domenica 22 luglio 2012

Chi sono i nemici della lettura?



Questa è un'immagine che non avrei mai voluto vedere. Peggio delle ginocchia sui ceci. Perché almeno, a furia di ginocchia sui ceci le tabelline le imparavi. Questo è un crimine contro il futuro della cultura italiana, o perlomeno padovana.

Al punto vendita ibs.it - ex Mel Bookstore - di piazza Insurrezione, nella città del Santo, i bambini non possono più prendere i libri: devono - meglio: i loro genitori devono - chiedere alla cassa. Spero che almeno i cassieri siano pazienti, altrimenti sì: il libro ha i giorni contati.

Prendere in mano un libro è una sensazione inimitabile. Nessun Kindle, iPad o altra fregnaccia la darà mai. Ed è un diritto del bambino, prendere in mano un libro. Di quelli con le pagine di cartone rigido come di quelli classici "per i grandi" . Un bambino che avrà tenuto in mano, esaminato, maltrattato Delitto e castigo se lo ricorderà per sempre. Anche se non lo finirà mai.

Ma ora, quali bambini proveranno questa gioia, se non i figli di coloro che, per nascita o fortuna, sanno di cosa si parla, e possono provvedere entro le mura di casa?

Forse è così che i magnaccia dell'editoria vogliono far decollare il libro elettronico. Un po' come piazzare una coppia di testimoni di Geova davanti ad ogni gelateria artigianale per vendere i Magnum.

Canzone del giorno: Oniric - Un gris bord.

venerdì 20 luglio 2012

Sentirsi giudicato

Dal 2003 al 2007 sono stato volontario nell'A.I.T.Sa.M. (Associazione Italiana Tutela Salute Mentale), e non so ancora se considerarlo il più grosso errore o la più grossa occasione mancata - non parlando di lavoro - della mia vita.

Giusto per intenderci, l'organizzazione era un po' strana. Noi volontari non dovevamo autodefinirci volontari - anche se giuridicamente lo eravamo - né eravamo operatori. Ci autodefinivamo animatori, come al Grest, mentre coloro che frequentavano il gruppo erano gli animati.

Ci incontravamo ogni sabato pomeriggio e, nelle intenzioni, il nostro gruppo era un gruppo amicale. Ci presentavamo cioè come amici dei ragazzi; i ragazzi sapevano di poter contare su di noi, però ad esempio non potevamo scambiarci i numeri di telefono né uscire autonomamente.

I gruppetti erano banditi, nonostante fossimo più di 20. Non credo serva una laurea in psicologia per osservare che, quando i rapporti sono particolarmente stretti, un gruppo così numeroso tenda naturalmente a frazionarsi, in base a personalità, interessi comuni e via discorrendo.
Eppure, il gruppo deve restare unito era l'assioma della Capa, e anche i laureati in psicologia tacevano.

Conseguenza di tale assioma era la necessità di parlare di argomenti che coinvolgessero tutti.
Problema: io non ne conoscevo.

Mi spiego meglio. Non potevo parlare di un libro che avevo letto - che magari era semplicemente Harry Potter, o un Ken Follett - perché non tutti l'avevano letto. Non potevo parlare di un film che avevo visto, perché non tutti l'avevano visto. Fui accusato di parlare difficile per aver nominato In & Out: forse perché il titolo era in inglese. Non potevo nemmeno pronunciare correttamente una parola straniera: dovevo usare la pronuncia sbagliata che conosceva la maggioranza, altrimenti ero snob.

E quali erano gli argomenti che coinvolgevano tutti? Eventi e personaggi del paese - ma io non vivevo in paese. Canzoni, programmi televisivi e film nazionalpopolari - che non seguo. E per questo ero snob.

Ero snob perché non condividevo l'entusiasmo per il nuovo disco di Vasco Rossi. Ero snob perché, una volta che provammo a far fare un cruciverba ai ragazzi, nessuno sapeva dare le risposte e io, dopo un minuto di sguardi persi nel vuoto, le davo perché altrimenti non si andava più avanti. Ero snob perché, una volta, osservai che in una frase c'era un ossimoro, e un'altra volta feci una chiosa.

