Da un paio di settimane, io e due miei compagni di dottorato abbiamo iniziato un laboratorio di calcolo analitico.
Le lezioni consistono nello svolgimento di esercizi su analisi complessa, teoria delle distribuzioni e operatori su spazi di Hilbert.
Non ho scelto di frequentarle solo perché saper fare questi conti serve sempre. L'ho scelto anche per fare pace con l'analisi complessa, l'ultimo argomento del programma di Analisi II: un corso immenso, dal ritmo serratissimo, e con pochissimo tempo per approfondire ciascun argomento. Non so neanche fino a che punto docente e assistente avessero colpa: impostazione troppo formale, troppi concetti dati per scontati, difficoltà comunicative in generale. La verità è che ancora mi leccavo le ferite di un professore che, poche settimane prima, mi aveva trattato come un cane; non mi trovavo bene con i compagni; e l'aula lugubre e le giornate piovose non risollevavano di certo il mio umore. Ma soprattutto, a quel corso capii che l'università è altra cosa rispetto al liceo: ed ero troppo legato ai ricordi del liceo per accettarlo.
Avrei passato l'esame con 25/30, ma in seguito mi sarei sempre rifiutato di riprendere in mano quegli argomenti. Una formula di Green o un integrale con i residui? Imparavo a memoria il risultato, e speravo che all'esame non me lo chiedesse.
Ma è il momento di farci pace. Anche perché Laurent, Riemann, Cauchy... non hanno colpe.
Durante le lezioni, io e i miei due compagni ci alterniamo alla lavagna. A volte svolgiamo esercizi che già il professore ci ha proposto e noi abbiamo provato, con più o meno successo, a risolvere; altre volte, svolgiamo esercizi proposti al momento. In ogni caso, i passaggi li descriviamo: intanto perché il prof ci fermi nel caso siano sbagliati, poi perché i nostri compagni possano copiare con cognizione di causa.
Ma quando è alla lavagna Matteo, e c'è da fare un po' di passaggi di algebra elementare, costui dice "ora facciamo un po' di algebretta" : tipica frase da docente universitario.
Quando sono alla lavagna io, descrivo tutto: "riduco allo stesso denominatore" , "porto le costanti fuori dal segno di integrale" , "semplifico il 2 col 2" e via dicendo. Tipiche frasi di uno scolaro o di un professore di liceo.
Non c'è niente da fare: non mi libererò mai del liceo. Tant'è vero che ci voglio insegnare.
Canzone del giorno: Mickaël Miro - Ma scandaleuse.
Oddio.
RispondiEliminaPer me tutto questo è arabo. No, peggio.
So fare solo due più due.
Infatti non vedo che ci sia di male. Al contrario la frase di Matteo la trovo un po' spocchiosa.
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