lezioni di teoria. Paola gli fa provare qualche parcheggio a S. Agostino prima che ci muoviamo verso il punto di ritrovo, dopo aver caricato anche Marisol e Francesca. A quest'ultima ho dato più volte il cambio, alla fine di un'esercitazione; la prima volta mi sembrava piuttosto a buon punto, ed era appena alla seconda guida! Quando me lo dice, io commento "e sei riuscita a non spegnere mai la macchina alla seconda guida?" e Paola "ha avuto tempo dopo!"
Francesca è decisamente la più tesa, anche perché il suo bambino l'ha tenuta sveglia assai. Volevo tenermelo per me, ma quando Francesca mi stringe la mano decido di mettermi un po' alla berlina raccontando di aver sognato, poche ore prima, di essere in auto e non riuscire a fermarla perché non arrivavo col piede alla frizione!
In tutto siamo sei candidati - ci sarà anche Silvia, ma la preleveranno più tardi. Prima dell'esame, gli istruttori ci fanno fare un breve riscaldamento, e lì sono io che faccio spegnere l'auto, e ad un incrocio si potrebbe dire che ho mancato la precedenza. Ok, mettiamola così: ho sbagliato al warm-up, per cui in gara andrà tutto bene.
Per primi sono esaminati i quattro allievi di Paola. Così, in attesa, restiamo solo io e Alessandro, un ragazzo di Napoli. Entriamo nel bar lì dietro: io faccio la colazione che a casa non ho fatto. Il più impaziente sembra lui, almeno per i primi tre quarti d'ora; io cerco di mascherare chiacchierando e ogni tanto dando una sbirciata ai quotidiani - l'esame lo farò con il Padova nella tasca posteriore destra! - ma non posso negare che anch'io non vedo l'ora che Gianluca e gli altri siano di ritorno.
Purtroppo, non a tutti i primi quattro la prova è andata bene. Appena Gianluca dice "il primo si prepari!" non guardo nemmeno Alessandro, e salgo. Questi sale con Paola, che ci seguirà.
Si parte. È Gianluca, e non l'esaminatore, a darmi gli ordini. Rampa verso il lungargine Ziani, poi a sinistra in ponte Voltabarozzo, via Facciolati, e poi a sinistra. Ricordo di guardare bene lo specchio mentre mi porto a sinistra della corsia, tutto giusto. Incrocio lo sguardo di Paola nello specchio; ricorderà le mie prime volte, quando andavo in panico ogni volta che dovevo ripartire? In un vicolo cieco è il momento di inversione e parcheggio. Mentre accosto per preparare l'inversione sto per andare un po' troppo a destra; Gianluca mi fa un cenno e io mi fermo. Inversione ok - oh, le ho imparate sulle stradine di campagna - e al momento di parcheggiare so cosa devo dirmi. E difatti viene perfetto!
Si prosegue lungo una strada dallo strano disegno (via Vergerio, o lì vicino), piuttosto stretta, con in fondo una rotatoria che solo Dio sa a cosa serva. (Gianluca, in esercitazione, scherzava dicendo che sono loro a dare le mazzette al Comune perché metta punti difficili sulle strade, ma qualche dubbio è venuto pure a me.) Nel warm-up mi era capitato di vedere solo all'ultimo momento (causa scarsa visibilità dell'incrocio) un'auto in avvicinamento (che aveva la precedenza), e di non essermi fermato pensando di poter passare in tempo. Gianluca mi aveva detto che con un errore del genere sarei stato bocciato; mi capita la medesima situazione ora, e stavolta mi fermo. Visto?
L'esaminatore pare non amare troppo la mia abitudine a fare la radiocronaca delle mie azioni: "guardi, facciamo ancora un minuto se sta zitto, cinque se parla!"
Siamo all'incrocio tra via Leopardi e via Manzoni, fermi al semaforo. È cioè il momento della partenza in salita. Devo mordermi la lingua. Manca pochissimo, ma non è finita e potrebbe arrivare l'errore fatale. No, non succederà. Sono partito già in salita, e su strade ben più ripide. La so fare.
E la faccio. Gianluca mi fa accostare alla fermata dell'autobus in via Cavazzana. C'è un foglio da firmare.
Da dietro mi giunge un tesserino rosa: "Tenga, e stia zitto!"
Anche per Alessandro tutto ok; per Silvia invece non so, perché Paola ci ha riportati in autoscuola.
Ma una cosa è certa: tutto ciò mi mancherà.
Canzoni del giorno: Evanescence - Going Under; e la canzone che ho sentito aspettando al bar, Paolo Meneguzzi - Musica.
