C'è chi ha l'astuccio pieno di evidenziatori dei più disparati colori; al termine di ogni giornata di studio, libro e quaderno sbrilluccicano più di Piccadilly Circus di sera.
C'è chi riempie le pagine di post-it, anch'essi colorati.
C'è chi, più discretamente, preferisce sottolineare a matita, magari col righello; quasi più per annotare che quelle pagine sono state studiate, che per mettere in risalto le frasi importanti.
Nel mio astuccio, tre oggetti non dovevano (e non devono) mancare per alcun motivo: matita, gomma e temperamatite.
Io non rendo le pagine fosforescenti, non metto post-it perché temo di perderli e odio le sottolineature; in compenso, tra tutti i libri della mia classe, il mio si riconosce per essere pieno di note.
Io amo le note. E le curo: voglio che siano scritte con un tratto chiaro e netto, così come gli asterischi che, nel testo, le richiamano. Ecco perché la matita deve essere rigorosamente di durezza HB e ben temperata.
Lo stesso amore lo provo per le note inserite - con moderazione - dagli autori stessi nei loro libri, o nei testi scritti da me. Ogni tanto perfino qui sul blog metto delle note a pié di pagina1 anche se la procedura è un po' macchinosa poiché, perlomeno per quanto ne so, non esiste modo per automatizzare la numerazione.
Le uniche note alle quali è concesso lo stesso corpo del testo normale sono le avvertenze o osservazioni importanti, introdotte da un elegante N. B. o un più informale Attenzione! (Nelle note in matita, io scrivo Occhio!) Alle note a pié di pagina, a margine o in chiusura è rigorosamente riservato un corpo più piccolo.
Per questa ragione le note sono affascinanti. Sono schive: giusto un numerino le richiama; non sono aggressive come le frasi tra parentesi, che ti spingono a cercare immediatamente la fine per dare un senso al discorso. Già la frase tra lineette è più discreta, ma ha parimenti l'handicap di stare allo stesso livello della frase principale. Ha, cioè, costantemente il fiato sul collo: chiudere subito, se no la gente si spazientisce. E quante volte, parlando o scrivendo, ci viene in mente qualcosa di interessante, che tuttavia rischia di farci perdere di vista l'obiettivo?
Parlando, non c'è scelta: a meno che si tratti di una cosa brevissima, bisogna rinunciare.
Scrivendo, invece, ecco l'asso di briscola: la nota.
Gli studenti, specialmente di materie umanistiche, spesso odiano le note; la frase che si sente più spesso, dopo un esame, è: ma 'sto prof non ha niente di meglio da fare che cercare il pelo nell'uovo su una frase scritta in una nota?
Ma è normale che sia così. Perché la nota è serena. Con la sua posizione defilata, separata dal testo da uno spazio bianco o da una linea2, può essere per tutti i gusti. Il numerino che la richiama dice al lettore: ehi, sono qui. Puoi anche ignorarmi se vuoi, ma se mi leggi non te ne pentirai. Può essere il riferimento bibliografico3, la curiosità, la digressione - sempre nei limiti della decenza. Può essere il richiamo ad un argomento altrimenti dato per scontato, messo in nota affinché chi già lo conosca non si senta trattato come l'ultimo arrivato. Può essere il richiamo ad un argomento precedentemente affrontato e che, inserito nel testo principale, lo renderebbe ridondante. E - queste sono le note più belle - può essere la frase che riassume tutto, e che chiarisce quanto non si era capito in pagine e pagine di trattazione.
Non è magia, gente. È tipografia.
Canzone del giorno: Milow - You Don't Know.
- Anzi, a pié di post.
- Io preferisco di gran lunga le note a pié di pagina: le note in chiusura costringono ogni volta a girare e tenere il segno, mentre le note a margine costringono a ridurre la larghezza delle colonne, con conseguente consumo di carta. Anche se, probabilmente, per un libro scolastico è la scelta migliore, affinché gli studenti abbiano spazio per i loro appunti.
- Questo è l'unico caso in cui preferisco la posizione in chiusura di capitolo o, ancora meglio, di libro; per distinguerle, i richiami sono in posizione di apice per le note a pié di pagina e tra parentesi quadre per i riferimenti bibliografici.