Ok, forse queste potevo risparmiarmele, ma non è colpa mia. Nella mia famiglia si sono sempre usate, e non posso badare ad ogni parola durante una conversazione. In ogni caso, basta chiedere, anziché bacchettarmi per uno snobismo che non c'è.

Quando mi sento giudicato, tiro fuori il peggio di me. E so essere la persona più insopportabile del mondo, in tali circostanze.

Ancora mi domando se avrei potuto comportarmi diversamente. Mi rispondo di no, perché non so mentire. Se mi mostrassi entusiasta per il nuovo disco di Vasco Rossi, chiunque capirebbe che non voglio deluderlo. E allora preferisco la sincerità, confidando nel buon senso.

Non mi ritengo più intelligente né più bravo degli altri, anzi. Fra le tante cose, non so disegnare, non so giocare ad alcuno sport di squadra, sono imbranato in qualsiasi lavoro manuale. Mi ritengo curioso, questo sì. Quando ero appassionato di musica classica, andavo sempre alla ricerca di autori o opere minori, perché erano meno conosciute, meno facilmente accessibili e quindi, ai miei occhi, più desiderabili.
E ho la fortuna di avere tanta memoria: questa, probabilmente, è stata la mia benedizione, scolasticamente parlando. Tuttavia, credo che chiunque possa migliorare la sua.

I miei amici ogni tanto mi prendono in giro: Marco sa tutto. E so che con loro non devo sentirmi giudicato e che un'amicizia non può basarsi sulla finzione.

Sono passati cinque anni da quando ho lasciato il gruppo di volontariato, dopo un litigio memorabile con la capa e con gli altri animatori.
I ragazzi - gli animati - sono sempre felici di vedermi. L'unico periodo davvero felice, di quei quattro anni, fu il primo, quando non sapevo chi fosse animato e chi animatore.

In un gruppo numeroso credo che la diversità sia non solo inevitabile, ma una ricchezza. Costringere tutti a fare le stesse cose uccide la creatività e la possibilità di esprimersi.

Ma vedendo i nuovi animatori, mi domando se, in quei quattro anni, non abbia messo abbastanza cuore.

Canzone del giorno: The xx - Angels.

martedì 17 luglio 2012

Ho scritto Неравенство Чебышёва sulle slide

(Questo post è dedicato a Sara, esperta master di cene con delitto. E a Valeria, al nostro amico ы e a tutti i russi/studenti di russo!)

Venerdì scorso ho finito gli esami del dottorato. Una formalità per la quasi totalità dei dottorandi, un incubo per me.

L'anno scorso, dopo che per ovvi motivi la mia testa era stata altrove, a settembre il mio progetto era ancora fermo. Il mio supervisore era convinto che il dottorato non mi interessasse e mi consigliava di lasciarlo.

Dal suo punto di vista, non aveva tutti i torti. Ma a bloccarmi non era solo il pensiero fisso per papà. La verità è che non capivo proprio cosa mi fosse chiesto di fare, e non avevo il coraggio di dire al supervisore: prof, non mi raccapezzo: mi aiuti! Lui faceva sembrare tutto facile, e io da un lato avevo paura di deluderlo - era stato anche il mio relatore alla laurea, ed era stato molto felice della mia tesi - e dall'altro mi sentivo un incapace. Così cercavo a caso, perdendomi sempre di più.

Mi sono sempre sentito un incapace, nel dipartimento di fisica. Credevo con la laurea di aver risolto, e invece no. Soprattutto, non mi perdonerò mai l'aver distrutto la mia giovinezza nella depressione, e l'essermi di conseguenza laureato a 29 anni, anche perché la mia famiglia non mi pressava - intendi: mi viziava. Ci mancava solo il super-raccomandato viceministro Michel Martone, a dirmi che sono uno sfigato. Un po' come George W. Bush che prendeva in giro Berlusconi per il suo inglese.

Chi ha avuto a che fare con me in quei mesi sa a quale livello di ansia ero giunto. Ero convinto che non avrei passato l'anno, e che mi avrebbero richiesto indietro tutta la borsa di studio che fino ad allora avevo percepito. Alla relazione annuale, se qualcuno mi avesse fotografato, avrebbe messo come didascalia: Professore, ho peccato contro la Fisica e contro di te. Non sono più degno di essere chiamato uno scienziato. Trattami come una delle vostre donne delle pulizie. L'unica mia speranza era passare almeno due dei quattro esami in programma.