Nelle ultime esercitazioni qualche errore continuava a preoccuparmi, specialmente quando ancora pochi secondi e non mi accorgevo di un semaforo o di un divieto di accesso, oppure quando controllavo la situazione di una rotatoria troppo in anticipo, entravo ed ero sul punto di mancare la precedenza. Con i parcheggi finivo sistematicamente troppo distante dal marciapiede - quella volta in cui se non mi fermava Gianluca ci finivo addosso aveva lasciato un grosso segno - tranne quando partivo con l'idea che li avevo già fatti e li sapevo fare!
Alla fine della diciottesima lezione, il giorno prima dell'esame, devo dare il cambio a Silvia. Sentendo le urla di Gianluca su come afferra il cambio, per non parlare di quando fa spegnere l'auto in partenza, immagino si tratti di una delle sue prime guide, e invece anche lei ha l'esame il giorno dopo. Di conseguenza mi chiedo: anch'io guido così male o sono messo meglio di quanto creda?
Ed eccola, la mattina dell'esame. Ho dormito tranquillamente, ma da poco prima di andare a letto ho un dolore alla spalla destra che va e viene, e mi preoccupa un po'. In autoscuola mi aspetta Paola - l'istruttrice che mi ha seguito all'inizio - con Paco, che ricordo dalle lezioni di teoria. Paola gli fa provare qualche parcheggio a S. Agostino prima che ci muoviamo verso il punto di ritrovo, dopo aver caricato anche Marisol e Francesca. A quest'ultima ho dato più volte il cambio, alla fine di un'esercitazione; la prima volta mi sembrava piuttosto a buon punto, ed era appena alla seconda guida! Quando me lo dice, io commento "e sei riuscita a non spegnere mai la macchina alla seconda guida?" e Paola "ha avuto tempo dopo!"
Francesca è decisamente la più tesa, anche perché il suo bambino l'ha tenuta sveglia assai. Volevo tenermelo per me, ma quando Francesca mi stringe la mano decido di mettermi un po' alla berlina raccontando di aver sognato, poche ore prima, di essere in auto e non riuscire a fermarla perché non arrivavo col piede alla frizione!
In tutto siamo sei candidati - ci sarà anche Silvia, ma la preleveranno più tardi. Prima dell'esame, gli istruttori ci fanno fare un breve riscaldamento, e lì sono io che faccio spegnere l'auto, e ad un incrocio si potrebbe dire che ho mancato la precedenza. Ok, mettiamola così: ho sbagliato al warm-up, per cui in gara andrà tutto bene.
Per primi sono esaminati i quattro allievi di Paola. Così, in attesa, restiamo solo io e Alessandro, un ragazzo di Napoli. Entriamo nel bar lì dietro: io faccio la colazione che a casa non ho fatto. Il più impaziente sembra lui, almeno per i primi tre quarti d'ora; io cerco di mascherare chiacchierando e ogni tanto dando una sbirciata ai quotidiani - l'esame lo farò con il Padova nella tasca posteriore destra! - ma non posso negare che anch'io non vedo l'ora che Gianluca e gli altri siano di ritorno.
Purtroppo, non a tutti i primi quattro la prova è andata bene. Appena Gianluca dice "il primo si prepari!" non guardo nemmeno Alessandro, e salgo. Questi sale con Paola, che ci seguirà.
Si parte. È Gianluca, e non l'esaminatore, a darmi gli ordini. Rampa verso il lungargine Ziani, poi a sinistra in ponte Voltabarozzo, via Facciolati, e poi a sinistra. Ricordo di guardare bene lo specchio mentre mi porto a sinistra della corsia, tutto giusto. Incrocio lo sguardo di Paola nello specchio; ricorderà le mie prime volte, quando andavo in panico ogni volta che dovevo ripartire? In un vicolo cieco è il momento di inversione e parcheggio. Mentre accosto per preparare l'inversione sto per andare un po' troppo a destra; Gianluca mi fa un cenno e io mi fermo. Inversione ok - oh, le ho imparate sulle stradine di campagna - e al momento di parcheggiare so cosa devo dirmi. E difatti viene perfetto!
Si prosegue lungo una strada dallo strano disegno (via Vergerio, o lì vicino), piuttosto stretta, con in fondo una rotatoria che solo Dio sa a cosa serva. (Gianluca, in esercitazione, scherzava dicendo che sono loro a dare le mazzette al Comune perché metta punti difficili sulle strade, ma qualche dubbio è venuto pure a me.) Nel warm-up mi era capitato di vedere solo all'ultimo momento (causa scarsa visibilità dell'incrocio) un'auto in avvicinamento (che aveva la precedenza), e di non essermi fermato pensando di poter passare in tempo. Gianluca mi aveva detto che con un errore del genere sarei stato bocciato; mi capita la medesima situazione ora, e stavolta mi fermo. Visto?
