- ma quelli che su blog o social network scrivono in modo incomprensibile, se non agli iniziati, si credono artisti? o sono semplicemente dei disadattati? (Rasoio di Ockham in azione: la seconda.)
- quelli che gridano Vasco merda alé, Liga è il nostro re... si rendono conto che il confronto è, grosso modo, tra il moccio e lo sporco sotto le dita dei piedi?
martedì 27 aprile 2010
Dubbi poco diplomatici
domenica 25 aprile 2010
Sindone e mondanità
E così anche io ho contemplato la Sindone.
Non sono uno studioso, perciò non sono qui per discutere se quel lenzuolo veramente abbia avvolto il corpo di Gesù: la fede non dipende da queste cose.
Questo di Torino, lo scorso weekend, è stato il mio primo vero pellegrinaggio che non si esaurisse in una sola giornata - intendendo, con il termine pellegrinaggio, un viaggio totalmente votato alla preghiera: nessun momento di socialità al di fuori dei pasti, nessuna passeggiata di piacere.
Il gruppo con cui sono andato contava poco meno di 70 persone; probabilmente, se mi fossi organizzato da solo o con pochi amici, non avrei mai fatto ciò che ho fatto con loro. Non avrei mai recitato lodi, vespri e rosario nello stesso giorno, e del Duomo avrei dato importanza anche al lato artistico.
Ogni tanto fa bene fermarsi, dimenticare tutto ciò che sta fuori e dedicarsi interamente a Dio. Per un'intera giornata come per cinque minuti ogni giorno. Cosicché guardiamo le cose per ciò che veramente sono, volgendo lo sguardo a Colui che hanno trafitto (Zaccaria 12, 10; Giovanni 19, 37).
Ho cercato, pertanto, di non pensare a come mi sarei gestito io il viaggio, ma a prendere il lato positivo di ogni momento.
A differenza di alcuni dei miei compagni, non piansi davanti alla Sindone. Mi ero sentito lo stomaco sottosopra, il giorno prima, ascoltando la ricostruzione della Passione di Gesù, fatta da un medico in base alle impronte su di essa. Prima di entrare nella Cattedrale, ai pellegrini viene mostrato un video nel quale sono evidenziati i segni della flagellazione, le ferite dei chiodi, la corona di spine... Le didascalie sono in tutte le lingue, e io lessi quelle in inglese o in tedesco, più fredde di quelle nella mia lingua madre.
Tuttavia, non posso dire che mi trovai davanti Gesù, una volta di fronte al lenzuolo. Quello che avevo di fronte, di fatto, era un lenzuolo: Gesù lo si incontra dentro di sé e in qualunque luogo, quando lo si desidera.
Mi sentii un po' colpevole al ritorno, quando guidavo con mio papà a fianco, verso casa, e gli dicevo: ho bisogno di qualcosa di profano. Per certi versi invidio i miei compagni d'avventura, capaci di vivere la fede in modo così totalizzante. Forse sono troppo mondano, ho troppi interessi in cose "secolari" . Vedo loro così sereni, e io invece sono pieno di paranoie...
Non so se parteciperò ad altri pellegrinaggi come questo. Voglio essere presente, magari come volontario, nell'agosto 2011, alla Giornata Mondiale della Gioventù a Madrid; e voglio anche andare a Taizé, una volta. No, non credo sia una questione di mondanità opposta alla spiritualità: semplicemente, io sono allergico agli eventi organizzati.
Canzone del giorno: Fabrizio de André - Volta la carta.
Non sono uno studioso, perciò non sono qui per discutere se quel lenzuolo veramente abbia avvolto il corpo di Gesù: la fede non dipende da queste cose.
Questo di Torino, lo scorso weekend, è stato il mio primo vero pellegrinaggio che non si esaurisse in una sola giornata - intendendo, con il termine pellegrinaggio, un viaggio totalmente votato alla preghiera: nessun momento di socialità al di fuori dei pasti, nessuna passeggiata di piacere.