Come se non bastasse, di uno dei corsi le lezioni dovevano ancora cominciare; un altro avevo dovuto sceglierlo pur essendo agli antipodi rispetto al mio campo di ricerca, perché quelli del mio ramo erano finiti; e quanto al laboratorio di calcolo analitico, che pure mi era piaciuto frequentare, un giorno uscii dalla mensa piangendo come un bambino a cui era appena caduto il gelato, perché a pranzo un collega mi aveva detto che il professore assegnava esercizi difficili, non aiutava e più di uno era stato segato.

Nell'ufficio in cui lavoravo, c'era un professore in pensione che subito fece amicizia con me. Ma neanche lui riusciva a tranquillizzarmi.


Solo alla fine di novembre vidi un po' di luce - pioggerellina a parte. Avevo concordato l'argomento per l'esame di Sistemi complessi: la derivazione delle equazioni di Kramers e la loro applicazione all'adsorbimento fisico. Avrei presentato un articolo come se fosse mio, e il lavoro stava cominciando a prendere corpo. E - magia! - mi stava piacendo. Era la prova che avrei passato l'esame.

Il giorno in cui lo sostenni, la prima persona a saperlo dopo la mia ragazza fu il professore mio collega di ufficio. Il quale commentò: secondo me da bambino ti ha spaventato un lupo cattivo!

Il secondo esame era parecchio più facile e non avevo dubbi sull'esito, ma aveva un significato particolare per me. Uno dei due docenti era il mio - ormai ex - supervisore. E volevo sbattergli in faccia tutto ciò di cui sono capace, quando mi ritrovo in difficoltà.
Non ci furono gli abbracci riconciliatori a fine presentazione, ma dopo che cambiai progetto e supervisore, mi disse di tenerlo aggiornato sulla mia attività, e mi ha sempre dato una mano quando gliel'ho chiesta.
Sì, penso che abbia capito.

All'inizio del 2012, subito dopo la presentazione dei nuovi corsi, mi precipitai in segreteria a chiedere il cambio del piano di studi. Fuori l'esame agli antipodi e il laboratorio di calcolo analitico; dentro Modelli stocastici per la fisica della materia soffice e Semigruppi e processi di Markov, mutuato dal dipartimento di matematica. Anche quest'ultimo tema, in verità, mi riguarda solo di striscio, e non essendo più abituato al modo di ragionare dei matematici impiegai assai più tempo del previsto per completarlo.

Ma volete mettere la soddisfazione di scassare le palle ai miei amici matematici? I quali mi aiutarono dal primo all'ultimo giorno. Soprattutto Neeraja, indiana, e Juan Miguel, filippino, che si occupano proprio di teoria della probabilità: quest'ultimo mi consigliò delle dispense di un professore di Princeton che sono poco meno che un capolavoro. Leggevo una frase, ci riflettevo un attimo, commentavo per i fatti miei, andavo avanti a leggere e la frase successiva era identica al commento che avevo appena fatto!

L'argomento che avrei dovuto portare all'esame - il processo di contatto, un rudimentale modello della diffusione di un'infezione - non era facile, affatto: almeno per me che sono mezzo profano. E non mancarono i momenti di ansia.
Però mi piaceva. Il professore, il giorno dell'esame, mi disse che dovevo aver fatto uno sforzo immenso per riassumere tutte quelle cose in una trentina di slide.

Anche se credo che, pur non avendomelo detto, sia rimasto più che altro impressionato dalla scritta Неравенство Чебышёва - la disuguaglianza di Čebyšëv, sì, quella che avevo scritto in grande qualche post fa - in russo e in caratteri cirillici.
E ho pure perso venti minuti buoni, per imparare a scrivere in cirillico con LaTeX.

Esatto: a settembre, non avendone già fin sopra i capelli, mi ero iscritto ad un corso di russo ad un CTP.
Non avrei imparato niente, a parte как тебя зовут? e a leggere in cirillico, ma è un tocco di classe.