L'esaminatore pare non amare troppo la mia abitudine a fare la radiocronaca delle mie azioni: "guardi, facciamo ancora un minuto se sta zitto, cinque se parla!"
Siamo all'incrocio tra via Leopardi e via Manzoni, fermi al semaforo. È cioè il momento della partenza in salita. Devo mordermi la lingua. Manca pochissimo, ma non è finita e potrebbe arrivare l'errore fatale. No, non succederà. Sono partito già in salita, e su strade ben più ripide. La so fare.
E la faccio. Gianluca mi fa accostare alla fermata dell'autobus in via Cavazzana. C'è un foglio da firmare.
Da dietro mi giunge un tesserino rosa: "Tenga, e stia zitto!"
Anche per Alessandro tutto ok; per Silvia invece non so, perché Paola ci ha riportati in autoscuola.
Ma una cosa è certa: tutto ciò mi mancherà.
Canzoni del giorno: Evanescence - Going Under; e la canzone che ho sentito aspettando al bar, Paolo Meneguzzi - Musica.
domenica 1 aprile 2007
Mrs Assessor, I presume
"Investire su risparmio energetico e su fonti rinnovabili di energia è una politica vincente," afferma Antonella Caldart, assessore all'Ambiente del Comune di Vittorio Veneto, che venerdì scorso ha presentato il progetto Ambient in progress.
Ora, Mrs Assessor (*), ho capito che voialtri della Northern League siete gente semplice, ma visto che siete così pignoli sulla łéngoa vèneta, posso dirvi che ambient è un aggettivo, e che ambiente in inglese si dice environment?
Megl: Mrs Assessor, can I consigl you to consult a dictionary Victories-English before you scegl the titol of your iniziativ?
(Veramente non ce ne sarebbe bisogno, visto che Antonella Caldart è un'insegnante di inglese.)
(*) Nel caso il vostro prossimo compito di inglese riguardi l'amministrazione della vostra città, sappiate che assessore si traduce con town councillor.
Canzone della sera: Nathan Sheppard - Call On Me.
Errata corrige (6 aprile): mi segnala l'ufficio stampa del Comune di Vittorio Veneto che il nome esatto dell'iniziativa è Ambiente in progress, e non Ambient in progress come, effettivamente, io avevo letto su un articolo del Treviso di domenica scorsa. Di sicuro, l'avessi saputo, non avrei fatto certe battute, le quali comunque non volevano essere offensive nei confronti dell'ass. Caldart, con la quale mi scuso nel caso in cui se la sia presa. Semplicemente, così avevo letto sul giornale e mi era parsa una cosa di cui poter scherzare; ciò che prendevo di mira era la mania di usare termini inglesi anche quando non servono, che in certi casi porta a risultati esilaranti - come un meraviglioso proper production di una gelateria di un paese tra Rimini e Riccione. Anche sulla versione corretta, per quanto meno forte, un po' di briscoeggiamento l'avrei fatto: mi perdoni l'ass. Caldart o chi al posto suo ha deciso questo titolo, ma insomma, sarebbe stato così dequalificante mettere ambiente in evoluzione o miglioriamo l'ambiente? (Un po' come i Rai News o Rai Educational.) Tuttavia mi pare di capire che tale svista sia comparsa anche in altri quotidiani, così come è comparsa sul numero di oggi dell'Azione: di conseguenza mi viene il sospetto che nel comunicato stampa ci fosse un errore di battuta.
Infine, sulla questione-Northern League: che Antonella Caldart non è della Lega Nord - bensì della lista civica Vittorio nuova - lo so bene, avendo seguito le elezioni di tre anni fa. Resta il fatto che l'amministrazione comunale di Vittorio Veneto è a guida leghista; se ai ragazzi di Vittorio nuova dà fastidio essere associati al partito di Umberto Bossi, la prossima volta facciano a meno di allearcisi.
Ora, Mrs Assessor (*), ho capito che voialtri della Northern League siete gente semplice, ma visto che siete così pignoli sulla łéngoa vèneta, posso dirvi che ambient è un aggettivo, e che ambiente in inglese si dice environment?
Megl: Mrs Assessor, can I consigl you to consult a dictionary Victories-English before you scegl the titol of your iniziativ?