Il gruppo con cui sono andato contava poco meno di 70 persone; probabilmente, se mi fossi organizzato da solo o con pochi amici, non avrei mai fatto ciò che ho fatto con loro. Non avrei mai recitato lodi, vespri e rosario nello stesso giorno, e del Duomo avrei dato importanza anche al lato artistico.
Ogni tanto fa bene fermarsi, dimenticare tutto ciò che sta fuori e dedicarsi interamente a Dio. Per un'intera giornata come per cinque minuti ogni giorno. Cosicché guardiamo le cose per ciò che veramente sono, volgendo lo sguardo a Colui che hanno trafitto (Zaccaria 12, 10; Giovanni 19, 37).
Ho cercato, pertanto, di non pensare a come mi sarei gestito io il viaggio, ma a prendere il lato positivo di ogni momento.
A differenza di alcuni dei miei compagni, non piansi davanti alla Sindone. Mi ero sentito lo stomaco sottosopra, il giorno prima, ascoltando la ricostruzione della Passione di Gesù, fatta da un medico in base alle impronte su di essa. Prima di entrare nella Cattedrale, ai pellegrini viene mostrato un video nel quale sono evidenziati i segni della flagellazione, le ferite dei chiodi, la corona di spine... Le didascalie sono in tutte le lingue, e io lessi quelle in inglese o in tedesco, più fredde di quelle nella mia lingua madre.
Tuttavia, non posso dire che mi trovai davanti Gesù, una volta di fronte al lenzuolo. Quello che avevo di fronte, di fatto, era un lenzuolo: Gesù lo si incontra dentro di sé e in qualunque luogo, quando lo si desidera.
Mi sentii un po' colpevole al ritorno, quando guidavo con mio papà a fianco, verso casa, e gli dicevo: ho bisogno di qualcosa di profano. Per certi versi invidio i miei compagni d'avventura, capaci di vivere la fede in modo così totalizzante. Forse sono troppo mondano, ho troppi interessi in cose "secolari" . Vedo loro così sereni, e io invece sono pieno di paranoie...
Non so se parteciperò ad altri pellegrinaggi come questo. Voglio essere presente, magari come volontario, nell'agosto 2011, alla Giornata Mondiale della Gioventù a Madrid; e voglio anche andare a Taizé, una volta. No, non credo sia una questione di mondanità opposta alla spiritualità: semplicemente, io sono allergico agli eventi organizzati.
Canzone del giorno: Fabrizio de André - Volta la carta.
venerdì 16 aprile 2010
Ostensione della Sindone
Amici blogger, ci si rilegge lunedì: domattina partirò per Torino dove andrò a vedere la Sindone esposta! Buon fine settimana! :-)
Canzone del giorno: Riccardo Fogli - Storie di tutti i giorni.
Canzone del giorno: Riccardo Fogli - Storie di tutti i giorni.
giovedì 15 aprile 2010
Soddisfazione e vergogna
Provo contemporaneamente soddisfazione e vergogna, oggi.
Dopo quasi 20 anni che li vedo, solo ora ho capito il significato dei numeri sulla ghiera del diaframma (numero f) di una macchina fotografica - meglio: sapevo che essi indicano quanto è aperto il diaframma, ma non sapevo perché i numeri fossero proprio quelli.
Soddisfazione perché, almeno in parte, ci sono arrivato da solo - è stato un ragazzo, appassionato di fotografia, a dirmi che quei numeri sono i rapporti tra la distanza focale e il diametro dell'apertura del diaframma.
Vergogna perché in tutto questo tempo non ero mai andato a cercarmi questa informazione. E, soprattutto, perché sono un fisico.
Canzone del giorno: a-ha - Oranges On Appletrees.
(P.S.: nella ghiera della foto, il numero 1,7 è leggermente estraneo: la sequenza standard dei numeri f è 1-1,4-2-2,8-4-5,6-8-11... e a ogni stop corrisponde un dimezzamento della quantità di luce passante per l'obiettivo. Il diaframma aperto a f/1,7, approssimazione di 31/2, corrisponde a un terzo della luce che passa con il diaframma a f/1.)
