Non so se, con la scusa della privacy, i giornali locali pubblichino ancora, alla fine degli esami di maturità, i voti dei neo-diplomati, con allegate foto di coloro che hanno conseguito il massimo dei voti.
Oggi, sul Corriere, ci sono le storie da 100 e lode: nove ragazzi vivono i loro quindici warholiani minuti di celebrità. Ci sono Silvia e Noemi che dichiarano di non aver incontrato troppe difficoltà, a differenza di Laura, che sui libri ha sudato. C'è Alvise, mio futuro collega; e Andrea, che prima dell'università spera di conquistare un po' di greche citando loro Schopenhauer. Comun denominatore, il desiderio di non dover lasciare le proprie passioni, di non essere etichettati come secchioni, di mostrare che lo studio è importante ma c'è anche molto altro, come lo sport, la musica o il volontariato.
È molto probabile che io, alla loro età, avrei dato risposte molto simili alle loro. Ma ora, che di anni ne ho 10 di più, con tutto il rispetto (e l'ammirazione) per loro, e un bel chissenefrega? Mi sembrano storie di ragazzi normalissimi: qualcuno sembra simpatico, qualcun altro un po' scostante; ad altri ancora sarìa da mandarghe quel del formai'.
Ma soprattutto, perché minimizzare l'essere studiosi? Per allontanare gli invidiosi? Quelli ci saranno sempre, e ci sarebbero anche se foste gli ultimi della classe: invidierebbero altre cose. Perché gli amici non strabuzzino gli occhi se in macchina mettete i Franz Ferdinand invece che Schumann? L'importante è non forzarsi ed essere coerenti.
Meno male che ai 110 e lode all'università i giornalisti non sono così interessati ;-)
Canzone del giorno: The Veils - The Leavers Dance.
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