(Veramente non ce ne sarebbe bisogno, visto che Antonella Caldart è un'insegnante di inglese.)
(*) Nel caso il vostro prossimo compito di inglese riguardi l'amministrazione della vostra città, sappiate che assessore si traduce con town councillor.
Canzone della sera: Nathan Sheppard - Call On Me.
Errata corrige (6 aprile): mi segnala l'ufficio stampa del Comune di Vittorio Veneto che il nome esatto dell'iniziativa è Ambiente in progress, e non Ambient in progress come, effettivamente, io avevo letto su un articolo del Treviso di domenica scorsa. Di sicuro, l'avessi saputo, non avrei fatto certe battute, le quali comunque non volevano essere offensive nei confronti dell'ass. Caldart, con la quale mi scuso nel caso in cui se la sia presa. Semplicemente, così avevo letto sul giornale e mi era parsa una cosa di cui poter scherzare; ciò che prendevo di mira era la mania di usare termini inglesi anche quando non servono, che in certi casi porta a risultati esilaranti - come un meraviglioso proper production di una gelateria di un paese tra Rimini e Riccione. Anche sulla versione corretta, per quanto meno forte, un po' di briscoeggiamento l'avrei fatto: mi perdoni l'ass. Caldart o chi al posto suo ha deciso questo titolo, ma insomma, sarebbe stato così dequalificante mettere ambiente in evoluzione o miglioriamo l'ambiente? (Un po' come i Rai News o Rai Educational.) Tuttavia mi pare di capire che tale svista sia comparsa anche in altri quotidiani, così come è comparsa sul numero di oggi dell'Azione: di conseguenza mi viene il sospetto che nel comunicato stampa ci fosse un errore di battuta.
Infine, sulla questione-Northern League: che Antonella Caldart non è della Lega Nord - bensì della lista civica Vittorio nuova - lo so bene, avendo seguito le elezioni di tre anni fa. Resta il fatto che l'amministrazione comunale di Vittorio Veneto è a guida leghista; se ai ragazzi di Vittorio nuova dà fastidio essere associati al partito di Umberto Bossi, la prossima volta facciano a meno di allearcisi.
Dico, o almeno ci provo
Se non mi sono ancora espresso - almeno qui - a proposito del disegno di legge sui Dico è perché da un lato alcune cose ancora non mi sono chiare, e voglio sentire più idee possibile, dall'altro perché è ancora vivo il ricordo del referendum sulla legge 40.
Premessa: da quanto ho scritto in passato penso sia chiaro quanto fastidio mi diano i laicisti senza se e senza ma - quelli che, pur condannando a parole chi imbratta i muri, non si darebbero molto da fare per cancellare le scritte che, di tanto in tanto, compaiono sul muro della cattedrale di Vittorio Veneto: Chiesa = intolleranza; preti a casa! - nondimeno stavolta non posso che unirmi a chi mal digerisce la nient'affatto velata allusione alla non libertà di coscienza dei parlamentari cattolici chiamati al voto sulla Bindi-Pollastrini (*), contenuta nella famigerata nota della Cei.
Per quello che riguarda la questione principale, non nascondo qualche perplessità.
Una cosa che è scritta nella suddetta nota è sicuramente vera: le leggi contribuiscono a creare costume e mentalità. Quindi, se questa legge dovesse servire a far superare i pregiudizi sull'omosessualità - che sono presenti ovunque, anche tra i "modernisti" - la si approvi seduta stante.
A parte ciò, credo che uno Stato non debba legiferare in funzione dei desideri del popolo, bensì ragionando su ciò che è buono per il medesimo. (Altrimenti, poco mancherebbe al governo della "gente comune.") E di certo le nuove generazioni, sballottate di continuo da un posto a un altro, in famiglie sfasciate o raffazzonate, non crescono come si deve. Non è la legge a tenere le famiglie unite, lo so benissimo. Se ora alla frase ci si sposa una volta sola si risponde si spera! lo dobbiamo non alla legge sul divorzio, ma a una cultura diffusasi negli ultimi decenni, sulla quale la Chiesa, peraltro, è stata zitta. Tuttavia, se si chiede al governo di "difendere la famiglia," cioè di provvedere, per quanto è in suo potere, affinché le coppie che intendono diventare vera e propria famiglia incontrino meno difficoltà, io sono il primo a sottoscrivere questa richiesta.
