martedì 17 luglio 2012

Ho scritto Неравенство Чебышёва sulle slide

(Questo post è dedicato a Sara, esperta master di cene con delitto. E a Valeria, al nostro amico ы e a tutti i russi/studenti di russo!)

Venerdì scorso ho finito gli esami del dottorato. Una formalità per la quasi totalità dei dottorandi, un incubo per me.

L'anno scorso, dopo che per ovvi motivi la mia testa era stata altrove, a settembre il mio progetto era ancora fermo. Il mio supervisore era convinto che il dottorato non mi interessasse e mi consigliava di lasciarlo.

Dal suo punto di vista, non aveva tutti i torti. Ma a bloccarmi non era solo il pensiero fisso per papà. La verità è che non capivo proprio cosa mi fosse chiesto di fare, e non avevo il coraggio di dire al supervisore: prof, non mi raccapezzo: mi aiuti! Lui faceva sembrare tutto facile, e io da un lato avevo paura di deluderlo - era stato anche il mio relatore alla laurea, ed era stato molto felice della mia tesi - e dall'altro mi sentivo un incapace. Così cercavo a caso, perdendomi sempre di più.

Mi sono sempre sentito un incapace, nel dipartimento di fisica. Credevo con la laurea di aver risolto, e invece no. Soprattutto, non mi perdonerò mai l'aver distrutto la mia giovinezza nella depressione, e l'essermi di conseguenza laureato a 29 anni, anche perché la mia famiglia non mi pressava - intendi: mi viziava. Ci mancava solo il super-raccomandato viceministro Michel Martone, a dirmi che sono uno sfigato. Un po' come George W. Bush che prendeva in giro Berlusconi per il suo inglese.

Chi ha avuto a che fare con me in quei mesi sa a quale livello di ansia ero giunto. Ero convinto che non avrei passato l'anno, e che mi avrebbero richiesto indietro tutta la borsa di studio che fino ad allora avevo percepito. Alla relazione annuale, se qualcuno mi avesse fotografato, avrebbe messo come didascalia: Professore, ho peccato contro la Fisica e contro di te. Non sono più degno di essere chiamato uno scienziato. Trattami come una delle vostre donne delle pulizie. L'unica mia speranza era passare almeno due dei quattro esami in programma.

Come se non bastasse, di uno dei corsi le lezioni dovevano ancora cominciare; un altro avevo dovuto sceglierlo pur essendo agli antipodi rispetto al mio campo di ricerca, perché quelli del mio ramo erano finiti; e quanto al laboratorio di calcolo analitico, che pure mi era piaciuto frequentare, un giorno uscii dalla mensa piangendo come un bambino a cui era appena caduto il gelato, perché a pranzo un collega mi aveva detto che il professore assegnava esercizi difficili, non aiutava e più di uno era stato segato.

Nell'ufficio in cui lavoravo, c'era un professore in pensione che subito fece amicizia con me. Ma neanche lui riusciva a tranquillizzarmi.


Solo alla fine di novembre vidi un po' di luce - pioggerellina a parte. Avevo concordato l'argomento per l'esame di Sistemi complessi: la derivazione delle equazioni di Kramers e la loro applicazione all'adsorbimento fisico. Avrei presentato un articolo come se fosse mio, e il lavoro stava cominciando a prendere corpo. E - magia! - mi stava piacendo. Era la prova che avrei passato l'esame.

Il giorno in cui lo sostenni, la prima persona a saperlo dopo la mia ragazza fu il professore mio collega di ufficio. Il quale commentò: secondo me da bambino ti ha spaventato un lupo cattivo!

Il secondo esame era parecchio più facile e non avevo dubbi sull'esito, ma aveva un significato particolare per me. Uno dei due docenti era il mio - ormai ex - supervisore. E volevo sbattergli in faccia tutto ciò di cui sono capace, quando mi ritrovo in difficoltà.
Non ci furono gli abbracci riconciliatori a fine presentazione, ma dopo che cambiai progetto e supervisore, mi disse di tenerlo aggiornato sulla mia attività, e mi ha sempre dato una mano quando gliel'ho chiesta.
Sì, penso che abbia capito.

All'inizio del 2012, subito dopo la presentazione dei nuovi corsi, mi precipitai in segreteria a chiedere il cambio del piano di studi. Fuori l'esame agli antipodi e il laboratorio di calcolo analitico; dentro Modelli stocastici per la fisica della materia soffice e Semigruppi e processi di Markov, mutuato dal dipartimento di matematica. Anche quest'ultimo tema, in verità, mi riguarda solo di striscio, e non essendo più abituato al modo di ragionare dei matematici impiegai assai più tempo del previsto per completarlo.

Ma volete mettere la soddisfazione di scassare le palle ai miei amici matematici? I quali mi aiutarono dal primo all'ultimo giorno. Soprattutto Neeraja, indiana, e Juan Miguel, filippino, che si occupano proprio di teoria della probabilità: quest'ultimo mi consigliò delle dispense di un professore di Princeton che sono poco meno che un capolavoro. Leggevo una frase, ci riflettevo un attimo, commentavo per i fatti miei, andavo avanti a leggere e la frase successiva era identica al commento che avevo appena fatto!

L'argomento che avrei dovuto portare all'esame - il processo di contatto, un rudimentale modello della diffusione di un'infezione - non era facile, affatto: almeno per me che sono mezzo profano. E non mancarono i momenti di ansia.
Però mi piaceva. Il professore, il giorno dell'esame, mi disse che dovevo aver fatto uno sforzo immenso per riassumere tutte quelle cose in una trentina di slide.

Anche se credo che, pur non avendomelo detto, sia rimasto più che altro impressionato dalla scritta Неравенство Чебышёва - la disuguaglianza di Čebyšëv, sì, quella che avevo scritto in grande qualche post fa - in russo e in caratteri cirillici.
E ho pure perso venti minuti buoni, per imparare a scrivere in cirillico con LaTeX.

Esatto: a settembre, non avendone già fin sopra i capelli, mi ero iscritto ad un corso di russo ad un CTP.
Non avrei imparato niente, a parte как тебя зовут? e a leggere in cirillico, ma è un tocco di classe.

Canzone del giorno: Tame Impala - Apocalypse Dreams.

2 commenti:

  1. Fantastico!!
    E complimenti per tutto!! :)
    Alex V

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  2. молодец! - ne hai imparata un'altra!- da una fu studentessa di russo/laureata in momento riflessione sul dottorato :)

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