61,4% di no, e si sono scrutinate tutte le sezioni. Sì, direi che è davvero finita. La Costituzione è salva, l'Italia è salva.
Chissà se, con ciò, finirà, almeno per quest'anno, anche la stagione dei veleni, dell'arrampicarsi sugli specchi ("non ha vinto nessuno, rivotiamo"), dei dibattiti televisivi fintamente ingessati e della campagna elettorale permanente. Per me sicuramente sì; già dopo l'estenuante campagna per le elezioni del 9-10 aprile, a risultato definitivamente acquisito, non riuscivo più a leggere le pagine di politica sui quotidiani, ed ero tornato come 5-6 anni fa, quando bene o male leggevo solo le pagine di spettacolo, cultura e un po' di cronaca.
Non dico di voler abbassare la guardia - in Italia e nel mondo la situazione è sempre critica ed è giusto sapere ciò che accade - ma si tratta di istinto di sopravvivenza, ragazzi. L'arroganza berlusconiana, e il fioccare di dichiarazioni (per lo più inutili, se non per fare il suo gioco) di veri o artefatti leader in affanno per una finestra sui piccoli schermi degli italiani, hanno logorato anche i rapporti interpersonali. Ed è di questi ultimi che ho più bisogno, in questo momento.
Pertanto, almeno fino a settembre, questo vuole essere l'ultimo post politico di questo blog.
I dati emersi oggi, in particolare quel 53,6% di affluenza, a fine giugno e a seguito, come sopra detto, di mesi snervanti per qualsiasi cittadino, hanno dimostrato innanzitutto che non è vero che il referendum è un istituto inutile. Il paragone, naturalmente, è con il referendum dell'anno scorso sulla fecondazione assistita, dove si era arrivati a malapena a un'affluenza di un quarto degli aventi diritto.
D'accordo, quello era un referendum abrogativo, c'era un quorum da raggiungere, e chi era contrario si schierò per l'astensione, per cui non conosceremo mai la percentuale di italiani che si interessò della questione. Sta di fatto che, personalmente, non mi pare che il battage propagandistico per quest'ultimo referendum sia stato significativamente maggiore di quello di dodici mesi (e due settimane) fa.
L'anno scorso, all'indomani della disfatta del fronte del sì, tra coloro che ne avevano fatto parte suonava un disco rotto: l'Italia è un Paese di ignoranti, che non si vogliono informare e che rinunciano a ragionare con la loro testa obbedendo ciecamente agli ordini di Ruini - conclusione sostanzialmente non diversa da "l'Italia fa schifo" detta oggi dal leghista Speroni. Ma io francamente dubito che, ad eccezione di coloro che operano nel settore, quei circa 12 milioni che si recarono ai seggi fossero diventati in poche settimane super-esperti di staminali embrionali, diagnosi preimpianto e crioconservazione. Anche perché la domanda che la stragrande maggioranza di costoro lesse sulla scheda fu "vorreste ridurre per sempre al silenzio chiunque indossi una tonaca?" Si fosse veramente dibattuto delle questioni tecniche - e i quesiti erano fortemente tecnici - non si sarebbe raggiunto nemmeno il 10%.
E i 25 milioni che hanno votato ieri e oggi sono esperti di Costituzione?
Beh, con tutto il rispetto per gli embrioni, la Costituzione repubblicana dovrebbe far parte del bagaglio culturale di qualsiasi cittadino italiano. Dico dovrebbe perché so che la realtà è ben diversa. La Costituzione è la base della nostra unità nazionale e l'impronta della nostra storia; ma non solo noialtri non andiamo oltre il campanilismo (tranne quando ci sono i Mondiali), ma nemmeno riusciamo ad accettare il verdetto che la storia ha espresso su di noi: vedi alla voce "equiparazione tra partigiani e repubblichini."
Tuttavia, non c'è dubbio che stavolta il tema in esame (anzi, i temi in esame, visto che manco ricordo il numero di articoli che sarebbero stati stravolti) coinvolgesse una fetta di popolazione ben più consistente, e se il dibattito, per quanto strumentalizzato, è servito affinché qualcuno prendesse coscienza della base del nostro Stato e dei nostri diritti, ancora meglio.
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