Non mi piace la retorica di certe frange politiche, che sembrano quasi contente che la famiglia tradizionale - cos'abbia di male la famiglia tradizionale non si sa: mi ricorda molto gli strali di sette-otto anni fa contro la "scuola gentiliana" e la "lezione frontale" - sia in crisi. E mi chiedo: se le coppie di fatto venissero equiparate alle famiglie in tutto e per tutto, come tali frange vorrebbero (non è il caso del ddl attualmente in discussione), quale coppia sceglierebbe di sposarsi, sapendo che se le cose vanno male deve andare per avvocati, mentre per annullare un Dico basta una raccomandata con ricevuta di ritorno, e i diritti sono gli stessi?
Per questo mi sento abbastanza vicino alla posizione di Torietoreri. Le questioni relative alle "convivenze anagrafiche" , come lui le chiama, possono essere regolamentate "nell'ambito dei diritti individuali, senza ipotizzare una nuova figura giuridica?" Se ne può discutere: io non sono un esperto di diritto, lascio che si esprima chi di dovere. Ma una cosa è certa: vorrei che, almeno quando la posta in gioco sono persone, si pensasse alle persone, e non alle ideologie.
(*) Parlamentari che, quasi dimenticavo, i diritti - anzi, i privilegi - che garantirebbero i Dico li hanno già da diversi anni.
Canzone del giorno: Incognito - There Will Come A Day.
Premessa: da quanto ho scritto in passato penso sia chiaro quanto fastidio mi diano i laicisti senza se e senza ma - quelli che, pur condannando a parole chi imbratta i muri, non si darebbero molto da fare per cancellare le scritte che, di tanto in tanto, compaiono sul muro della cattedrale di Vittorio Veneto: Chiesa = intolleranza; preti a casa! - nondimeno stavolta non posso che unirmi a chi mal digerisce la nient'affatto velata allusione alla non libertà di coscienza dei parlamentari cattolici chiamati al voto sulla Bindi-Pollastrini (*), contenuta nella famigerata nota della Cei.
Per quello che riguarda la questione principale, non nascondo qualche perplessità.
Una cosa che è scritta nella suddetta nota è sicuramente vera: le leggi contribuiscono a creare costume e mentalità. Quindi, se questa legge dovesse servire a far superare i pregiudizi sull'omosessualità - che sono presenti ovunque, anche tra i "modernisti" - la si approvi seduta stante.
A parte ciò, credo che uno Stato non debba legiferare in funzione dei desideri del popolo, bensì ragionando su ciò che è buono per il medesimo. (Altrimenti, poco mancherebbe al governo della "gente comune.") E di certo le nuove generazioni, sballottate di continuo da un posto a un altro, in famiglie sfasciate o raffazzonate, non crescono come si deve. Non è la legge a tenere le famiglie unite, lo so benissimo. Se ora alla frase ci si sposa una volta sola si risponde si spera! lo dobbiamo non alla legge sul divorzio, ma a una cultura diffusasi negli ultimi decenni, sulla quale la Chiesa, peraltro, è stata zitta. Tuttavia, se si chiede al governo di "difendere la famiglia," cioè di provvedere, per quanto è in suo potere, affinché le coppie che intendono diventare vera e propria famiglia incontrino meno difficoltà, io sono il primo a sottoscrivere questa richiesta.
Non mi piace la retorica di certe frange politiche, che sembrano quasi contente che la famiglia tradizionale - cos'abbia di male la famiglia tradizionale non si sa: mi ricorda molto gli strali di sette-otto anni fa contro la "scuola gentiliana" e la "lezione frontale" - sia in crisi. E mi chiedo: se le coppie di fatto venissero equiparate alle famiglie in tutto e per tutto, come tali frange vorrebbero (non è il caso del ddl attualmente in discussione), quale coppia sceglierebbe di sposarsi, sapendo che se le cose vanno male deve andare per avvocati, mentre per annullare un Dico basta una raccomandata con ricevuta di ritorno, e i diritti sono gli stessi?
Per questo mi sento abbastanza vicino alla posizione di Torietoreri. Le questioni relative alle "convivenze anagrafiche" , come lui le chiama, possono essere regolamentate "nell'ambito dei diritti individuali, senza ipotizzare una nuova figura giuridica?" Se ne può discutere: io non sono un esperto di diritto, lascio che si esprima chi di dovere. Ma una cosa è certa: vorrei che, almeno quando la posta in gioco sono persone, si pensasse alle persone, e non alle ideologie.
(*) Parlamentari che, quasi dimenticavo, i diritti - anzi, i privilegi - che garantirebbero i Dico li hanno già da diversi anni.
Canzone del giorno: Incognito - There Will Come A Day.
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