giovedì 8 dicembre 2022

Come apprendono i nativi digitali? (1)

(In questo post ripeterò un po' di cose già scritte in Riquadri e pillole; e infatti tale post era ispirato all'esperienza che sto per raccontare.)

All'inizio di quest'anno scolastico, il corpo docente della scuola dove lavoro è stato obbligato a partecipare ad un seminario, dal titolo Come apprendono i nativi digitali?, curato da due giovani psicologhe.

Il mio non è un rimprovero verso chi ha organizzato questa attività. Sono certo che la persona in questione era animata dalle migliori intenzioni. 

Ma la prima cosa da dire è che nativi digitali è un'espressione del marketing, che non ha alcun riscontro nella realtà. A inizio carriera ho insegnato informatica per quattro anni, nel liceo delle scienze applicate (e anche in un istituto professionale): molti studenti restavano delusi, perché erano convinti che, essendo bravi a smanettare col cellulare o coi videogiochi, avrebbero preso ottimi voti senza studiare. Ma soprattutto molti studenti erano totalmente incapaci di utilizzare le più elementari funzioni di un editor di testi: già solo per muoversi all'interno del testo usavano esclusivamente il mouse, con perdite di tempo incalcolabili. Proprio come gli "utonti" più anziani.

Venendo al contenuto del seminario, non c'era assolutamente nulla di nuovo rispetto a ciò che sentivo dire da 25 anni, tanto è il tempo trascorso da quando ho cominciato a leggere materiale sull'insegnamento. Cioè, in sintesi:

  • i ragazzi di oggi sanno molte più cose dei loro genitori, ma la loro conoscenza è più frammentaria: vengono a contatto con molte curiosità, dai video sui social media;
  • complici i soliti cellulari, i ragazzi di oggi tendono a fare tante cose insieme: sono multitasking; pertanto è difficile per loro concentrarsi a lungo su un unico task;
  • la conoscenza frammentaria non costituisce vera e propria cultura; occorre "incasellare" tali frammenti in modo da costruire un tutto organico;
  • la scuola deve assolvere a questo compito: pertanto, l'insegnamento basato sulla lezione frontale è superato; l'insegnante deve essere più che altro un facilitatore.

La battuta più scontata è: care psicologhe, ci dite che dobbiamo smetterla con la lezione frontale, ma quello che ci state facendo in questo momento è una lezione frontale. Più o meno come scrivere su un social che non si deve trascorrere troppo tempo sui social.

25 anni fa non c'erano i furbofoni (termine mutuato da Un uomo in cammino) né i popularia media (una delle due parole era già in latino: ho dovuto fare solo metà lavoro); ma dei ragazzi di allora, cioè di me, si dicevano esattamente le stesse cose. Le cause: i quiz in televisione; le interruzioni pubblicitarie; le riviste per ragazzi con gli angoli delle curiosità; i riquadri colorati sui manuali.

All'epoca, oltretutto, io frequentavo un newsgroup sulla scuola - mamma mia, ancora un po' e si scriveva ancora con la Lettera 22! - e, anzi, mi infervoravo su questi argomenti. Ce l'avevo a morte con la "scuola tradizionale": con gli insegnanti che non valorizzavano le iniziative spontanee degli studenti; la scuola dove se uno studente, in una verifica, diceva qualcosa che aveva imparato in modo "informale", che aveva letto di sua iniziativa... veniva a volte rimproverato dall'insegnante, solerte nel riportarlo sui binari.

In effetti, due episodi della mia carriera scolastica ancora mi pesavano:

  • la mia maestra delle elementari che ci aveva assegnato un problema su un triangolo rettangolo che non era risolvibile senza il teorema di Pitagora, che non avevamo ancora visto. Io lo portai a scuola risolto, e non avevo usato il teorema di Pitagora: poiché le lunghezze dei cateti del triangolo erano date, e non erano maggiori delle dimensioni di un foglio A3, ero stato in grado di disegnarlo in scala 1:1, e avevo poi usato il righello e il goniometro. Mi sarei aspettato un apprezzamento dalla maestra, e invece mi giunse un rimprovero: prima ancora che dicessi come avevo fatto, lei partì in quarta. Certo che l'hai risolto, perché a te hanno già spiegato il teorema di Pitagora! Perché devi sempre metterti in mostra? 
  • il mio insegnante di italiano in quarta liceo, mentre studiavamo la Gerusalemme liberata di Tasso. Avevamo letto il primo e il terzo canto; e io, di mia iniziativa, avevo letto il secondo, quasi come volendo "colmare il buco" - non ho mai amato le "selezioni", neanche se il loro nome vuol dire "raccolta di fiori". Lo nominai, in classe, in un mio intervento dal posto, e fui zittito.
    Non avrei più colmato i buchi. E quando l'insegnante, l'anno dopo, chiese a un volontario di leggere un saggio di Henry Boyd, col cavolo che mi offrii. Volontario, certo: nel senso che fa la volontà dell'insegnante!

E non capivo come mai, su quel newsgroup, i futuri colleghi fossero infastiditi dalle mie parole e rispondessero con sarcasmo.

(continua)

Canzone del giorno: Vistas - My Head Feels Strange.

7 commenti:

  1. L'uso continuo di un linguaggio digitale potrebbe causare un deficit creativo, cioè l'impossibilità di una elaborazione di una problematica
    concettuale. Tu che sei insegnante hai certamente compreso se possa esistere questo problema, oppure si tratta solo di un rischio inesistente.

    RispondiElimina
  2. Come esempio lo studente che usa sempre una calcolatrice potrebbe correre il rischio di non sapere il risultato di 7x9 in mancanza del calcolatore?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Presumo che tu intenda "l'uso continuo di uno strumento digitale".
      Allora: sui danni che provocano gli attuali strumenti informatici e il loro abuso ti rimando a Manfred Spitzer.
      Riguardo all'uso della calcolatrice, secondo me è un problema inesistente. Le calcolatrici sono state fatte per alleggerirci il lavoro: per occuparsi del lavoro sporco (i calcoli) mentre noi possiamo occuparci della parte più concettuale.
      Se poi una cosa la dobbiamo fare tante volte (tipo 7 x 9) per forza prima o poi la impariamo a memoria... Per dire: chi è che mette il navigatore per andare dalla casa all'ufficio?

      Elimina
  3. Mi hai fatto venire in mente il Fedro di Platone, con le polemiche sulla scrittura: ogni cambio significativo di comunicazione, porta vantaggi, ma anche polemiche.

    RispondiElimina
  4. Sono curiosissima di leggere il seguito, ma alcuni spunti posso già trarli per mettere insieme un commento. Anzitutto i "corsi di aggiornamento" obbligatori. Che oltretutto fanno passare per collegio docenti per giustificare il monte ore extracurricolare. Un illecito di per sé. Poi ogni volta mi domando cosa dovremmo farne di questi corsi, perché io finora non credo di aver imparato niente, a parte essermi imbattuta in nomenclature anglosassoni. Sì, perché nel momento in cui a questi sedicenti formatori si chiedono esempi concreti, operativi, cadono dal pero e si arroccano nelle loro teorie. Sentiamo il bisogno di assomigliare a inglesi e americani senza averne le competenze. Sui nativi digitali risponderò nel prossimo post.

    RispondiElimina
  5. Ciò che è importante, che ha valore, qualità non è MAI facile.

    RispondiElimina
  6. Ego degli insegnanti problematico, a volte.

    RispondiElimina