Canzone del giorno: Tame Impala - Apocalypse Dreams.

lunedì 9 luglio 2012

FestiWal Show

Padova, Prato della Valle, ieri sera:


Mariella Nava: come farmi sgamare subito sull'età. Peccato che non abbia cantato Il cuore mio: quando l'aveva cantata a Sanremo mi era piaciuta tanto, ma proprio tanto.


Gerardo Pulli: ovvero, la vorreimanonposso versione maschile di Viola Valentino. Non sapendo chi fosse, digito il suo nome su Google e trovo la sua rassegnazione: non si vendono più dischi. Non ti posso aiutare, amico (di Maria).


Gli Stadio: come farmi sgamare sull'età, parte seconda.


Il Cile, colui che dimentica di togliersi il pass...


Tra due minuti è primavera: ciò che avrei sentito cantare a squarciagola sul Listón a fine serata.


Di lui non posso dire niente, visto che ne ho un poster in camera. Però le bimbeminkia le preferivo nel '95, quando piangevano per Ambra che cantava Ritmo vitale.

Canzone del giorno: R.E.M. - The One I Love.

giovedì 5 luglio 2012

E il bosone c'è! E il bosone c'è!!!!

(Questo post è scritto in Comic Sans, in onore degli scienziati del CERN.)


Ebbene, c'è. Il bosone di Higgs c'è. (La sentite la voce di Guido Meda? E il bosone c'è! E il bosone c'è!!!!)

Professoressa Hack, lei è d'accordo con chi chiama il bosone di Higgs la particella di dio?«Io lo chiamo addirittura dio [ride, ndr]. Poiché è la particella che spiega come si forma la materia delle altre particelle e siccome queste sono quelle da cui poi deriva tutto - le stelle, gli elementi che abbiamo sulla terra, compresi quelli che compongono gli esseri umani - questa particella è veramente dio»

Tu, nonna Marghe, torna dai tuoi gatti. E tu, amico monsignor Elio Sgreccia, che mi vieni a dire che...

Lungo la storia della scienza si sono succedute teorie come quelle della nebulosa originaria o del Big Bang. Stavolta l’ipotesi va ancora più in profondità, fino al cuore della materia: si suppone che esista un elemento primigenio da cui sia scaturito il mondo. Noi la chiamiamo creazione in quanto è l’azione di un creatore intelligente che ha pensato e voluto l’universo. Questi vari punti individuati hanno una certa relazione con la fase iniziale del creato, ma la vera causa non può essere in questi fatti scientifici bensì in un essere intelligente che noi chiamiamo Dio la cui azione è appunto la creazione.

... intanto sappi che io sono credente quanto te. Ma non era vietato, sai, nel momento in cui la redazione della Stampa ti ha telefonato, replicare: questa non è roba mia, chiamate chi ne sa. Perché se ti fossi un minimo informato, sapresti che il primo a non gradire il soprannome particella di Dio è proprio l'ateo Peter Higgs, per rispetto verso chi crede.
Facciamoci rispettare almeno da lui, dai.

Canzone del giorno: Marina and The Diamonds - Primadonna.

mercoledì 4 luglio 2012

Sfogo bloggeristico

Odio quando vorrei scrivere e non riesco.
Odio quando mi intorcolo scrivendo.
Odio il mio perfezionismo, di cui tanto nessuno si accorge.
Odio quando devo lasciare un post in sospeso, che so già di non concludere mai.
Odio impiegare mezze ore per scrivere un post che poi mi suona di aria fritta.
Odio rendermi conto che ciò di cui voglio parlare è vecchio come il cucco.
Odio rendermi conto di fare il saputello e di non essere abbastanza snob perché la gente mi ammiri o mi dia dello stronzo (che è lo stesso).
Odio rendermi conto di parlare come faceva mio padre quando non voleva litigare.
Odio non essere in grado di avere uno stile mio.
Odio rendermi conto che ciò di cui voglio parlare interesserà allo 0,000001% di chi passa di qui.
Odio parlare difficile.
Odio non stare sul pezzo.
Odio essere pungente quanto una matita consumata.
Odio dover dare ragione ai miei insegnanti di italiano.

Canzone del giorno: Arctic Monkeys - 505.