Dopo quasi 20 anni che li vedo, solo ora ho capito il significato dei numeri sulla ghiera del diaframma (numero f) di una macchina fotografica - meglio: sapevo che essi indicano quanto è aperto il diaframma, ma non sapevo perché i numeri fossero proprio quelli.
Soddisfazione perché, almeno in parte, ci sono arrivato da solo - è stato un ragazzo, appassionato di fotografia, a dirmi che quei numeri sono i rapporti tra la distanza focale e il diametro dell'apertura del diaframma.
Vergogna perché in tutto questo tempo non ero mai andato a cercarmi questa informazione. E, soprattutto, perché sono un fisico.
Canzone del giorno: a-ha - Oranges On Appletrees.
(P.S.: nella ghiera della foto, il numero 1,7 è leggermente estraneo: la sequenza standard dei numeri f è 1-1,4-2-2,8-4-5,6-8-11... e a ogni stop corrisponde un dimezzamento della quantità di luce passante per l'obiettivo. Il diaframma aperto a f/1,7, approssimazione di 31/2, corrisponde a un terzo della luce che passa con il diaframma a f/1.)
domenica 11 aprile 2010
God Bless America
Nel momento in cui scrivo questo post, la pagina di Facebook Un milione di fan per portare Starbucks in Italia, creato appena 10 giorni fa, conta 123.181 fans.
Io sono uno dei 123.181. Merito - lo ammetto - di anni di film e telefilm americani, nonché del Diario di Bridget Jones, dove per la prima volta sentii nominare la famosa catena di locali.
Presi il mio primo Frappuccino - e costrinsi anche la mia amica Lucia a prendersi il suo! - a Parigi, un anno e mezzo fa: lì comprai anche la tazza bianca con il logo della sirena, e da allora tè e caffellatte li bevo sempre con quella.
Lo scorso dicembre, in cinque giorni a Madrid, ci andai tre volte, e comprai anche la tazzina da caffè, rossa con le stelline, natalizia.
Ora, non è perché amo questi locali e vorrei poter bere un Caramel Macchiato o mangiare una Carrot Cake anche qui, ma non sopporto più chi non trova di meglio che iscriversi alla pagina Facebook solo per ricordarci che l'Italia è il Paese del caffè, che noi italiani non berremo mai quella brodaglia, che a noi piace Starbucks perché è una moda e che ci siamo venduti alle multinazionali.
Dirò una grossa eresia: io preferisco di gran lunga le bevande di Starbucks al caffè espresso, se devo prenderlo al bar. Per me è inconcepibile entrare, bere il caffè, dopo un minuto pagare i 90 centesimi e uscire. Soffocato, nel frattempo, da decine di persone al banco quando ho pure addosso un giaccone pesante. Colazione e merenda sono un piacere: io voglio sedermi, bere con calma la mia bevanda, mangiare con calma la mia brioche e leggere il mio giornale. La tazzina di caffè, per quanto buono, mi finisce subito: non c'è neanche gusto a restare.
Non dico che questo sia possibile solo in uno Starbucks: da tanti locali nostrani esco più che soddisfatto. Ma l'atmosfera di uno Starbucks è unica. E poi sì, sogno di andare anch'io in giro con il bicchierone come per le strade di New York: è un reato anche sognare, adesso?
Chissà se tra i luddisti facebookiani dell'espresso - dimentichi che, se mai Starbucks giungesse qui, nessuno obbligherebbe loro ad entrarci - c'è qualcuno che intasa le bacheche degli amici con decine di link piagnucolanti la mancanza di libertà in Italia. L'amore per la libertà si vede anche in un caffè, anzi, forse lì per primo.
Canzone del giorno: Arctic Monkeys - The View From The Afternoon.
Io sono uno dei 123.181. Merito - lo ammetto - di anni di film e telefilm americani, nonché del Diario di Bridget Jones, dove per la prima volta sentii nominare la famosa catena di locali.
Presi il mio primo Frappuccino - e costrinsi anche la mia amica Lucia a prendersi il suo! - a Parigi, un anno e mezzo fa: lì comprai anche la tazza bianca con il logo della sirena, e da allora tè e caffellatte li bevo sempre con quella.
Lo scorso dicembre, in cinque giorni a Madrid, ci andai tre volte, e comprai anche la tazzina da caffè, rossa con le stelline, natalizia.
Ora, non è perché amo questi locali e vorrei poter bere un Caramel Macchiato o mangiare una Carrot Cake anche qui, ma non sopporto più chi non trova di meglio che iscriversi alla pagina Facebook solo per ricordarci che l'Italia è il Paese del caffè, che noi italiani non berremo mai quella brodaglia, che a noi piace Starbucks perché è una moda e che ci siamo venduti alle multinazionali.
Dirò una grossa eresia: io preferisco di gran lunga le bevande di Starbucks al caffè espresso, se devo prenderlo al bar. Per me è inconcepibile entrare, bere il caffè, dopo un minuto pagare i 90 centesimi e uscire. Soffocato, nel frattempo, da decine di persone al banco quando ho pure addosso un giaccone pesante. Colazione e merenda sono un piacere: io voglio sedermi, bere con calma la mia bevanda, mangiare con calma la mia brioche e leggere il mio giornale. La tazzina di caffè, per quanto buono, mi finisce subito: non c'è neanche gusto a restare.
Non dico che questo sia possibile solo in uno Starbucks: da tanti locali nostrani esco più che soddisfatto. Ma l'atmosfera di uno Starbucks è unica. E poi sì, sogno di andare anch'io in giro con il bicchierone come per le strade di New York: è un reato anche sognare, adesso?
Chissà se tra i luddisti facebookiani dell'espresso - dimentichi che, se mai Starbucks giungesse qui, nessuno obbligherebbe loro ad entrarci - c'è qualcuno che intasa le bacheche degli amici con decine di link piagnucolanti la mancanza di libertà in Italia. L'amore per la libertà si vede anche in un caffè, anzi, forse lì per primo.
Canzone del giorno: Arctic Monkeys - The View From The Afternoon.
martedì 6 aprile 2010
Prima e replica
Ieri sera, tornando dalla grigliata di Pasquetta con bella passeggiata sull'argine: salgo in macchina, accendo la radio e sento un ascoltatore della Zanzara (Radio 24, da lunedì a venerdì alle 18.35) farneticare sul fatto che l'Italia non è in crisi perché in strada c'è coda - e in coda c'era sicuramente qualche operaio che poi sarebbe andato da Santoro a dire che è in crisi.
Prima di dormire, accendo ancora la radio e in quel preciso istante parte la telefonata dello stesso ascoltatore, nella replica notturna del programma.
Che so, magari concentrandomi sulla strada mi ero perso qualche altra bestialità.
Canzone del giorno: Kasabian - Take Aim.
Prima di dormire, accendo ancora la radio e in quel preciso istante parte la telefonata dello stesso ascoltatore, nella replica notturna del programma.
Che so, magari concentrandomi sulla strada mi ero perso qualche altra bestialità.
Canzone del giorno: Kasabian - Take Aim.
domenica 4 aprile 2010
Appuntamenti vs. atletica leggera
La tolleranza ai no ha lo stesso andamento della tolleranza alle partenze false nell'atletica leggera:
- dapprima, alla prima partenza falsa l'atleta era ammonito, e veniva squalificato se ne causava una seconda;
- successivamente, l'atleta che causava la seconda partenza falsa era squalificato in ogni caso, anche se diverso dall'atleta che aveva causato la prima;
- oggi, la squalifica scatta direttamente alla prima partenza falsa.
Iscriviti a:
Post (Atom)